Vivere con il rene policistico: storia di resilienza e di speranza

Authors

  • Luisa Sternfeld Pavia Associazione Italiana Rene Policistico onlus, Milano - Italy

DOI:

https://doi.org/10.33393/gcnd.2025.3547

Sono Anna, ho 48 anni e sono affetta da ADPKD. Sono mamma di Andrea di 13 anni, che ha ereditato la stessa patologia. Ho scoperto di avere delle cisti ai reni quando avevo 17 anni. A quel tempo si sapeva ancora poco della malattia e della genetica in generale. Gli specialisti che ho incontrato avevano ancora idee confuse su temi come la trasmissione genetica dominante, i portatori sani e i salti generazionali. Nessuno parlava di mutazioni “de novo”. Dopo molte peripezie, finalmente arriva la diagnosi: “rene policistico dell’adulto”. Mi dissero che avrei dovuto condurre una vita normale, in quanto la patologia si sarebbe manifestata solo in età adulta. Fortunatamente, l’incoscienza dell’adolescenza mi permise di affrontare la diagnosi senza troppo impatto sulla mia serenità. Iniziai la terapia per l’ipertensione e i controlli annuali.

La consapevolezza della malattia arrivò con la mia prima gravidanza. La mia prima figlia nacque prematura, a 35 settimane, dopo settimane di ricovero per preeclampsia, con pressione a 200 e così via. Due anni dopo, aspettavo Andrea. Durante la morfologica, il medico si soffermò troppo su un dettaglio: “iperecogenicità renale”. Quando gli dissi che avevo i reni policistici, mi rispose che probabilmente anche lui aveva ereditato la mia malattia. Per la prima volta, ebbi paura della patologia, ma non per me, bensì per mio figlio. Inaspettatamente, la gravidanza proseguì senza problemi e Andrea nacque a termine, senza alcuna complicazione. Da subito, ha iniziato i controlli e, a sei mesi, abbiamo fatto l’esame genetico che ha confermato la nostra patologia. Io e Andrea siamo affetti dalla stessa malattia, ma la mia prima figlia è stata risparmiata.

Essere “malata” e sapere di essere la causa della malattia di tuo figlio non è semplice da affrontare. Ho sempre spiegato ad Andrea che faceva i controlli perché, insieme a me, aveva delle “palline nella pancia” che vanno misurate. Quello che mi ha aiutato moltissimo, paradossalmente, è stato un periodo critico che abbiamo vissuto con Andrea, che nulla aveva a che fare con il rene policistico, ma con un ricovero in ematologia oncologica al Gaslini. Abbiamo fatto indagini su indagini ed esami del midollo e il timore che la febbre non passasse ci ha fatto temere il peggio. Per fortuna, la diagnosi è stata neutropenia cronica, ma nulla di oncologico. Da allora, vivo tutto con maggiore leggerezza. L’oncologia pediatrica è l’inferno, ma mio figlio sta bene, conduce una vita normalissima, gioca a calcio e io mi sono assunta la responsabilità di permettergli di vivere la spensieratezza della sua età.

Andrea è consapevole della nostra malattia comune. I nostri controlli fanno parte della routine e lui partecipa volentieri alle iniziative dell’AIRP. Ha conosciuto altri ragazzi con la stessa patologia ed è consapevole che ci sono forme più gravi di ADPKD. Sa cosa sono la dialisi e il trapianto, ma non ha paura. Non deve averla. Abbiamo un legame speciale, qualcosa che ci unisce oltre il semplice rapporto mamma-figlio. A volte mi chiede informazioni, mi ha raccontato di aver trovato un calciatore che condivide la nostra malattia. Non ne parla con nessuno dei suoi amici, ma non per mancanza di accettazione. Semplicemente sta bene, si sente bene e non vuole essere etichettato. La sua passione per il calcio è ciò che conta di più per lui.

Anche io non ho paura, almeno non per me. Forse il fatto di non aver vissuto la malattia di altri familiari aiuta, forse è incoscienza, non lo so. Ma, in ogni caso, la malattia non ha condizionato la mia vita e spero che non condizionerà quella di mio figlio. Ho fiducia nella ricerca, che negli ultimi 30 anni ha fatto enormi progressi. Io stessa sono in trattamento con tolvaptan da più di sei anni e la mia condizione è buona. La malattia è presente, ma si può vivere serenamente finché non decide di darti “fastidio”. Il nostro impegno come genitori è far vivere ai nostri figli una vita “normale”, senza nascondere nulla. Un day hospital all’anno non è una cosa drammatica, ma ci permette di essere informati e di tenere sotto controllo l’andamento della patologia.

La nostra storia è una testimonianza di resilienza, amore e speranza. Ogni giorno affrontiamo insieme le sfide che ci presenta la vita. Nonostante le difficoltà, abbiamo imparato a celebrare ogni piccolo traguardo. Andrea ha la sua passione, io ho la mia determinazione e insieme creiamo ricordi che vanno oltre la malattia. Siamo più di ciò che ci affligge; siamo una famiglia unita, pronta ad affrontare il futuro con coraggio e positività.

La nostra vita non è definita dall’ADPKD, ma dall’amore e dalla gioia che troviamo in ogni momento.

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Indirizzo per la corrispondenza:

AIRP - Associazione Italiana Rene Policistico

Via Bazzini 2

20131 Milano - Italy

email: luisa.sternfeld.airp@renepolicistico.it

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