Selected proceedings PD Calabria Network, Peritoneal Dialysis 2.0: A look into the future. Lamezia Terme, March 26, 2025.

DOI:

https://doi.org/10.33393/gcnd.2025.3681

Il “PD Network Calabria” rappresenta oggi un appuntamento consolidato e di riferimento regionale per tutti coloro che si occupano di dialisi peritoneale. Il gruppo nasce nel 2016 grazie all’iniziativa del “Dottor Vincenzo Panuccio” (UOC di Nefrologia di Reggio Calabria), della “Dottoressa Paola Cianfrone” (Università Mater Domini di Catanzaro) e della “Dottoressa Agata Mollica” (UOC di Nefrologia di Cosenza).

L’idea iniziale, nata intorno a un tavolo di confronto, era quella di creare una rete di nefrologi e di infermieri appassionati e convinti dei vantaggi clinici e organizzativi offerti dalla dialisi peritoneale. Con il contributo non condizionante dell’azienda “Baxter” e, successivamente, di “Vantive” il gruppo ha potuto crescere e svilupparsi nel tempo, mantenendo sempre un approccio indipendente e scientificamente rigoroso.

Nel corso di questi anni, il “PD Network Calabria” ha promosso oltre dieci incontri regionali, registrando un interesse e una partecipazione sempre più ampi da parte della comunità nefrologica e infermieristica.

Gli eventi hanno affrontato tematiche fondamentali per la standardizzazione delle procedure e la diffusione della dialisi peritoneale, prendendo come riferimento le ISPD Guidelines.

Sono stati trattati argomenti che spaziano dall’inserimento del catetere alla gestione delle complicanze infettive e meccaniche, dal controllo del sovraccarico idrosalino fino alla transizione al trapianto renale e al drop-out. Un ampio spazio è stato inoltre dedicato al ruolo dell’infermiere, figura centrale nella gestione quotidiana del paziente in dialisi peritoneale: dal monitoraggio clinico all’utilizzo delle nuove tecnologie, come i “cycler” dotati di sistemi di teletrasmissione dei dati al Centro dialisi, che rappresentano oggi un’evoluzione significativa del percorso assistenziale.

Momenti significativi del percorso sono stati arricchiti dalla partecipazione di esperti di rilievo, tra cui il “Professor Sidney Tang” (Yu Professor in Nefrologia all’Università di Hong Kong) e “Andrea Merendelli” (regista, autore, attore e videomaker), che hanno contribuito in modo determinante a far crescere la consapevolezza e la qualità della comunicazione nel dibattito scientifico.

Il 2025 ha visto affrontare temi sempre più attuali in medicina, come l’applicazione della telemedicina ai programmi di dialisi domiciliare e il ruolo che potrà avere l’intelligenza artificiale in medicina e in particolare in nefrologia.

La pubblicazione degli atti del Congresso 2025 rappresenta dunque non solo una testimonianza del lavoro svolto, ma anche un punto di partenza per continuare a condividere esperienze, risultati e prospettive future nella gestione della dialisi peritoneale in Calabria.

Controllo da remoto - Board Claria Sharesourwce. Aspetto medico e aspetto infermieristico

Vincenzo Antonio Panuccio1,2, Emma Politi1

1UOC Nefrologia, Dialisi abilitata al Trapianto di Rene, Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi - Melacrino - Morelli”, Reggio Calabria - Italy

2Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Reggio Calabria - Italy

La gestione da remoto dei pazienti in dialisi peritoneale rappresenta una delle innovazioni più importanti introdotte dalla Digital Health. Grazie all’evoluzione tecnologica e a piattaforme avanzate come Claria Sharesource, oggi è possibile offrire cure personalizzate, sicure e continue anche a distanza, migliorando in modo significativo la qualità di vita dei pazienti e l’efficienza dei servizi sanitari.

Due storie emblematiche aiutano a comprendere l’impatto reale di questo approccio.

Il primo protagonista è un uomo di 86 anni, residente a oltre 100 km dal Centro dialisi più vicino. Nonostante l’età e qualche problema visivo, conduceva una vita autonoma e serena. Grazie al controllo da remoto, al supporto familiare e all’impegno del team sanitario, ha potuto proseguire la dialisi peritoneale per quattro anni, mantenendo una buona qualità di vita e limitando al minimo gli spostamenti.

La seconda storia riguarda una bambina di sei anni affetta da una rara malattia genetica, seguita in collaborazione con l’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Anche in questo caso, la gestione da remoto ha permesso un monitoraggio costante, un dialogo continuo tra famiglia e sanitari e una presa in carico globale fino al trapianto renale.

L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche, responsabili di oltre il 70% della mortalità mondiale secondo l’OMS, rendono la telemedicina uno strumento indispensabile. La malattia renale cronica, che colpisce più del 10% della popolazione mondiale, è una delle sfide più urgenti: richiede continuità assistenziale, personalizzazione e sostenibilità.

In questo scenario, la dialisi peritoneale si conferma una valida alternativa all’emodialisi tradizionale. È un trattamento domiciliare che sfrutta una membrana naturale del corpo, il peritoneo, per depurare il sangue. Offre vantaggi concreti: flessibilità, autonomia, minori spostamenti e una qualità di vita superiore.

Con l’evoluzione tecnologica, i sistemi per dialisi automatizzata (APD) si sono trasformati da apparecchi complessi e ingombranti a dispositivi leggeri, connessi in Cloud e facilmente gestibili a distanza.

La piattaforma Sharesource rappresenta oggi il cuore di questo cambiamento.

Consente ai medici e agli infermieri di monitorare in tempo reale i trattamenti, di intervenire sulle impostazioni e di analizzare i parametri clinici. Questo controllo continuo riduce gli imprevisti, migliora la sicurezza e garantisce una comunicazione più efficace tra paziente, caregiver e personale sanitario.

Sharesource permette di intervenire su diversi aspetti della dialisi, contribuendo a ridurre il tasso di drop-out (vale a dire l’interruzione non programmata del trattamento).

L’impatto positivo si riflette anche sulla qualità di vita: la possibilità di personalizzare il ritmo di dialisi migliora il riposo notturno, mentre la percezione di essere “sempre assistiti” rafforza la fiducia del paziente e del suo nucleo familiare.

Tutto ciò si traduce in meno visite ospedaliere, in ricoveri minori e in una sensibile riduzione dei costi sanitari.

Numerosi studi internazionali confermano questi risultati, evidenziando come il controllo da remoto migliori l’aderenza terapeutica, riduca fino al 60% le ospedalizzazioni e aumenti la soddisfazione sia dei pazienti che degli operatori.

Il progetto Board Claria Sharesource, che coinvolge nefrologi e infermieri esperti, ha sviluppato un protocollo condiviso per un utilizzo semplice, efficace e uniforme della piattaforma, promuovendo una gestione sempre più moderna e integrata del paziente in dialisi peritoneale.

La telemedicina non sostituisce il contatto umano, ma lo rafforza, creando un ponte continuo tra casa e ospedale.

Il futuro della nefrologia è già qui: digitale, connesso e profondamente umano.

Utilizzo del Remote Monitoring in dialisi peritoneale

Paola Cianfrone

UOC Nefrologia e Dialisi AOU “Renato Dulbecco”, Catanzaro - Italy

Negli ultimi anni, al fine di decongestionare i luoghi di cura e di ridurre le spese, pur mantenendo gli standard abituali, si è imposto il modello della telemedicina.

Nell’ambito della riforma dell’assistenza territoriale del 2022, viene messa al centro la persona: la Casa come primo luogo di cura. In tale riorganizzazione, le soluzioni digitali possono rivestire un ruolo fondamentale.

Come sappiamo la dialisi peritoneale (PD) è stata riconosciuta come un metodo di terapia sostitutiva renale valido e associato a una migliore sopravvivenza a costi contenuti.

Attualmente è possibile utilizzare per i pazienti in dialisi peritoneale automatizzata (APD) il controllo da remoto (RPM). In Italia è disponibile la piattaforma Sharesource (Baxter).

Si tratta di una piattaforma bidirezionale che offre agli operatori visibilità remota dei risultati del trattamento dialitico peritoneale di un paziente. Eventuali problemi vengono evidenziati tramite un sistema di flag, che possono essere personalizzate in base ai protocolli della singola unità renale.

Le prescrizioni dei pazienti si confrontano con la dose di dialisi erogata. La connettività bidirezionale consente ai medici di modificare le impostazioni predefinite dei dispositivi, come allarmi e parametri di prescrizione, come volume di riempimento, tempo di permanenza e tempo totale di terapia.

Tutti gli ospedali che utilizzano tale tecnologia hanno un accordo di condivisione dei dati, firmato con Baxter.

Per ogni paziente è necessario ottenere un consenso affinché i dati personali possano essere caricati sulla piattaforma.

Questo sistema consente di evidenziare precocemente segni di malfunzionamento del catetere, una ridotta compliance del paziente e anche peritoniti (ipotizzabili quando l’ultrafiltrato si riduce). Questi segni, se non individuati in tempo, potrebbero portare a drop-out dalla tecnica.

In uno studio pilota sono stati messi a confronto due gruppi di pazienti in PD: un gruppo con RPM e un gruppo con approccio abituale.

Nel gruppo da remoto si evidenziavano un aumento delle chiamate proattive dal Centro ai pazienti, una riduzione delle chiamate da parte dei pazienti, maggiori diagnosi precoci dei problemi clinici e una riduzione delle visite non programmate.

Inoltre si evidenziava come il sistema RPM portasse a risparmi economici rilevanti.

Pertanto, anche se il sistema RPM non dovrebbe in nessun caso diventare un sostituto della valutazione clinica, essendo questa (insieme alla comunicazione medico-paziente) una garanzia di buona cura, esso tuttavia rappresenta uno strumento molto promettente per migliorare la qualità delle cure dei pazienti in PD ottenendo al tempo stesso una riduzione dei costi sanitari.

Telemedicina e telenursing: nuovi strumenti per una cura più vicina

Serafina Alcaro

Coordinatore Infermieristico Dialisi UOC Nefrologia e Dialisi AOU “Renato Dulbecco”, Catanzaro - Italy

Telemedicina e telenursing rappresentano non solo innovazioni tecnologiche, ma veri modelli organizzativi centrati sul paziente, che migliorano l’accessibilità e la qualità delle cure. L’uso di dispositivi digitali, wearable e sistemi di tele-monitoraggio ha potenziato il ruolo degli infermieri, consentendo loro di monitorare i pazienti a distanza, di garantire una continuità assistenziale e di promuovere l’autonomia del paziente.

Tuttavia, la digitalizzazione della sanità ha evidenziato anche il problema della fragilità digitale, vale a dire l’incapacità di alcuni pazienti di accedere alle tecnologie sanitarie o di utilizzarle correttamente. Le cause sono spesso legate a età avanzata, bassa alfabetizzazione digitale o difficoltà economiche. In questo contesto, gli infermieri diventano figure chiave: interpretano i dati clinici dei dispositivi, gestiscono emergenze tecnologiche e supportano i pazienti nel superamento delle barriere digitali.

La relazione tra infermiere, paziente e caregiver è centrale. Gli infermieri, grazie a competenze tecniche e relazionali, semplificano l’uso della tecnologia, promuovono il dialogo e rafforzano la collaborazione tra tutti gli attori dell’assistenza, riducendo ansia e incertezze e migliorando l’efficacia terapeutica.

Questa trasformazione richiede nuove competenze: oltre alle abilità tecniche, sono fondamentali le soft skill come empatia, comunicazione e capacità di problem solving. L’infermiere digitale è al centro di un cambiamento culturale e organizzativo che mira alla deospedalizzazione, con riduzione dei costi e miglioramento della qualità di vita del paziente, consentendo interventi tempestivi.

Casi clinici

  • Caso 1: paziente in APD da un anno e con diuresi e condizioni cliniche buone. In seguito alla dislocazione del catetere evidenziata dalla RX addome, è stato sottoposto al riposizionamento laparoscopico e ha ripreso la terapia dopo un mese.
  • Caso 2: paziente in APD da due anni, con diuresi conservata. Il paziente telefona per comunicarci i valori pressori aumentati. Peso corporeo apparentemente stabile (dato riportato dal paziente e non dal device). Andando a visualizzare l’UF totale notiamo che la maggior parte dei giorni è più ridotta e ciò significa che riassorbe; inoltre, molti giorni o è nulla o è in negativo. Modifichiamo la tipologia di sacche senza modificare terapia medica. Raccomandiamo al paziente di segnare i pesi esatti e ci riproponiamo di controllare più spesso i report da remoto.
  • Caso 3: paziente di 61 anni, diabetico, con inizio recente di APD dopo CAPD incrementale. Ai controlli di laboratorio gli indici di adeguatezza non erano soddisfacenti, ragion per cui il paziente passava in APD. Al controllo da remoto notiamo trattamenti dialitici mancanti. Chiamiamo il paziente per avere delucidazioni. Il paziente di propria iniziativa aveva ridotto la dose dialitica.

Il monitoraggio giornaliero dei dati clinici consente di ottimizzare il trattamento, di modificare i programmi da remoto e di migliorare l’aderenza del paziente, aumentando l’efficienza del Centro dialisi e risparmiando risorse.

Utilizzo del Remote Monitoring in dialisi peritoneale CAPD

Agata Mollica, Roberta Talarico

UOC Nefrologia, Dialisi e Trapianto - P.O. Annunziata - A.O. Cosenza, Cosenza - Italy

La trasformazione digitale dell’assistenza sanitaria rappresenta una realtà acquisita ormai da tempo, come si evince dai report OMS, grazie all’azione contestuale di società scientifiche, istituzioni accademiche, organizzazioni sanitarie, società civile e altri partner, tutti volti a tracciare l’evoluzione delle ricerche su intelligenza artificiale (IA), telemedicina, alfabetizzazione sanitaria digitale, equità e implementazione di strumenti digitali.

La dialisi peritoneale, metodica depurativa gestita in autonomia dal paziente e/o dal partner caregiver al proprio domicilio, caratterizzata da una maggiore flessibilità, da un miglior impatto sulla qualità di vita, da una stabilità emodinamica e da una sopravvivenza sovrapponibile a quella dell’emodialisi, ha da tempo sperimentato una modalità di monitoraggio da remoto del trattamento e dei parametri clinici nella tecnica automatizzata (APD) attraverso la trasmissione dei dati via modem e Internet Cloud. L’interazione con il nefrologo è ulteriormente potenziata dalla possibilità di modificare la prescrizione dialitica in relazione con il trend clinico-bioumorale attraverso un software web-based, senza necessità di spostare il paziente.

La letteratura scientifica, a tal riguardo, riporta principalmente studi osservazionali relativamente piccoli e non sono ancora stati riferiti risultati di studi clinici randomizzati e controllati, che potranno dimostrare l’effetto dei programmi RPM sugli esiti clinici, ancora di più se consideriamo la popolazione pediatrica in PD.

I risultati riportati in metanalisi di studi di intervento, volti a identificare gli effetti della gestione da remoto in pazienti con CKD, confermano che si tratta di una strategia innovativa ed efficace anche per influenzare i loro atteggiamenti e comportamenti; riduce gli accessi in Pronto Soccorso, il tasso di ospedalizzazione, la durata dei ricoveri e i costi dell’assistenza, diminuisce il fallimento della tecnica e migliora l’aderenza alla tecnica.

Perché tale processo sia efficace è necessario che il paziente sia dettagliatamente formato e validamente supportato nel comprendere la necessità di garantire la registrazione di parametri giornalieri quali peso, pressione arteriosa e diuresi, indispensabili per personalizzare il programma dialitico. Purtroppo, i dati della letteratura riportano una non-aderenza alla prescrizione PD del 5-53% in CAPD e del 5-20% in APD.

L’analisi del trend clinico di alcuni casi-tipo in corso di trattamento CAPD afferenti al nostro Centro, per esempio paziente anurica con fallimento del graft e successiva HD con esaurimento del patrimonio vascolare oppure paziente oligurico con grave SCC in anasarca oppure paziente novantenne anurico semi-allettato in CAPD da 10 anni e così via, ci ha stimolato a considerare una nuova proposta di monitoraggio da remoto anche nella modalità CAPD. Il paziente (e/o il suo caregiver) continua a essere il primo protagonista del suo trattamento mediante una registrazione dei dati di terapia e clinici che non è più cartacea, bensì attraverso un’app user-friendly che trasferisce le informazioni attraverso una piattaforma Sharesource direttamente al team di cura. Il paziente può trasferire i dati direttamente dal suo smartphone o dal tablet, mantenendone la cronologia. Inoltre, nella stessa modalità, potrà scattare foto relative a eventi rilevanti come: emergenza cutanea, sacca di scarico (torbidità, sangue, fibrina) ed edemi, in base alle esigenze di approfondimento del team di cura. Gli strumenti utili per le misurazioni (sfigmomanometro, bilancia, monitor per glucosio) sono contestualmente collegati con dispositivi Bluetooth compatibili con la versione Sharesource CAPD “MyPD INHOUSE”.

Gli obiettivi del RPM sono: riduzione dei costi e delle risorse, miglioramento della compliance del paziente nonché della gestione e dell’efficienza operativa, maggiore controllo del bilancio dei liquidi, riduzione del drop-out e riduzione delle ospedalizzazioni. Inoltre, nella fase di inserimento della prescrizione dialitica personalizzata, è possibile introdurre degli AVVISI relativi a UF totale, peso, pressione arteriosa e parametri vitali saltati. Per la diuresi è possibile opzionare il giorno della raccolta/24 ore. Il range target dei parametri vitali viene inserito dal clinico nella schermata “Impostazioni paziente CAPD” di Sharesource. Il paziente potrà vedere da “MyPD” se i parametri inseriti sono compresi nel target. I dati riportati sono espressi in forma di GRAFICI.

È possibile includere anche l’elenco farmaci, che consente ai pazienti di registrare i farmaci utilizzati per medicare la sacca (opzioni: ESA, eparina, antibiotici e vitamina D).

Sono interessanti i dati di un recente studio pilota randomizzato su 65 pazienti in APD e in CAPD volto a investigare tre aspetti fondamentali: facilità d’uso (5 voci), interfaccia e soddisfazione (7 voci), utilità (6 voci). In tutti i domini il rating è stato superiore a 6 con un totale di tutti e 3 di 6,5; è stata valutata molto positivamente l’usabilità dell’app sanitaria “MyPD”, il che consentirà a questa applicazione di essere ampiamente utilizzata come strumento di supporto all’assistenza domiciliare dei pazienti affetti da PD.

L’intelligenza artificiale può utilizzare i voluminosi dati biometrici, fisiologici e terapeutici raccolti da tecnologie remote e virtuali per apprendere modelli comportamentali dei pazienti in grado di prevedere e, quindi, di modificare gli esiti individuali. Sono necessari ulteriori studi su coorti più ampie per comprendere i vantaggi e le sfide dell’eHealth. Revisioni sistematiche dimostrano risultati contrastanti a causa del numero limitato di soggetti coinvolti, dei diversi endpoint di intervento (trasferimento in emodialisi, peritonite, soddisfazione del paziente, visite al Pronto Soccorso, tasso di ospedalizzazione, durata della degenza ospedaliera, mortalità, costi) e dei diversi interventi di eHealth.

L’innovazione tecnologica futura fornirà ulteriori strumenti per migliorare l’eHealth.

Razionale dell’ecosistema T4MED, esperienze in Piemonte: il teleaddestramento

Loris Neri, Stefani Baudino, Patrizia Barrile

Nephrology and Dialysis Unit, Ospedale “Michele e Pietro Ferrero”, Verduno - Italy

Le esperienze in Piemonte di telemedicina riguardano diversi settori della dialisi peritoneale (PD). Avviata a ottobre 2001 presso il Centro di Alba, per evitare il drop-out all’ emodialisi (HD) in pazienti non più idonei a continuare il trattamento dialitico in autonomia (videocaregiver), è stata estesa a tutti i pazienti incidenti (2009) con barriere all’autogestione, al training (2016) e infine alla scelta del trattamento dialitico (2022).

Il videocaregiver. Una possibile causa di drop-out è la perdita di autonomia. Quando diventa impossibile proseguire è necessario o ricorrere a un caregiver oppure trasferire il paziente in HD. Vi sono situazioni intermedie in cui il paziente non è più in grado da solo ma in cui, se guidato, riesce a eseguire il trattamento senza problemi (per esempio, in caso di deficit di attenzione o di memoria); invece, nel ricorrere a un caregiver, si può optare per il familiare il cui impegno incide meno sull’economia familiare (il coniuge anziano, per esempio). In tali casi, essere guidati dal Centro può risolvere il problema senza aggravare il carico assistenziale della famiglia.

Il paziente può risultare non idoneo già all’inizio del trattamento. In tal caso, ricorrere a un caregiver “virtuale” consente di evitare il ricorso a un caregiver familiare. La valutazione quindi prevede un’ulteriore possibilità: idoneo, idoneo con il supporto video, non idoneo (ricorso al caregiver). La stessa classificazione può essere effettuata anche per il caregiver consentendo di ricorrere al caregiver meno impegnativo per l’economia familiare.

Il videotraining. La scelta della PD è legata a una valutazione preliminare di idoneità (fisica, cognitiva e psicologica). Se il soggetto è ritenuto idoneo, viene addestrato, nel nostro Centro, al domicilio. Dal 2016 è stato avviato un nuovo tipo di training eseguito in video. Dopo 2-3 accessi a domicilio per la sistemazione dell’apparecchiatura e la dimostrazione della procedura, il paziente o il caregiver procedono all’addestramento unicamente guidato dal Centro.

Il training effettuato in video richiede una standardizzazione accurata sia delle procedure che delle modalità di esecuzione. Le procedure sono frammentate in step elementari, non ulteriormente scomponibili. Gli step sono distinti in base al rischio di contaminazione nullo (step bianchi) o presente (step rossi) se, effettuati non correttamente, non vengono ripetuti in modo corretto. Questo è in fondo l’unico requisito richiesto al soggetto addestrato (fermarsi ad ogni step e aspettare il consenso a proseguire). In oltre 100 videotraining non è stato registrato un solo caso di peritonite.

Il videotraining si è dimostrato in grado di: 1) ridurre significativamente gli spostamenti in Centro; 2) adattarsi alle capacità/possibilità cognitive dei soggetti addestrati; 3) evidenziare le caratteristiche di apprendimento dei soggetti addestrati e predire la durata del training (e quindi anche la necessità di controlli futuri); 4) creare un algoritmo che consenta di aiutare la decisione sulla fine del training.

La scelta del trattamento (Sceltintel). La scelta del trattamento è diventata sempre più problematica per l’incremento dell’età dei pazienti da avviare alla dialisi. La percentuale di coloro che necessiterebbero di un caregiver è decisamente aumentata e ciò riduce il ricorso alla PD.

Potrebbe essere un problema di informazione insufficiente?

Il coinvolgimento di un caregiver richiede, nel percorso predialitico, il coinvolgimento dei familiari e numerosi contatti, difficili da realizzare in presenza durante gli orari di attività. È nata così l’idea di effettuare uno studio multicentrico di valutazione di un percorso, il percorso in telemedicina. I risultati preliminari, presentati al XXII Convegno di Brescia (15-17 maggio 2025), relativi ai Centri di Verduno e di Verbania, mostrano come, tra chi non ha controindicazioni alla PD o all’HD, la PD è scelta in oltre l’80% dei casi. Non solo [A: CORRETTO?]. Complessivamente, vale a dire considerando tutti i pazienti avviati alla PD, l’83% sceglieva la PD assistita (nella maggior parte da un caregiver familiare). Ciò dimostra chiaramente che il tempo, il numero adeguato di contatti e il coinvolgimento dei familiari resi possibili utilizzando la telemedicina portano a una maggiore scelta della PD.

Considerazioni conclusive. La telemedicina, introdotta più di 20 anni fa, in dialisi peritoneale può avere un ruolo sempre più importante, se adeguatamente utilizzata nella scelta del trattamento, nell’addestramento e nel follow-up, consentendo così una sua espansione e una sua diffusione adeguate ai cambiamenti epidemiologici recentemente osservati.

Intelligenza artificiale in nefrologia

Sabrina Mezzatesta1,2, Giovanna Parlongo3, Rocco Tripepi1

1Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Reggio Calabria - Italy

2Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT), Università degli Studi di Messina, Messina - Italy

3UOC Nefrologia, Dialisi abilitata al Trapianto di Rene, Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi - Melacrino - Morelli”, Reggio Calabria - Italy

L’intelligenza artificiale (IA) è un campo in continua evoluzione che si concentra sulla capacità della macchina di emulare il comportamento umano. Grazie ad algoritmi avanzati in grado di analizzare grandi set di dati eterogenei, l’IA è in grado di supportare processi decisionali complessi, di personalizzare servizi e di ottimizzare le prestazioni. Nonostante ciò, la sua crescente integrazione comporta sfide importanti legate alla trasparenza degli algoritmi, alla sicurezza dei dati e all’impatto etico delle applicazioni.

L’IA è quella scienza che, grazie all’integrazione di diverse tecnologie, permette alla macchina di apprendere specifici pattern e di prendere decisioni, simulando il comportamento umano. Nonostante possa sembrare una scienza moderna, i primi cenni di IA risalgono agli anni ’50, con la presentazione del Test di Turing.

Le tecnologie di base sono il Machine Learning (ML) e il Deep Learning (DL): il ML comprende una serie di algoritmi che permettono ai computer di apprendere dall’esperienza e di eseguire specifici compiti in autonomia; la macchina riceve in input svariati esempi, apprende le informazioni contenute nel dataset, acquisisce l’esperienza necessaria e fa previsioni su un set di dati sconosciuti. Il DL è un tipo particolare di ML che utilizza le reti neurali per simulare le interconnessioni tra i neuroni del cervello umano per individuare le caratteristiche distintive nei dati e per apprendere la rappresentazione corretta senza la necessità di un intervento umano. Una rete neurale artificiale è costituita da nodi interconnessi tra loro e da tre livelli di base: livello di input che rappresenta i dati iniziali, uno o più livelli nascosti in cui avviene il calcolo e livello di output che restituisce il risultato ottenuto.

Possono distinguersi diversi tipi di apprendimento, che variano in base al tipo di dati che si hanno a disposizione e alla tipologia di problema che si affronta. Si parla di apprendimento supervisionato quando alla macchina vengono forniti sia l’input che l’output corrispondente e di apprendimento non supervisionato quando viene fornito solo l’input e la macchina deve apprendere autonomamente l’output; si parla poi di apprendimento per rinforzo quando vengono forniti l’input e uno score, che rappresenta la ricompensa o la punizione, utile affinché la macchina sappia se sta interagendo bene o male con l’ambiente e per stabilire la prossima mossa.

Caratteristiche fondamentali dell’IA sono la sua adattabilità e la sua flessibilità. Infatti, è possibile applicare queste tecniche a una svariata gamma di settori, dalla sanità all’industria e dall’istruzione alla finanza.

In ambito sanitario le applicazioni vanno dalla diagnosi alla prognosi e alla terapia, con notevoli vantaggi in termini di tempestività, di riduzione dei costi e di migliore gestione sanitaria. Molteplici sono le specialità dove l’intelligenza artificiale ha già prodotto risultati promettenti. In uno studio in ambiente ematologico è stata testata l’affidabilità dell’IA nella lettura dei preparati istologici per la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta a cellule B; dopo una fase di training, seguita da una di test e da una di validazione, l’IA produceva risultati in termini di accuratezza, di precisione, di recall e di specificità superiori al 99%.

In una review pubblicata sull’European Journal of Radiology nel 2024, gli Autori mettevano invece in luce le criticità dell’IA in ambiente radiologico sottolineando la necessità di integrare nel processo di training, oltre all’imaging, anche la storia e i dati clinici dei pazienti, con l’obiettivo di migliorare la precisione e l’affidabilità dei risultati. Condizione possibile ma difficile, vista la mole di dati a volte necessaria per addestrare un sistema di IA, infatti, come si legge in uno studio di Tomasev et al. nel contesto dell’insufficienza renale acuta pubblicato su Nature nel 2019 e condotto su circa 700.000 veterani americani, gli Autori sottolineavano che, per addestrare l’IA, nel dataset erano stati inseriti circa 6 miliardi di dati relativi a 620.000 caratteristiche diverse.

L’intelligenza artificiale sta rimodellando la società consentendo alle macchine di svolgere compiti complessi, simili a quelli umani, in diversi campi. ML e DL stanno migliorando sempre più le loro capacità, ma, nonostante ciò, sono necessarie un’accuratezza e una tempestività maggiori, soprattutto in ambito clinico. Tuttavia, sebbene le applicazioni dell’IA siano in continua crescita, la ricerca in corso sottolinea l’importanza della trasparenza, delle considerazioni etiche e della collaborazione interdisciplinare per garantire un impiego responsabile ed efficace di queste tecnologie.