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G Clin Nefrol Dial 2025; 37: 10-15 ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2025.3455 SHORT COMMUNICATION |
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Dieta antinfiammatoria o stile di vita antinfiammatorio?
Anti-inflammatory diet or anti-inflammatory lifestyle?
Chronic low-grade inflammation is increasingly proving to be one of the main culprits for the onset of numerous pathologies.
Until recently, to try to combat this insidious enemy, we mainly resorted to anti-inflammatory diets, but current scientific evidence seems to support the hypothesis that the maximum impact on health could be obtained above all by following an anti-inflammatory lifestyle.
Nutrition alone, however important, has proven to be insufficient to guarantee physiological homeostasis, the result of an evolution that lasted hundreds of thousands of years and occurred in symbiosis with ecosystems. Our physiological conditions, and psychosocial relationships with the emotions connected to them, together with the environment, are all elements capable of interacting with each other, decisively influencing the low-grade inflammatory process.
The Healthy Habits approach interprets and makes this thought concrete, and, with an integrated and interdisciplinary approach, traces a viable route.
Keywords: Anti-inflammatory lifestyle, Exposome, Four pillar theory, Health and longevity, Healthy habits approach, Lifestyle medicine, Low grade inflammation
Received: January 7, 2025
Accepted: March 17, 2025
Published online: April 10, 2025
Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd
© 2025. The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).
Commercial use is not permitted and is subject to Publisher’s permissions. Full information is available at www.aboutscience.eu
Premessa
L’infiammazione è un meccanismo previsto dalla natura ma è soprattutto un meccanismo indispensabile in situazioni avverse in cui danni a tessuti/organi potrebbero compromettere la stessa sopravvivenza dell’organismo. L’infiammazione è un sistema complesso, sofisticato ed estremamente efficiente, che coinvolge cellule e molecole e finalizzato al recupero tissutale e/o all’allontanamento di agenti dannosi oltre che al recupero dell’omeostasi perduta (1).
Quando l’infiammazione è di tipo sistemico ed è attivata lungamente nel tempo, senza che uno specifico trauma acuto l’abbia innescata, ci troviamo di fronte alla ben nota infiammazione di basso grado (LGI, Low Grade Inflammation) o infiammazione sistemica di basso grado (SLGI, Systemic Low Grade Inflammation), difficilmente riconducibile a specifici e chiari sintomi e non rilevabile a livello clinico (2).
Il meccanismo infiammatorio sistemico sempre attivo, anche se di basso livello, non è più funzionale alla risoluzione di uno specifico insulto, pertanto, a lungo termine, determina uno squilibrio che porta a una “stanchezza” del sistema e a un danno ai tessuti e agli organi, predisponendo l’organismo a sviluppare patologie croniche (muscoloscheletriche, cardiovascolari, metaboliche, neurologiche) (3).
Per anni si è creduto che l’infiammazione di basso grado fosse imputabile soltanto a una scorretta alimentazione, ma, alla luce delle più recenti ricerche, sembra evidente e scientificamente sostenibile che questa possa essere riconducibile piuttosto che alla sola alimentazione a uno stile di vita di tipo infiammatorio (4).
L’infiammazione di basso grado e i nostri biosensori
L’alimentazione, quindi, riveste sicuramente un importante ruolo sulla salute umana, tuttavia, è solo uno degli elementi in grado di modulare in modo significativo l’infiammazione di basso grado perché molti altri fattori, riconducibili all’ambiente e allo stile di vita, concorrono alla sua insorgenza/cronicizzazione (56–7).
La consapevolezza che non sia solo l’alimentazione a essere responsabile dell’insorgenza della LGI consente di avere una visione meno miope e quindi di affinare gli strumenti potenzialmente utili a sconfiggere/ridurre questa insidiosa patologia.
Un fattore molto vicino all’alimentazione, e chiamato in causa nell’infiammazione di basso grado, è il microbiota intestinale, un complesso ecosistema costituito da un insieme di microorganismi che alberga nel nostro intestino da sempre e che, anche se mutevole e fortemente influenzato dalla nostra alimentazione, lo è anche da altri fattori.
Il microbiota, però, e i telomeri, piccole porzioni di DNA che proteggono i nostri cromosomi dal danneggiamento in fase di replicazione, insieme all’epigenetica, un meccanismo che consente di introdurre delle modifiche al DNA, senza cambiarne la sequenza, determinando un cambiamento nell’espressione genica, costituiscono nel loro insieme un sistema di biosensori in grado di segnalare in quali mari stiamo navigando e se ci stiamo dirigendo verso una giusta meta.
I nostri biosensori sono condizionati da ambiente, condizioni psico-emotive, socialità e attività fisica (8), fattori modificabili, che possono determinare ripercussioni sullo sviluppo e sulla modulazione della LGI se non corretti per tempo.
Anche l’età e la genetica influenzano la LGI, anche se in misura minore, tuttavia su questi fattori, fattori immodificabili, non è possibile esercitare alcun tipo di cambiamento (9).
I biosensori mettono il nostro microcosmo, vale a dire la nostra biochimica, in relazione con il mondo che ci circonda determinando una serie di reazioni chimico-fisiche che possono portare alla produzione e/o all’attivazione/disattivazione di molecole e/o di pattern biochimici con l’effetto di modificare una complessa rete metabolica, decretando i più variegati cambiamenti.
Alla luce di queste recenti scoperte non possiamo non considerare le interazioni tra i diversi fattori e i risultati da esse prodotti.
I quattro pilastri evolutivi
Oggi è ormai chiaro che le patologie infiammatorie siano la causa più importante di mortalità nel mondo (10) e che i quattro pilastri evolutivi, teorizzati dal gruppo di ricercatori di Healthy Habits, ambiente, relazioni, fisiologia, nutrizione, sembrino essere determinanti per la rimodulazione del terreno di coltura umano accendendo o spegnendo l’infiammazione cronica silente (11) grazie a ognuno di essi ma anche all’azione sinergica dovuta all’interazione tra gli stessi (Figura 1).

FIGURA 1 - Ambiti che hanno permesso e accompagnato l’evoluzione umana e le loro interazioni nel mantenere o ripristinare la fisiologica omeostasi.
Ribaltando il ragionamento emerso dalla ricerca, che individua gli elementi pro-infiammatori, possiamo considerare tutti e quattro i pilastri come veri e propri estintori degli stati infiammatori silenti (o di basso grado) ed è ipotizzabile un effetto protettivo e/o moltiplicatore, nel caso dell’azione combinata degli stessi.
La riprova della validità della teoria dei quattro pilastri proposta dai ricercatori di Healthy Habits arriva dal premio Nobel per la medicina 2009 Elisabeth Blackburn. La Blackburn, infatti, nei suoi studi sui telomeri individua tutti e quattro gli elementi citati in grado di interagire con il nostro DNA, influenzando la lunghezza dei nostri telomeri e quindi della nostra età biologica (12).
L’importanza dei quattro pilastri nel determinare le nostre condizioni chimiche interne è sottolineata anche nei recenti studi di psicologia e neuroscienze, dove emerge chiaramente che ci sono alcuni ormoni che assolvono il compito di veri “riequilibratori”, in presenza di adeguate condizioni ambientali e di stile di vita. Gli ormoni in questione, ossitocina, dopamina, endorfine e serotonina sarebbero in grado, ovviamente tenendo conto anche di una specifica dose/effetto, di riequilibrare disfunzioni importanti come, per esempio, tra l’altro, la depressione e i disturbi del sonno, oltre a facilitare comportamenti salutari e prosociali, tanto da essere considerati gli ormoni del benessere (13). L’importanza di questi quattro ormoni trova conferma in una copiosa letteratura scientifica che sottolinea quanto sia la produzione che la funzione di questi siano correlate ai quattro pilastri teorizzati nel pensiero di Healthy Habits. Abbracciare (relazioni), mangiare cibo sano (alimentazione), stare all’aperto (ambiente) e fare attività fisica (fisiologia) sono solo alcuni dei numerosi esempi di come sia possibile contribuire a riequilibrare il livello ormonale se scompensato da condizioni stressanti.
Tutti gli elementi considerati in questo articolo non agiscono in modo isolato ma in modo integrato, perché bisogna tenere conto del fatto che ogni elemento è parte della totalità e che quindi come tale va considerato, vale a dire come parte del sistema (14).
La letteratura scientifica si arricchisce quotidianamente di studi che sanciscono e rafforzano questo principio multifattoriale come determinante per la salute. Non a caso, all’inizio degli anni 2000, nasce il concetto di esposoma (15), oggi sempre più utilizzato e che racchiude in sé proprio quanto citato sopra, vale a dire che la salute è come fosse un enorme mosaico costituito da numerosi pezzi e che solo il corretto incastro dei singoli componenti può portare a una perfetta funzionalità del sistema.
L’esposoma considera nella totalità tutti gli elementi a cui di fatto siamo esposti nel corso della nostra vita sin dal momento del concepimento, fattori patogeni, fattori ambientali e stile di vita, in cui rientra tutto, dall’alimentazione all’attività fisica, alla psicologia e alle relazioni sociali, al pari di quanto pensato e teorizzato in Healthy Habits, relativamente ai quattro pilastri che sostanzialmente sono la vera bussola che direziona il timone verso la salute piuttosto che verso la patologia, nello specifico l’infiammazione (16).
L’insieme di queste considerazioni permette di rafforzare fortemente l’idea che esposoma, epigenetica e telomeri insieme al microbiota siano profondamente interconnessi (17,18).
Le considerazioni esposte sinora ci permettono di sostenere che la dieta antinfiammatoria è certamente uno strumento utile, ma è doveroso oltrepassare il muro della vecchia e restrittiva visione per lasciare spazio a un concetto più olistico che consideri tutte le determinanti, le influenze e le interazioni perché, se ciò non avvenisse, si rischierebbe di arrivare a conclusioni incomplete e non corrette.
Una dieta, infatti, ben strutturata deve tenere conto non solo delle dosi e della composizione degli alimenti, ma anche dell’interazione tra questi e soprattutto della sua interazione con l’organismo che la assumerà. Ogni organismo è diverso da un altro ed ogni giorno lo stesso individuo è diverso dal giorno precedente in base al momento emozionale, all’attività fisica praticata e all’ambiente in cui è stato in quel periodo, con inevitabili e uniche ripercussioni sul suo metabolismo e quindi sull’elaborazione degli alimenti ingeriti. In conclusione, sarà necessario tenere conto delle condizioni dell’individuo ma anche di tutti i determinanti (biologici, ambientali, sociali, comportamentali…) che condizionano lo stile di vita dell’individuo.
Per rendere credibile quanto appena scritto possiamo prendere come esempio due individui: un obeso sedentario e diabetico e un atleta. La stessa dose di zucchero somministrata ai due individui avrà un effetto totalmente diverso. Nell’individuo obeso e diabetico la glicemia subirà un forte incremento e faticherà a ritornare ai valori normali, mentre, nell’atleta in piena attività, per esempio un ciclista durante la corsa o subito dopo, sarà gestita con facilità. Il ciclista metabolizzerà rapidamente lo zucchero utilizzandolo per ricaricare quei distretti che si sono “svuotati” del substrato di riserva durante la corsa (muscolo e fegato). La persona obesa, invece, impiegherà molto tempo per recuperare la normalità e quel glucosio, di cui non necessita, creerà danni andando a legarsi all’emoglobina, dando luogo alla famigerata emoglobina glicata, pericolosa per le strutture cellulari, oltre a poter divenire tessuto di riserva trasformandosi in grasso, e questo perché il corpo, come abilmente istruito sin dalle sue origini, è abituato a conservare gelosamente le sostanze in eccesso, indipendentemente dal fatto che quell’organismo ne abbia bisogno.
Lo stile di vita antinfiammatorio proposto dai ricercatori di Healthy Habits mette a sistema le maggiori determinanti secondo la scienza per contenere il fenomeno infiammatorio agendo in via preventiva su tutti gli ambiti a oggi conosciuti.
La base logica oltre che scientifica di questo assunto, sta nel fatto che la nutrizione, le relazioni, la nostra fisiologia e l’ambiente hanno permesso e facilitato la nostra evoluzione, modificando la nostra cronobiologia e perfezionando sempre più i sistemi fisiologici utili alla sopravvivenza (19).
Lo stile di vita antinfiammatorio prevede, quindi, il corretto utilizzo del corpo umano fornendogli la giusta dose di movimento e di esercizio fisico, in grado di mantenere efficiente tutto il comparto muscoloscheletrico e cardiovascolare, il corretto riposo notturno e il rispetto dei ritmi circadiani, tanto importanti per la corretta regolazione dei dosaggi ormonali, tutti fattori che nell’insieme generano una sorta di “humus” per l’instaurarsi di un’ottimale condizione antinfiammatoria (20,21).
Ci sono soluzioni?
I consigli per intraprendere uno stile di vita antinfiammatorio in modo da contenere al massimo l’infiammazione di basso grado potrebbero essere tanti e apparentemente anche molto scontati, tuttavia il consiglio principale ricavato dalla ricerca nel campo delle abitudini umane è quello di iniziare attraverso l’introduzione di piccoli cambiamenti, possibilmente non di stampo privativo, in modo che ci garantiscano la percezione di benessere incoraggiandoci a ridirezionare il timone verso abitudini più salutari, evitando stravolgimenti dello stile di vita che sappiamo essere insostenibili (22,23).
- Evitare l’uso scriteriato di farmaci, non abusare dell’alcol ed evitare il fumo di qualsiasi tipo sarebbe già un buon punto di partenza perché questi sono tutti fattori fortemente proinfiammatori (24).
- Una maggiore attenzione all‘approccio psico-relazionale, partendo dalla comunicazione inter- e intrapersonale, avere una buona vita interiore compresa la capacità di sapere e di sapersi perdonare e non lasciarsi andare all’isolamento e allo stress sono tutti comportamenti che potrebbero essere introdotti nelle nostre abitudini quotidiane, in modo tale da mantenere prevalentemente acceso il sistema nervoso parasimpatico, limitando quello reattivo (simpatico) alle reali emergenze e non a una nuova, ma insana, normalità, troppo diversa dal codice evolutivo umano (25). Le buone e sane abitudini conseguentemente terranno alto il livello di ormoni del benessere in modo da facilitare relazioni stabili e così importanti per la nostra salute (26) e comportamenti prosociali empatici e solidali (27). Anche essere ottimisti garantisce un effetto protettivo sugli stati infiammatori (28) (il tratto caratteriale ottimista-pessimista può essere almeno in parte modificato come testimoniano gli studi di M. Seligman, padre della psicologia positiva).
- I grandi studi sulle abitudini e sulla correlazione tra emozioni e salute umana stanno dimostrando, sempre di più, quanto decisive siano le stesse nel determinare non solo la salute ma anche i comportamenti e i livelli di aggressività (28).
- Dove possibile, bisogna cercare condizioni ambientali possibilmente favorevoli alla salute in modo da ridurre anziché aumentare i livelli di infiammazione cronica. Rumori, luce artificiale, eccesso di luce bianco-azzurra, inquinanti (29), polveri sottili, mancanza di verde, interferenti endocrini e percezione di pericolo sono in grado di accelerare e potenziare i processi infiammatori e la chronodisruption (30,31); viceversa, la luce naturale, la presenza di verde, alberi di alto fusto, la vista della natura, alcuni tipi di musica, la meditazione e la preghiera possono sortire l’effetto opposto agendo come regolatori dei normali processi fisiologici e ormonali (313233343536-37). Anche la visione di opere d’arte è associata a un miglioramento della salute umana, come confermato dal report n. 67 del 2019 redatto dalla World Health Organization.
- L’alimentazione dovrebbe seguire i consigli per un sano utilizzo dei cibi, freschi e di stagione, ed evitando, possibilmente, quelli ultraprocessati. Bisogna dare la maggiore importanza al pasto della mattina, la colazione, cercando di assumere i giusti nutrienti in termini di quantità e qualità per ricaricare il corpo dopo il digiuno notturno e affrontare con energia la nuova giornata. È, inoltre, auspicabile lasciare il corpo a digiuno per un numero congruo di ore, almeno 12, per dare tempo al metabolismo di ricaricarsi e di disintossicarsi.
- Ultima cosa, ma non certo per importanza, va considerata l’importanza di un’attività fisica regolare, di tipo sia muscolare che aerobico, restando entro i parametri temporali noti (il miglior risultato prevede una frequenza quotidiana con la pratica che supera i 30’ al giorno e non superiore a due ore al giorno), il che rappresenta certamente uno degli elementi portanti nella riduzione dei marcatori dell’infiammazione cronica di basso grado e conseguentemente nel ridurre il rischio di sviluppare patologie cronico-degenerative (38). A questo va aggiunto l’importante effetto di indirizzo positivo che l’attività fisica svolge nei confronti della socialità e di un minor rischio di comportamenti disfunzionali per la salute (39).
È ragionevole pensare, allo stato delle conoscenze scientifiche attuali, che uno stile di vita antinfiammatorio rappresenti uno strumento potente per poter preparare il corpo umano ad affrontare, nelle migliori condizioni, una longevità efficiente e libera, almeno in gran parte, dalle patologie croniche che tanto impegnano, economicamente e fisicamente, i sistemi sanitari dei paesi ricchi (Figura 2). Questa osservazione sarebbe ancora più realistica se lo stile di vita antinfiammatorio venisse perseguito a partire già dalle mamme in gravidanza affinché la vita, appena sbocciata dentro di esse, potesse da subito beneficiare di un sano microbiota nonché di una sana epigenetica, una buona premessa per iniziare una vita sana.

FIGURA 2 - La linea della vita raffigura il diverso impatto nel tempo delle abitudini personali. La linea superiore rappresentata da sane abitudini e quella inferiore da cattive abitudini. La ricerca scientifica ci dice che ci sono importanti differenze sia nella durata della vita che nella qualità della stessa intraprendendo sane abitudini
I grandi studi epidemiologici hanno dimostrato una forte correlazione tra le nostre abitudini e la salute umana e ambientale, e saper monitorare le traiettorie create dalle singole abitudini nei 4 pilastri offre la possibilità a persone e istituzioni di intervenire sulle stesse in via preventiva in quell’area grigia che risiede tra le condizioni ottimali e la malattia, senza aspettarne la comparsa.
Disclosures
Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.
Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.
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