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G Clin Nefrol Dial 2024; 36: 59-66

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2024.3180

ORIGINAL ARTICLE

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La gestione della salute renale durante la gravidanza: un dialogo tra pazienti e professionisti sanitari

1Dietista già Coordinatore Nutrizione e Dietetica Aziendale, AUSL Modena, Comitato Scientifico ASAND (Associazione Scientifica Alimentazione Nutrizione e Dietetica), Modena - Italy

2Dietista, Dipartimento di Cure Primarie, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia - Italy

3Dirigente Medico, UOC Nefrologia, AOU Policlinico Umberto I di Roma - Italy

4MD, Comitato Tecnico Scientifico Progetto regionale PIRP (Prevenzione Insufficienza Renale Progressiva) - Italy

5Dietista, SSD Malattie del Metabolismo e Nutrizione Clinica Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena - Italy

6Dirigente Medico, UOC Nefrologia e Dialisi Ospedale Sant’Eugenio, ASL Roma 2, Roma - Italy

7Dirigente Medico, UOC Nefrologia e Dialisi, P.O. “Di Venere”, Bari, ASL BA, Bari - Italy

Kidney health management during pregnancy: a dialogue between patients and healthcare professionals

Pregnancy in patients with chronic kidney disease (CKD) represents a significant challenge for nephrologists and healthcare professionals involved in the care pathway, especially in advanced stages of the disease and during dialysis. From an epidemiological standpoint, the exact percentage of women with CKD who become pregnant is unknown. It is estimated that stages 1 and 2 of kidney disease (where kidney function is still preserved or mildly impaired with persistent albuminuria) affect up to 3% of women of childbearing age (20-39 years), while stages 3-5 (glomerular filtration rate < 60 mL/min) affect about 1 out of 150 women of childbearing age. However, due to reduced fertility, these women often experience spontaneous miscarriages in the early months of pregnancy, and 1 out of 750 faces complications in her offspring.

As a result, managing pregnancy in CKD patients requires special attention, considering various clinical aspects including the reciprocal influence between the disease and pregnancy, the need to adjust therapies, the modification of treatments, and the high risk of maternal and fetal complications. An appropriate nutritional approach is also a crucial phase in this process, as nutritional status significantly influences maternal and fetal health. In this article, developed through questions posed to physicians and the case manager during routine care, we do not intend to address the entire complex issue linking kidney disease to pregnancy outcomes. Instead, we aim to provide updated answers to various topics of interest for the multidisciplinary team to safeguard the health of both mother and child.

Indirizzo per la corrispondenza:
Anna Laura Fantuzzi
email: annalaurafantuzzi@gmail.com

Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

© 2024 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).
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Introduzione

Il capitolo della gravidanza nella paziente con malattia renale cronica (MRC) rappresenta per il nefrologo una vera e propria sfida, in particolare quando si verifica negli stadi avanzati della malattia e in corso di dialisi.

Fisiologicamente le donne con MRC mostrano un’alterazione dei livelli ormonali che comporta inevitabilmente disfunzioni della sfera sessuale con una minore probabilità di concepimento (1). Questo dato è peraltro avvalorato dal fatto che, dopo il trapianto, in donne giovani e in età fertile, rispristinando i livelli ormonali, si ripresenta la capacità di concepimento (2,3).

Dal punto di vista epidemiologico non si conosce la percentuale esatta di donne con MRC che vanno incontro a una gravidanza. Si stima che gli stadi 1 e 2 della malattia renale (funzione renale ancora conservata o compromissione lieve con albuminuria persistente) interessino fino al 3% delle donne in età fertile (20-39 anni), mentre gli stadi 3-5 (velocità di filtrazione glomerulare < 60 mL/min) interessano circa 1 donna su 150 in età fertile, ma, a causa della ridotta fertilità, queste donne vanno spesso incontro ad aborto spontaneo nei primi mesi di gravidanza e 1 su 750 va incontro a complicanze materno-fetali (4). Inoltre, è noto che circa il 20% delle donne che sviluppano una pre-eclampsia a ≤ 30 settimane di gestazione, soprattutto quelle che presentano una proteinuria elevata, è affetto da una MRC misconosciuta (4). Per quanto riguarda gli stadi avanzati della MRC, il Registro australiano e neo-zelandese (ANZDATA) ha evidenziato che, complessivamente, il tasso di gravidanza è di circa 2,07 per 1.000 pazienti per anno (5).

La gravidanza di per sé, anche nella donna sana, impatta sulla fisiologia renale, modificandone la funzione (6); gli aspetti più salienti si possono riassumere nei seguenti punti:

  1. la velocità di filtrazione glomerulare aumenta del 50% con diminuzione dei valori di creatinina, urea e acido urico nel siero;
  2. la stimolazione degli osmocettori per la sete e per la secrezione di ADH è regolata ad un valore soglia più basso, con conseguente riduzione dell’osmolarità plasmatica e dei livelli sierici di sodio ed espansione del volume plasmatico;
  3. la pressione arteriosa media scende di circa 10 mmHg entro il secondo trimestre;
  4. il calo delle resistenze vascolari porta all’attivazione di ormoni vasoattivi e del sistema renina-aldosterone-angiotensina. Un aumento dell’aldosterone sierico determina un guadagno netto di circa 1.000 mg di sodio;
  5. l’escrezione di potassio si mantiene costante durante tutta la gravidanza, adattandosi alle alterazioni del carico filtrato anche attraverso un meccanismo indiretto di aumento del riassorbimento di potassio da parte del progesterone (6);
  6. i reni aumentano di lunghezza e di volume e un’idronefrosi fisiologica si verifica fino nell’80% delle donne.

Quindi, in gravidanza, una malattia renale, anche allo stadio precoce, richiede uno stretto monitoraggio, in quanto può determinare progressione o riacutizzazione della malattia di base ed eventi avversi come la pre-eclampsia e il parto pretermine con conseguenze serie anche sul feto (7-9).

In generale, nella maggior parte delle donne gravide con MRC agli stadi 1 e 2 la gravidanza non influisce sulla prognosi renale. Uno studio caso-controllo pubblicato su Lancet che ha incluso 360 donne con glomerulonefrite primaria, insufficienza renale lieve (creatinina sierica < 1,25 mg/dL), proteinuria in range sub-nefrosico (<1 g/24 h) e pressione arteriosa ben controllata ha dimostrato che la gravidanza ha un effetto avverso minimo o nullo sulla funzione renale a lungo termine (fino a 25 anni) della madre (10).

Il rischio di manifestare una malattia renale conclamata aumenta con il grado di insufficienza renale ed è ulteriormente accentuato da condizioni specifiche come la nefropatia diabetica, l’ipertensione, le malattie autoimmuni e le malattie glomerulari (11-13). Per questo motivo, tutte le donne con MRC in gravidanza richiedono un approccio multidisciplinare con un’équipe composta da ginecologi afferenti a una struttura in grado di trattare gravidanze a rischio, nefrologi esperti nella gestione delle malattie renali in gravidanza, specialisti di medicina materno-fetale, personale infermieristico per le gravidanze ad alto rischio e professionisti esperti in nutrizione (14). In particolare, la figura del dietista è necessaria per la corretta gestione nutrizionale in questa particolare situazione, a tutela della salute della mamma e del feto.

L’insufficienza renale acuta (IRA) correlata alla gravidanza nelle giovani donne è un’importante causa di morbilità e mortalità materna e fetale. La causa dell’IRA varia in base alle aree geografiche e alla disponibilità di risorse sanitarie. Nei Paesi in via di sviluppo è dovuta principalmente alla sepsi da aborto settico oppure all’ipertensione severa e alle emorragie. Viceversa, nei Paesi sviluppati, tra le cause di IRA compaiono anche la microangiopatia trombotica, l’insufficienza cardiaca e l’insufficienza epatica acuta. L’incidenza dell’IRA correlata alla gravidanza sembra che si sia ridotta negli ultimi decenni, verosimilmente per il miglioramento delle metodiche di monitoraggio prenatale che ha ridotto il numero degli aborti settici. Tuttavia, un recente studio canadese ha mostrato dei dati poco confortanti. L’incidenza dell’IRA gravidanza-relata in questo studio è passata da 1,66 per 10.000 nascite negli anni 2003-2004 a 2,68 per 10.000 nascite negli anni 2009-2010 (15). Una possibile spiegazione di questo andamento potrebbe essere legata all’aumento del numero di gravidanze con riproduzione assistita, che consentono il concepimento anche a donne di età avanzata e/o con comorbilità. Si stima che la necessità di dialisi nell’IRA in gravidanza sia pari a circa 1 su 10.000 gravidanze e che sia correlata con un elevato rischio di mortalità (16,17).

Da quanto detto, la gestione della gravidanza nelle pazienti con MRC richiede un’attenzione particolare prendendo in considerazione diversi aspetti clinici tra cui l’influenza reciproca tra la malattia e la gravidanza, la necessità di reimpostare le terapie, l’adeguamento dei trattamenti medici e l’elevato rischio di complicanze materne e fetali. Inoltre, la valutazione e il monitoraggio della nutrizione rappresentano una fase cruciale di questo processo, in quanto lo stato nutrizionale stesso influenza inevitabilmente la salute materna e fetale, con potenziali effetti anche sul futuro sviluppo di malattie nella prole.

In questo articolo non si intende affrontare tutta la complessa tematica che lega le malattie renali agli esiti della gravidanza, ma si vogliono fornire risposte aggiornate ad alcune domande che potrebbero essere rivolte ai medici o al case manager nel corso della loro pratica assistenziale.

1) Non ho mai avuto problemi di reni, ma nella mia famiglia alcuni soffrono di malattie renali; è opportuno che in gravidanza io sia seguita anche da un nefrologo?

La MRC è una patologia molto diffusa e la sua prevalenza in Italia è pari al 7% della popolazione generale, in progressivo e costante aumento, raggiungendo valori più elevati in presenza di comorbilità come ipertensione arteriosa, obesità e dislipidemia (18). Di recente, lo STUDIO CARHES (Cardiovascular risk in Renal patients of the Health Examination Survey) della Società Italiana di Nefrologia, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, ha reso disponibili i dati di prevalenza della MRC su scala nazionale che risultano del 7,5% negli uomini e del 6,5% nelle donne, con una prevalenza degli stadi 1 e 2 (± 60%) rispetto agli stadi 3-5 (40%) (19,20).

Tenendo conto di questi dati emerge che una donna che desidera programmare una gravidanza e nella cui famiglia sono presenti soggetti affetti da MRC deve attuare tutto ciò che è possibile per diagnosticare eventuali problematiche renali, al fine di poter gestire al meglio la gravidanza, per non incorrere in problematiche e complicanze legate alla MRC stessa. Il primo step consiste nell’identificare quale patologia colpisce il familiare per provvedere a un adeguato livello di screening pre-gravidico.

Generalmente le malattie renali vengono distinte in nefropatie primitive e secondarie a malattie sistemiche.

Nel Documento di Indirizzo per la Malattia Renale Cronica del Ministero della Salute del 5 novembre 2014 (21) le patologie vengono classificate in maniera più funzionale, sulla base della struttura anatomica renale principalmente coinvolta (glomeruli, tubulo interstizio, vasi) e della trasmissione eredo-familiare. La Tabella 1 del materiale supplementare riprende la stessa classificazione del Documento Ministeriale (21), con alcune modifiche nelle definizioni, in base alle conoscenze della Letteratura più recente.

Nella Tabella 1 del Materiale Supplementare, in parte modificata dal Documento di indirizzo per la Malattia Renale Cronica del Ministero della Salute del 5 novembre 2014 (21), sono elencate le principali forme glomerulari, tubulo-interstiziali, ereditarie e secondarie a malattie sistemiche autoimmuni.

È utile per la signora, non solo ai fini di un’eventuale gravidanza, approfondire e indagare all’interno di queste categorie tutte le condizioni in cui vi sia il sospetto clinico e anamnestico di una nefropatia a trasmissione familiare. Non è insolito infatti che, nelle famiglie con rene policistico autosomico dominante, una giovane donna che desidera avere una gravidanza non abbia mai eseguito un’ecografia renale o misurato la pressione arteriosa, confondendo il benessere fisico con l’assenza di una patologia cronica-ereditaria. Anche le patologie ostruttive, la nefropatia da reflusso o la sindrome del giunto possono essere trasmissibili nonché “asintomatiche”, quindi andrebbero indagate. Altro aspetto è quello delle nefropatie glomerulari che, anche se perlopiù non ereditarie, restano spesso misconosciute fino a quando non compaiono un segno o un sintomo di malattia, che possono manifestarsi anche nel corso di una gravidanza.

La diagnosi precoce svolge un ruolo cruciale nell’identificazione delle patologie renali, siano esse ereditarie o di nuovo riscontro, ed è pertanto mandataria e si basa sull’utilizzo di test semplici e relativamente poco costosi (22,23).

Le malattie renali specifiche sono spesso asintomatiche, per cui bisogna tenere conto della forte familiarità e praticare periodicamente un esame delle urine e una valutazione del filtrato glomerulare a tutti i familiari/consanguinei dei soggetti con MRC già diagnosticata o sottoposti a dialisi o trapianto. Inoltre, ai parenti di soggetti con calcolosi renale sarebbe utile praticare anche un’ecografia renale.

Per tutte le altre patologie (MRNT) è necessario identificare i soggetti che presentino almeno uno dei seguenti fattori di rischio: diabete, ipertensione, malattia cardiovascolare, anomalie anatomiche dei reni e delle vie urinarie, malattie multisistemiche con potenziale coinvolgimento dei reni (es., LES) e riscontro occasionale di ematuria o proteinuria.

Nel caso di identificazione precoce di MRC, la persona va indirizzata a un percorso diagnostico-terapeutico multidisciplinare, che si basa sul miglioramento degli stili di vita (in particolare dieta a basso contenuto di sale, con l’apporto proteico consigliato dalle Linee Guida nazionali per una sana alimentazione) e sul trattamento delle eventuali patologie concomitanti (21).

La risposta al quesito iniziale è insita nell’esito delle semplici indagini effettuate. Qualora dovesse risultare una patologia renale misconosciuta a qualsiasi stadio prima di iniziare una gravidanza è opportuno consultare un nefrologo, al fine di permettere una migliore gestione della gravidanza stessa e di scongiurare possibili complicanze materno-fetali.

2) Mi hanno diagnosticato una nefropatia lupica 5 anni fa e ho assunto immunosoppressori per circa 3 anni. Da circa 20 mesi gli esami documentano una remissione completa della proteinuria e una funzione renale ancora nei limiti. Da oltre un anno il titolo degli anticorpi anti-dsDNA è appena al di sopra della norma. Sto ancora assumendo idrossiclorochina, azatioprina e ramipril. Posso affrontare una gravidanza?

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una patologia cronica, sistemica e con un ampio ventaglio di manifestazioni cliniche, che colpisce soprattutto le giovani donne in età fertile. È caratterizzato da un andamento in cui si possono alternare fasi di remissione e di riaccensione (flare) (24). Nelle donne con LES i temi fecondità, fertilità, contraccezione e gravidanza, che strettamente si intersecano con la vita delle pazienti e con il decorso della malattia, dovrebbero essere affrontati dal medico come parte integrante di tutto il processo di cura, tenendo conto che è necessario considerare: a) gli effetti del LES sugli esiti della gravidanza (sia per la madre che per il feto); b) l’impatto della gravidanza sul decorso del LES e in particolare sull’andamento o sulla progressione della nefropatia.

Nelle ultime due decadi vi sono stati miglioramenti significativi nella gestione clinica della gravidanza in corso di LES (24-26) e in particolare nella gestione farmacologica (27), ma, malgrado ciò, in queste donne persiste un aumentato rischio, rispetto alla popolazione generale, di complicanze materne e ostetriche/fetali (24,28). In generale, la presenza di una nefropatia lupica (NL), specialmente se in fase attiva, rappresenta sia un predittore che un reale fattore di rischio per l’insorgenza delle complicanze e per un esito sfavorevole (24,28-30). Uno studio della Mayo Clinic (31) ha mostrato che le donne gravide con NL in fase attiva andavano incontro a complicanze materne nel 57% dei casi vs 11% se la NL era in fase di quiescenza; allo stesso modo la perdita fetale avveniva nel 35% delle donne con NL attiva vs 9% quando la NL era in remissione.

Le principali complicanze che coinvolgono la donna gravida sono rappresentate da riacutizzazioni del LES e della NL, comparsa di ipertensione e diabete gestazionali, pre-eclampsia ed eclampsia (compresa la sindrome HELLP), ictus ed eventi trombotici e disturbi cerebrovascolari puerperali. La presenza di NL e un alto score SLEDAI al concepimento sono fattori predittivi di eventi avversi materni (24), mentre dal punto di vista laboratoristico, l’ipocomplementemia e un alto titolo di anticorpi anti-dsDNA al concepimento si associano a riacutizzazioni del LES (24). Gli esiti avversi per il feto comprendono aborti spontanei, nascita di feto morto e morte neonatale, parto pretermine, ritardo della crescita intrauterina e sindrome del lupus neonatale. Negli anni ‘60-’70 la perdita fetale nelle donne gravide con LES si verificava in quasi la metà (43%) dei casi, mentre, dopo gli anni 2000, è scesa al 17% (32). I fattori di rischio per la perdita fetale comprendono la presenza di una NL attiva nei 6 mesi prima del concepimento, l’insufficienza renale, un alto indice di attività misurato con i vari score e la positività degli anticorpi antifosfolipidi (APLs) (24,33). In generale, la maggior parte delle complicanze ostetriche/fetali è ascrivibile a un’“insufficienza placentare”. Molto spesso le placente risultano più piccole, con lesioni vascolari, trombosi e infarti (34). Nella Tabella 2 del Materiale Supplementare vengono riassunte e discusse le complicanze per la madre e per il feto di riscontro più frequente. Esistono, viceversa, alcune condizioni che controindicano in modo tassativo di intraprendere o portare a termine una gravidanza (insufficienza renale di grado importante o uremia terminale, stroke recente, ipertensione polmonare severa, cardiomiopatia severa, precedenti di eclampsia/HELLP, nonostante una terapia ottimale con eparina e aspirina a basse dosi) (28,33) e altre in cui è preferibile rimandare il concepimento a un tempo successivo, con il consiglio quindi di un’appropriata contraccezione, fino a che non è stata raggiunta la remissione clinica del LES.

Nella Tabella 3 del Materiale Supplementare si riportano le indicazioni e le controindicazioni in gravidanza dei farmaci di uso consolidato nel LES e nella NL, indicando le modificazioni necessarie.

Le condizioni cliniche presentate (remissione renale da circa 2 anni) e l’assetto laboratoristico al momento in cui la signora chiede di intraprendere la gravidanza appaiono favorevoli e quindi la risposta può essere affermativa. L’idrossiclorochina e l’azatioprina rappresentano farmaci che possono e devono essere continuati durante tutta la gestazione e il puerperio, mentre il ramipril deve essere sospeso prima del concepimento (Tabella 2, Materiale Supplementare) ed eventualmente sostituito con un altro anti-ipertensivo.

L’atteggiamento dissuasivo verso una gravidanza nelle donne con LES è stato modificato nel corso degli ultimi 20 anni. Nelle donne con NL è possibile portare avanti una gravidanza con esito favorevole per madre e feto, se il concepimento viene pianificato in un momento di remissione stabile da 6-12 mesi della nefropatia. Si sottolinea l’importanza del counseling pre-concepimento, con valutazione accurata dei rischi materni e fetali, in modo da stabilire un piano di cura e di cercare di minimizzare i rischi, con particolare attenzione a modificare o sospendere eventuali farmaci “feto-tossici” (ciclofosfamide, leflunomide, metotrexate e acido micofenolico, inibitori del sistema renina angiotensina). I risultati più incoraggianti sono stati ottenuti nelle gravidanze seguite da un team multi-specialistico, pronto ad affrontare non solo le eventuali complicanze ostetriche e fetali, ma anche l’eventuale comparsa di riaccensioni; l’osservazione va prolungata anche nel post-partum (30), per il rischio di complicanze trombotiche e di flare renali (33).

3) Da circa due anni seguo una dieta ipoproteica per l’insufficienza renale cronica allo stadio 3, come devo regolarmi nel caso di una gravidanza?

I fattori alimentari giocano un ruolo chiave durante la gravidanza, potendo avere risvolti positivi o negativi sulla salute. La prevenzione in gravidanza, sia essa accompagnata da una patologia o meno, inizia da una corretta informazione sui rischi derivanti dall’esposizione a taluni fattori ambientali e nutrizionali, come per esempio le tossinfezioni, il consumo di alcol e non solo. A questo proposito il Ministero della Salute nel 2015 ha presentato un Decalogo divulgativo che fornisce informazioni scientificamente valide (Raccomandazioni europee per la prevenzione primaria dei difetti congeniti, documenti ufficiali dell’European Food Safety Authority e dell’Istituto Superiore di Sanità), con l’obiettivo di fornire uno strumento utile per favorire comportamenti adeguati per la salute della donna in gravidanza (35).

Parlando di malattia renale cronica allo stadio 3 la terapia nutrizionale vede nella dieta ipoproteica un ruolo centrale della terapia conservativa, sia per il suo effetto protettivo nei confronti della cosiddetta “morte renale” (mortalità, ricorso alla dialisi e ricorso al trapianto) che per i suoi effetti positivi su alcune complicanze dell’IRC quali iperazotemia, acidosi e iperparatiroidismo (36-38). Questo approccio interessa anche la donna in età fertile con malattia renale non in dialisi.

Un’adeguata gestione nutrizionale in questo contesto è quindi una sfida, a causa della necessità di mantenere un equilibrio costante tra le esigenze specifiche della gravidanza e quelle della patologia di base, con l’obiettivo di ottenere sia un apporto ottimale di nutrienti per promuovere la crescita e lo sviluppo del feto che un adeguato controllo metabolico della malattia renale. A seconda degli stadi e del tipo di malattia renale possono presentarsi caratteristiche cliniche molto eterogenee. Per questo motivo è necessario un approccio globale, condiviso con il team multidisciplinare (ginecologo, nefrologo, dietista, ostetrico, infermiere, psicologo, paziente e caregiver), al fine di rispondere alle esigenze cliniche delle pazienti (39).

Attualmente non sono disponibili Linee Guida di riferimento per la gestione nutrizionale di questa popolazione, pertanto, per un corretto approccio bio-psico-sociale, è indicato fare riferimento alle raccomandazioni specifiche per la malattia renale e a quelle per la gravidanza fisiologica (40).

La gestione nutrizionale della donna con IRC agli stadi 3-5 non in dialisi in gravidanza deve considerare le esigenze energetiche e proteiche aumentate così come gli adeguati apporti di minerali e vitamine (Tabella 4, Materiale Supplementare) (39-41), mentre, negli stadi 1 e 2, i fabbisogni sono riportati come sovrapponibili a quelli della gravidanza fisiologica. La gestione nutrizionale deve essere individualizzata e considerare i vari aspetti citati, sviluppando e implementando il piano di cura in relazione alla progressione della gravidanza e alla eventuale evoluzione della malattia renale (comparsa di possibili complicanze e/o evoluzione della malattia renale).

La presa in carico da parte del dietista deve prevedere il monitoraggio mensile dello stato nutrizionale: l’incremento ponderale gravidico è un parametro da monitorare costantemente, che rappresenta un elemento centrale per i professionisti impegnati nella cura. In una gravidanza fisiologica l’incremento ponderale è determinato dal BMI pre-gestazionale come riportato nella Tabella 5 del Materiale Supplementare (42). Nel corso della malattia renale le diverse variabili in gioco (restrizioni alimentari, diete autogestite, scarsa compliance alla terapia, ecc.,) possono incidere in modo negativo sulla salute in gravidanza (39).

Da considerare sono anche gli aspetti strettamente correlati alla gravidanza quali basso apporto alimentare per nausea e/o emesi gravidica, scarso appetito o repulsione verso determinati alimenti, criticità che possono manifestarsi soprattutto nei primi mesi di gravidanza. Un efficace approccio educativo deve prevedere la possibilità di valutare/condividere un riepilogo delle assunzioni alimentari abituali e attuali, ripetute nel tempo a intervalli regolari, e i dati bioumorali, per una valutazione dell’efficacia della Medical Nutrition Therapy (MNT) al fine di orientare l’intervento nutrizionale.

Questo consente di fornire raccomandazioni, suggerimenti, soluzioni o piani d’azione necessari al raggiungimento degli obiettivi concordati con il team, in questa particolare condizione (43).

4) Ho 29 anni e di recente, per la mia malattia, mi hanno detto che dovrò iniziare la dialisi a breve e mi hanno proposto la dialisi peritoneale domiciliare; potrò portare avanti una gravidanza o c’è incompatibilità con il liquido in addome?

La dialisi peritoneale (PD) è una modalità di trattamento della malattia renale cronica che coinvolge lo scambio di fluidi attraverso la membrana peritoneale che è presente nell’addome. Le donne in età fertile che richiedono dialisi peritoneale e desiderano una gravidanza devono affrontare diverse sfide legate alla loro condizione clinica (44).

Sebbene manchino evidenze ed esperienze nella gestione della PD nelle donne in gravidanza con malattia renale cronica terminale, questa può essere un’opzione valida come ponte verso l’emodialisi o come parte di una terapia dialitica ibrida. Le strategie di dialisi dovrebbero essere personalizzate in base al contesto clinico e personale del paziente.

La gravidanza in donne sottoposte a dialisi peritoneale rappresenta infatti una sfida clinica complessa che coinvolge sia l’ostetricia che la nefrologia. Le donne in età fertile che necessitano di dialisi peritoneale (PD) sono esposte a rischi aumentati sia per la salute materna che per quella fetale. In questo contesto, è fondamentale adottare un approccio multidisciplinare che coinvolga nefrologi, ostetrici e altri specialisti per garantire il miglior outcome possibile per madre e bambino (45).

La gravidanza in pazienti con malattia renale cronica terminale, infatti, è ancora un evento raro, e l’incidenza di gravidanza in PD è significativamente inferiore e non è cambiata negli ultimi anni. La fertilità sembra essere inferiore nelle pazienti in PD, il che è stato collegato all’impedimento dell’ovulazione normale da parte del dializzato ipertonico.

Storicamente, le pazienti in dialisi venivano scoraggiate dall’affrontare una gravidanza a causa di esiti molto scarsi. Studi recenti hanno evidenziato che le donne in dialisi peritoneale in gravidanza hanno un rischio aumentato di complicanze come ipertensione gestazionale, pre-eclampsia, ritardo della crescita intrauterina e parto pretermine (46).

È quindi essenziale adottare un approccio proattivo nella gestione di queste pazienti, con una stretta collaborazione tra nefrologi, ostetrici e altri specialisti per ottimizzare l’outcome materno e fetale.

Gli studi degli ultimi due decenni hanno rivelato un miglioramento significativo nei tassi di nascite vive, età gestazionale al parto e peso alla nascita, con programmi di emodialisi (HD) intensivi. Le alte concentrazioni sieriche di urea più tipiche della PD sono state dimostrate responsabili di molte complicazioni della gravidanza, quindi è raccomandato intensificare la dose di dialisi per mantenere una concentrazione di urea inferiore a 12,5 mmol/L.

La gravidanza in pazienti in dialisi peritoneale è dunque un argomento di crescente interesse nella comunità scientifica, poiché la sua gestione richiede competenze specifiche e una stretta collaborazione tra i diversi professionisti della salute.

Dopo il concepimento, la sopravvivenza infantile e la prematurità non differiscono significativamente da quelle delle donne in gravidanza in HD ma una revisione sistematica ha trovato una maggiore incidenza di neonati piccoli per età gestazionale (SGA) nati da donne in PD rispetto a quelle in HD (47).

La PD offre tuttavia potenziali vantaggi rispetto all’HD durante la gravidanza e questo è dovuto alle caratteristiche intrinseche della metodica, vale a dire la preservazione della funzione renale residua e la continua ultrafiltrazione giornaliera, correlate a migliori risultati della gravidanza. Tuttavia, la minore incidenza di tassi di gravidanza nelle donne in PD e la scarsità di dati hanno portato la maggior parte degli Autori e delle Linee Guida a raccomandare il passaggio all’HD prima del concepimento o durante il primo trimestre.

La gravidanza dopo un trapianto di rene è considerata l’opzione migliore per i pazienti End Stage Renal Disease (ESRD) in età fertile, associata a migliori risultati materni e perinatali. Tuttavia, per alcune donne, la finestra di opportunità può essere persa a causa della scarsità di organi, dell’iperimmunizzazione o della pianificazione tardiva della gravidanza. La PD durante la gravidanza offre alcuni benefici rispetto all’HD, come un’ultrafiltrazione giornaliera più continua e meno aggressiva, la preservazione della funzione renale residua e livelli di urea più stabili (48).

In conclusione la gravidanza in pazienti in dialisi peritoneale rappresenta una sfida clinica complessa che richiede un approccio multidisciplinare e una valutazione attenta dei rischi e dei benefici per madre e bambino. Gli studi disponibili forniscono importanti indicazioni sulla gestione ottimale di queste pazienti, sottolineando l’importanza di una stretta sorveglianza clinica e di una gestione personalizzata per migliorare l’outcome materno e fetale. Sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire la nostra comprensione di questo argomento e sviluppare Linee Guida cliniche specifiche per la gestione della gravidanza in dialisi peritoneale.

5) Sono portatrice di trapianto di rene, posso avere una gravidanza?

Domande come questa sono frequenti nella pratica clinica per chi si occupa di trapianto renale. La risposta a questa domanda delle nostre pazienti è nella maggior parte dei casi affermativa. Tuttavia, come sempre specifichiamo, è obbligatorio valutare singolarmente di caso in caso vari aspetti tra cui: il giusto timing della gravidanza, la modulazione della terapia immunosoppressiva e i fattori di rischio clinici associati allo sviluppo di complicanze materno-fetali. Infatti, sebbene il trapianto di rene offra la migliore prospettiva di una gravidanza alle donne con malattia renale terminale, questa rimane ugualmente per definizione a rischio a causa degli effetti collaterali dei farmaci immunosoppressori, del possibile peggioramento della funzione renale, di complicanze materne (pre-eclampsia, ipertensione gestazionale, rigetto dell’organo e infezioni delle vie urinarie) e del rischio di complicanze avverse fetali.

La pre-eclampsia è comune nelle pazienti trapiantate con un’incidenza che varia dal 20% al 40% circa e un rischio di più di 6 volte superiore rispetto a quello riportato nella popolazione generale (49). Per l’ipertensione gestazionale la stima dell’incidenza è ancora più elevata (di circa il 50%) sebbene sia spesso difficile distinguere tra ipertensione e pre-eclampsia a causa di fattori confondenti (precedente proteinuria, peggioramento dei valori pressori prima delle 20 settimane). La presenza di ipertensione d’altra parte si associa a basso peso alla nascita, parto pretermine ma anche aumentato rischio di perdita del trapianto.

Per quanto riguarda la perdita dell’organo trapiantato e il peggioramento della funzione renale, la gravidanza in assenza di fattori di rischio specifici non aumenta il rischio di insufficienza renale terminale. In uno studio clinico prospettico con un follow-up di 10 anni non c’era differenza in termini di outcome renale tra 48 pazienti in gravidanza portatrici di trapianto renale e 187 pazienti portatrici di trapianto renale (50). Invece, come atteso, valori basali di creatinina più elevati (> 1,4 mg/dL), la presenza di ipertensione in trattamento farmacologico ma anche la presenza di proteinuria si associavano a un aumentato rischio di perdita del rene trapiantato.

Particolare attenzione deve essere rivolta anche al rischio di sviluppare rigetto acuto. Infatti, sebbene normalmente la gravidanza rappresenti uno stato di tolleranza immunologica, in alcune condizioni lo stimolo antigenico derivante dal feto può innescare una cascata immunologica che porta al rigetto dell’organo. Inoltre, il rigetto acuto può essere più elevato nel periodo post-partum a causa del ritorno al normale stato di immunosorveglianza (51). I fattori che aumentano il rischio di rigetto includono valori basali di creatinina sierica più elevati, recenti episodi di rigetto prima della gravidanza e oscillazioni dei valori dei livelli dei farmaci immunosoppressori (52). Tuttavia, anche in questo caso, la diagnosi di rigetto non è così facile, portando a dati confondenti per quanto riguarda la sua incidenza. Infatti la presenza di iperfiltrazione può essere confondente nell’interpretare i dati del rialzo della creatinina che, anche se minimo, può essere indicativo di rigetto.

Infine anche il rischio di infezioni può essere elevato. In gravidanza le pazienti hanno un maggiore rischio di infezioni, in particolare delle vie urinarie (IVU), e di pielonefrite acuta. Le IVU sono presenti nel 40% delle donne trapiantate, a causa dell’assunzione di immunosoppressori, dell’idronefrosi lieve dopo trapianto e della dilatazione correlata alla gravidanza dei dotti collettori renali e dell’uretere.

Visto quanto detto sopra è fondamentale programmare la gravidanza, al fine di ridurre il rischio di tali complicanze ma anche di personalizzare la terapia immunosoppressiva che potrebbe risultare teratogena per il feto. Per quanto riguarda il timing corretto è consigliato ritardare la gravidanza per un periodo di almeno un anno (53) e vi è una maggiore probabilità di concepimento entro i due anni dal trapianto. La condizione fondamentale affinché la gravidanza abbia meno rischi possibili è che avvenga in un momento di stabilità clinica e che non si assumano farmaci teratogeni. Per quanto riguarda l’immunosoppressione, l’opzione consigliata è con inibitori della calcineurina, azatioprina (ma con un’attenzione particolare alla dose che deve essere inferiore ai 2 mg/kg/die) e basse dosi di prednisone considerate sicure. Invece, inibitori mTOR e micofenolato mofetile devono essere interrotti 6 settimane prima del concepimento poiché rientrano tra i farmaci con alto rischio di danni fetali secondo la classificazione della FDA (micofenolato) o tra i farmaci con mancanza di evidenze scientifiche tali da permettere una sicura somministrazione (sirolimus).

In caso di trapianto renale, la gravidanza richiede un’attenta pianificazione, una discussione ampia e un’informazione completa da fornire alle pazienti, con una stratificazione personalizzata del rischio clinico di sviluppare complicanze materno-fetali.

Conclusioni

La gravidanza in una donna con una malattia renale rappresenta sempre un momento critico per i possibili rischi per la madre e per il feto e per le implicazioni a breve termine che la gravidanza può indurre sul decorso della nefropatia di base, nonché sulle possibili sequele a distanza. I progressi degli ultimi 20 anni circa nella gestione degli eventi critici come la pre-eclampsia o le riaccensioni della nefropatia di base, hanno contribuito a migliorare, anche nelle donne con nefropatia, gli esiti materno-fetali. Le strategie vincenti si possono ricondurre a: counseling pre-concepimento, gravidanza possibilmente pianificata in un momento di remissione della nefropatia, buon controllo farmacologico e nutrizionale dei vari fattori di rischio e stretta sorveglianza da parte di un team multidisciplinare durante tutta la gestazione e il post-partum.

Disclosures

Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.

Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.

Authors’ contribution: All Authors contributed equally to this manuscript.

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