G Clin Nefrol Dial 2024; 36: 21-22 ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2024.3069 LA VOCE DEI PAZIENTI |
La voce dei pazienti
Received: March 18, 2024
Accepted: March 18, 2024
Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd
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Una storia familiare assai nota
Mi è rimasto impresso l’ultimo desiderio della mia mamma che ammalata di cancro a 82 anni espresse, pur non essendo pienamente consapevole di ciò che l’avrebbe portata via da tutti noi, disse: “Prendete i miei reni e il cuore e tutto ciò che potete e donate”. La mia mamma aveva vissuto una vita infernale, vedova di papà affetto da rene policistico, a soli 37 anni era rimasta sola con 6 figli tra cui il più piccolo di soli 3 anni. Purtroppo, come se non bastasse, era diventata il punto di riferimento di tutta la famiglia (lato paterno), perché dolorosamente ebbe modo di assistere alla dipartita di molti fratelli/sorelle di papà e tutti per la stessa causa. Lei era sempre là in ospedale a confortare, sostenere, aiutare giorno e notte. Dotata di una salute di ferro, al punto di lasciare perplessi i medici che pure l’hanno curata per un non meglio identificato tumore, perché era dotata, nonostante tutto, di una salute psico-fisica perfetta: le analisi erano perfette, il cuore era fortissimo, i reni intatti (stava meglio lei che io).
Naturalmente, per la presenza del tumore e per l’età, i medici non hanno minimamente preso in considerazione la richiesta di donazione. Oggi, mi piace ricordarla per l’abnegazione che ha sempre mostrato verso la sua famiglia acquisita, per la forza che ha trasmesso a noi figli (3 su 6 abbiamo ereditato il gene malefico, peraltro la mutazione peggiore) e, infine, perché qualcosa lei l’ha donato ed è l’atteggiamento che tuttora contraddistingue mia sorella: la forza legata alla speranza. Mia sorella non si avvilisce. E allora, sì, qualcosa possiamo fare nel nostro intimo per allontanare l’idea della dialisi che terrorizza tutti noi, affidarci a un’alimentazione accorta, seguire senza trasgressioni le direttive del proprio nefrologo, sostenere pensieri che ci proiettino al futuro e che ci fanno venire voglia di futuro e, infine, sentendoli questi benedetti/maledetti enormi reni, incitandoli a resistere alla malattia, finché si può… […].
T.P.
La vita può riservare delle bellissime sorprese
“Sono affetta da malattia policistica epato-renale, diagnosticata 34 anni fa. La progressione della malattia è stata lenta fino a circa due anni fa, quando la creatinina e il GFR avevano raggiunto livelli utili per poter pensare a un trapianto eventualmente pre-emptive. Su consiglio del nefrologo che mi seguiva, sono stata messa in contatto con il centro trapianti di Bologna, centro regionale di riferimento per l’Emilia Romagna, regione alla quale appartengo. Ho intrapreso tre strade di inserimento in lista a Bologna, a Firenze e trapianto da vivente pre-emptive. All’interno della mia famiglia mio marito e mia sorella sono risultati non compatibili, intanto il GFR scendeva e la dialisi cominciava a essere presa in considerazione. Una coppia di amici, moglie e marito, al corrente della mia situazione, hanno deciso, all’insaputa mia e della mia famiglia, di prendere contatti con il centro trapianti di Bologna con l’intenzione di eseguire gli esami di compatibilità ed eventualmente di donare. L’intento era quello di dirmi tutto, possibilmente, a trapianto avvenuto, ma ciò non è consentito perché serve il consenso del ricevente. Considerato che i possibili donatori esulavano dal contesto familiare, l’accettazione inizialmente per me non è stata semplice, ho iniziato un percorso psicologico, presso il centro trapianti, che mi ha posto nelle condizioni di poter decidere autonomamente e con serenità. Abbiamo eseguito gli esami di compatibilità e il marito non è risultato compatibile ma la moglie sì. Il trapianto è stato effettuato a Bologna il 10 gennaio 2024 ed è andato tutto bene sia per la donatrice che per me. Ho piacere di condividere questa storia per dare speranza a tutte le persone che come me hanno bisogno del trapianto e condividere il fatto che la vita può riservare sorprese straordinarie anche al di fuori dell’ambito familiare”.
Milva Arcangeli
Quando il medico fa la differenza, quando c’è totale empatia con il paziente, le cure sono più efficaci
Quindici anni fa, iniziarono casualmente i miei primi passi nella gestione di una malattia genetica relativamente rara: la malattia del rene policistico. Ciò che sembrava un semplice nuovo incarico nell’ambito della mia specialità si è trasformato invece in un’esperienza che avrebbe ridefinito il significato della mia carriera medica.
Spesso ci troviamo a fare i conti con malattie più famose e altre meno note, ma ciò non diminuisce l’impatto che queste condizioni meno conosciute hanno sulla vita di chi ne è affetto.
La malattia del rene policistico rappresenta infatti la realtà difficile di un’intera vita per chi ne è affetto. I pazienti e le loro famiglie portano il peso di questa condizione ogni giorno.
Quindi, mano a mano che mi immergevo nelle storie dei pazienti, scoprivo che c’era molto di più da apprendere rispetto a quanto scritto nei testi o incontrato nella pratica comune. Mi rendevo conto delle sfide multiple che bisognava affrontare: ricerca continua, obiettivi da raggiungere e soprattutto la comprensione profonda degli aspetti umani, che spesso vengono trascurati quando una malattia è meno conosciuta.
Spinta da questa consapevolezza, ho sentito un profondo desiderio di fare la differenza. Per questo ho deciso di creare un ambulatorio dedicato che potesse diventare un punto di riferimento per tutti i pazienti affetti da questa malattia. Ed è nato un obiettivo che ho condiviso con persone straordinarie che mi hanno affiancato e che mi affiancano con entusiasmo, anche nelle difficoltà.
Ogni volta che riusciamo a offrire sollievo o a dare speranza concreta, la nostra passione si rafforza.
Oggi, dopo tanti anni di impegno, guardo indietro e vedo il percorso che abbiamo compiuto. Quello che inizialmente mi era stato affidato per caso si è trasformato davvero in un impegno di vita. Ogni giorno ci applichiamo ad andare oltre i confini dell’ordinario per offrire ai pazienti la migliore assistenza possibile. Non lasciamoci influenzare solo da alcune malattie semplicemente perché più frequenti. Non dobbiamo dimenticare che esistono molte altre condizioni meno note, ma altrettanto dure per coloro che ne sono affetti.
Per concludere, quindi, vorrei condividere un desiderio: il 5x1000. Questo è il momento in cui possiamo fare davvero la differenza, unendo le nostre forze per sostenere la ricerca, l’assistenza e il supporto per i pazienti e per le loro famiglie.
“Anche la più piccola donazione ha un significato. Grazie di cuore”.
Dott.ssa Maria Teresa Sciarrone Alibrandi