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G Clin Nefrol Dial 2024; 36: 41-48

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2024.3058

CONGRESS ABSTRACTS

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Abstracts 42° Congresso Nazionale SIAN ITALIA

Infermieristica nefrologica: ruolo‚ competenze e sostenibilità

Riccione 6-8 Maggio 2024

Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

© 2024 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).
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MODELLI ORGANIZZATIVI E FORMAZIONE

ID 4

ASSISTENZA INFERMIERISTICA E FORMAZIONE POST-LAUREA DELL’INFERMIERE DI DIALISI IN ITALIA

Stefano Mancin1,2, Federica Bragaglia2, Diego Lopane2, Daniela Cattani2, Alessandra Dacomi2, Chiara Coldani2, Giuseppina Tomaiuolo2, Marco Sguanci3, Maruska Bedin1, Cinzia Fabbri3, Domenica Gazineo3, Lea Godino3,4, Desirèe Andreoli3, Beatrice Mazzoleni2

1IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano - Italy

2Department of Biomedical Sciences, Humanitas University, Pieve Emanuele - Italy

3SIAN, Società Infermieri Area Nefrologica, Olbia - Italy

4Medical Genetics Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Italy

Introduzione: Gli assistititi con insufficienza renale cronica in trattamento sostitutivo renale presentano bisogni assistenziali complessi. Per fare fronte a ciò, l’infermiere di nefrologia e dialisi deve avere un’expertise di competenze specialistiche e disciplinari avanzate. L’obiettivo di questo studio era quello di identificare le competenze dell’infermiere in nefrologia, con un focus attivo sulla dialisi, con particolare attenzione sulle aree di assistenza infermieristica, sui percorsi formativi accademici e sulla formazione clinico-assistenziale sul campo.

Materiali e metodi: È stata condotta una revisione narrativa della letteratura utilizzando le banche dati CINAHL e Medline-PubMed, limitando la selezione a studi primari e secondari pubblicati negli ultimi dieci anni in italiano e in inglese. Al fine di completare la ricerca, in particolare nel panorama italiano, sono state consultate fonti di letteratura grigia.

Risultati: Sono stati individuati complessivamente 821 record, includendone 45 nella presente revisione. Sono state identificate diverse aree di competenza dell’infermiere di nefrologia e dialisi tra cui: emodialisi e dialisi peritoneale, emodialisi pediatrica, trapianto renale, sala operatoria, area critica ed ematologia. La formazione professionale è caratterizzata da percorsi di formazione sul campo dedicati principalmente ai neoassunti e da insegnamenti accademici post-laurea, costituiti da master di primo livello spesso non uniformi tra loro.

Conclusioni: Il crescente bisogno sanitario di competenze specialistiche suggerisce la necessità di integrare la formazione sul campo a percorsi accademici post-laurea omogenei, anche in collaborazione con Società Scientifiche Infermieristiche di riferimento. Questa associazione non solo favorirebbe un’implementazione di maggiori competenze infermieristiche, ma anche un’elevata qualità delle cure erogate.

ID 13

IL TRIAGE INFERMIERISTICO AMBULATORIALE: MODELLO ORGANIZZATIVO IN SUPPORTO ALL’AMBULATORIO MRC

Andreea Rosca, Giuseppina Parano, Aspasia Panunzi, Maggiorina Bauducco, Gianfranca Gerbino, Giorgio Soragna, Francesca Bermond, Laura Fabbrini, Amelia Rodofili, Emiliano Bruno, Corrado Vitale

Nefrologia Ospedale Mauriziano Di Torino - Italy

Introduzione: Nella cura dei pazienti affetti da malattia renale avanzata il tradizionale programma di visite ambulatoriali periodiche non sempre è sufficiente a supportare adeguatamente le loro necessità. La possibilità di disporre di un counselling qualificato dal proprio domicilio può permettere di risolvere problemi clinici intercorrenti e di evitare iniziative autonome, spesso inadeguate, quali auto-aggiustamenti terapeutici o inappropriati accessi in Pronto Soccorso. Nel nostro ambulatorio di Malattia Renale Avanzata che ha in cura mediamente 250 pazienti, è stato per questo strutturato un nuovo modello assistenziale denominato Triage Nefrologico Ambulatoriale (TNA).

Materiali e metodi: Il TNA individua nell’infermiere il primo interlocutore del paziente che contatta la struttura sanitaria; tale attività, paragonabile al Triage svolto in Pronto Soccorso, ha l’obiettivo di classificare i problemi riferiti dal paziente in base al tipo e all’urgenza, per gestire al meglio le modalità di trattamento.

Risultati: Il TNA, gestito da infermieri appositamente preparati e coordinato dai medici dell’ambulatorio, prevede tre step in successione:

1) il paziente espone il suo problema all’infermiere;

2) l’infermiere, interrogando il paziente attraverso una documentazione di supporto quali flow-chart e schede cliniche, classifica il grado di gravità/urgenza clinica secondo un sistema di codice-colore e riferisce al medico;

3) all’assegnazione del codice-colore, segue il relativo percorso che porta ad affrontare il problema.

Conclusioni: Il Triage Nefrologico, applicato nel nostro ambulatorio MaReA, è risultato utile per monitorare l’aderenza ai programmi di trattamento, per valutare lo stato di salute del paziente e per prevenire eventuali complicazioni. Dalle nostre prime osservazioni longitudinali, l’adozione di tale modello assistenziale si sta dimostrando efficace nel ridurre il numero dei passaggi in Pronto Soccorso, dei ricoveri ospedalieri e degli accessi specialistici.

ID 17

IMPLEMENTAZIONE DI UN PERCORSO FORMATIVO E VALUTATIVO PER L’INFERMIERE IN DIALISI

Angelo Dante1, Eleonora Faraglia2, Monica Donati3

1Ricercatore (RTDB) - SSD MED/45 Scienze Infermieristiche e Ostetriche - Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila - Italy

2APSF Infermiere - S.C. di Nefrologia e Dialisi A.O. S. Maria di Terni - Italy

3I.P.O. Dipartimento Chirurgia - S.I.T.R.O. A.O. S. Maria di Terni - Italy

Introduzione: Questo percorso nasce dall’esigenza di uniformare e garantire, in termini di tempi e contenuti, una formazione adeguata dell’infermiere che afferisce alla Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi di Terni.

Materiali e metodi: Applicando il Processo di Nursing alle Competenze Infermieristiche acquisite dall’infermiere di emodialisi di Terni è stata “accertata” la necessità di una revisione dell’attuale percorso formativo. È stata effettuata, per fondare tale percorso su basi scientifiche e non su opinioni personali, una Scoping Review della letteratura esistente, riguardante il contesto nazionale ed estero.

Risultati: La creazione degli Strumenti Operativi (SO) per il percorso formativo e di affiancamento dell’infermiere neofita, giungendo alla redazione del progetto formativo e di addestramento formalizzato. Per incentivarne l’utilizzo è data la possibilità di compilazione nei formati sia cartaceo che elettronico, adattati al nostro contesto lavorativo. La SCALA DI VALUTAZIONE (SV) delle Competenze, con possibilità di 5 (cinque) valori, dallo 0 (zero) al 4 (quattro), è utilizzata e consegnata al Tutor e al Neo Inserito, in diverse versioni, per la compilazione della relativa Scheda di Valutazione delle Competenze (SVC). Questa, diversa per i tre periodi, prevede dei punteggi minimi e massimi utili all’acquisizione dei livelli, le istruzioni per la loro compilazione e l’assegnazione ad ogni item del valore previsto dalla SV; è selezionabile da un menù a tendina nel modello informatizzato. Gli SO saranno utilizzati secondo un CRONOPROGRAMMA, di una durata massima di 25 settimane e di una durata minima di 14 settimane. I 3 livelli sono PRINCIPIANTE, PRINCIPIANTE AVANZATO e COMPETENTE.

Conclusioni: L’adozione degli strumenti operativi e di un sistema strutturato, a livello aziendale, di definizione e verifica delle competenze rappresenta un’importante azione di risk management volta a migliorare la qualità assistenziale, riducendo il rischio intrinseco di Burn Out del formatore e del formato, attraverso attività manageriali di verifica e di valutazione dei risultati attesi, da attuare per una crescita professionale bilaterale.

ACCESSI VASCOLARI

ID 05

IL BENESSERE DEL PAZIENTE DIALIZZATO: LA COMUNICAZIONE IPNOTICA PER IL CONTROLLO DEL DOLORE

Roberta Mingolla, Silvia Ambrosio

Città della salute e della scienza presidio CTO, Torino - Italy

Introduzione: In un’ottica di ecosostenibilità, l’ipnosi e la comunicazione ipnotica rientrano pienamente in questa definizione. L’ipnosi è un particolare stato fisiologico della coscienza diverso sia dalla veglia che dal sonno e non è accettazione acritica né perdita di controllo né semplice suggestionabilità (Facco E., 2022) (Casiglia E. et al. Trattato d’ipnosi e altre modificazioni di coscienza). L’ipnosi viene definita come uno stato di coscienza modificato caratterizzato dalla presenza di un monoideismo plastico (Granone G., 1976, Trattato di ipnosi) Il monoideismo plastico e la capacità creativa che ha un’idea rappresentata mentalmente, in modo esclusivo, di estendendersi e realizzarsi nell’organismo con modificazioni percettive, emozionali, muscolari, endocrine, viscerali e immunitarie. Per poter sviluppare l’ipnosi è opportuno introdurre la comunicazione ipnotica, che è un particolare meccanismo neurolinguistico che sfrutta il potere che una corretta comunicazione ha di arrivare al nostro inconscio e che è in grado di generare fenomeni a livello fisico.

Materiali e metodi: La revisione della letteratura del 2021 evidenzia che il dolore alla venipuntura ha una prevalenza che va dal 12% all’80%; questa è associata all’atto dell’incannulazione ma, anche, al processo emodialitico. Inoltre la letteratura scientifica suggerisce un’ampia gamma di metodiche analgesiche, dall’applicazione di creme anestetiche locali all’applicazione di freddo o caldo sui siti di venipuntura o sul braccio controlaterale, fino a tecniche di distrazione del paziente.

L’ipnosi non è mai stata utilizzata prima d’ora per la venipuntura in emodialisi e la nostra esperienza clinica si basa sulla rilevazione di parametri misurabili.

Risultati: La comunicazione ipnotica sembra efficace per ridurre il dolore procedurale (riduzione media di ±2 ±0,6 punti alla NRS); anche altri parametri tra cui il ricircolo e la pressione statica della fistola hanno presentato suggestive riduzioni (±2,70; ±31,80). Data la scarsa numerosità del campione non è stato possibile fare un’analisi statistica dei risultati.

Conclusioni: Il nostro studio pilota suggerisce utili effetti dell’ipnosi sia sul dolore che su alcuni parametri emodinamici e indica la necessità di ulteriori studi su campioni più grandi, data la totale assenza di letteratura sull’ipnosi in emodialisi.

ID 6

CONFRONTO TRA AGO CANNULA VS AGO IN METALLO

Antonelle Chiodi, Vanessa Reali, Jessica Camela, Lorenza Furbo, Sejla Carbonari, Moira Guerrieri, Cinzia Filiaggi, Cinzia Fiori

ASUR Marche AV5 Ospedale “Mazzoni” Ascoli Piceno - Italy

Introduzione: Ridurre al minimo le complicanze e il disagio per il paziente (Pz) legati all’incannulazione della fistola arterovenosa (FAV) è da sempre il principale obiettivo dell’operatore di emodialisi. Le lesioni vasali causate dalla punta degli aghi metallici posizionati nella FAV sono complicanze frequenti nei pazienti in dialisi. Tradizionalmente vengono usati in Europa aghi metallici, ma in questi ultimi anni si sta facendo strada con successo l’utilizzo di cannule in plastica flessibili che in altri paesi come il Giappone e l’Australia sono già una realtà. Nel Centro di Ascoli Piceno sono disponibili diversi tipi di aghi cannula da 5-6 anni. Ci siamo prefissati di rivedere criticamente l’utilizzo di questo device con un’osservazione di almeno 1 anno mettendo a confronto l’ago tagliente con l’ago cannula, valutando anche le differenze tra i diversi tipi di ago cannula.

Materiali e metodi: Settantotto Pz sono mediamente sottoposti a trattamento dialitico nel nostro Centro; tra questi, 33 Pz hanno un CVC e 17 Pz incannulano FAV con il metodo buttonhole. I rimanenti 28 Pz hanno, nella maggior parte dei casi, FAV difficili poiché anziani con una lunga storia di venipuntura quindi portatori di FAV poco arterializzate, tortuose e con pochi tratti della lunghezza adeguata per essere punti. Tali condizioni suggeriscono l’utilizzo di un device con migliori caratteristiche di safety.

  • Quindici Pz sono stati punti alternativamente con ago cannula o aghi taglienti. Abbiamo utilizzato due tipi di ago cannula con alette e senza per valutarne le differenze. Sono stati raccolti i dati delle loro sedute dialitiche: Aspetto clinico e Compliance del Pz
    • Dolore legato alla punzione ev. ripetuta (scala del dolore NRS)
    • Frequenza di stravasi/ematomi (numero, estensione, persistenza, ecc.)
    • Presenza di crampi o fastidio legati all’immobilizzazione
  • Parametri tecnici della seduta
    • Pressione d’accesso (PA), Pressione di rientro (PV), Flusso sangue (Qb)
    • Efficienza dialitica (KT/V e ricircolo della FAV)

Risultati: Il confronto tra i tipi di device ha messo in evidenza:

  • Minore dolore nell’infissione dell’ago tagliente (3 vs 8)
  • Maggiore confort nella dialisi con ago cannula per l’assenza di immobilizzazione
  • Minore tempo di emostasi dopo introduzione di ago cannula (2’ vs 5’) con un tipo di ago cannula (senza alette), mentre, con un altro device analogo, il tempo di emostasi rispetto al tagliente non ha subito variazioni
  • Ematomi/ecchimosi meno frequenti dopo utilizzo dell’ago cannula (0 vs 5)
  • Lieve aumento della PA del circuito con ago cannula di 30 mm, rispetto all’ago metallico, mentre, con un altro tipo di ago cannula di 25 mm, uguale PA
  • Parametri di depurazione simili tra i device (KT/V automatico)
  • Prove di ricircolo simili nello stesso Pz

Durante i trattamenti si è verificato un solo dislocamento dell’ago cannula senza alette, legato a un ancoraggio inadeguato e che ha determinato una perdita ematica. Sono stati raccolti i dati delle loro sedute dialitiche.

Conclusioni: Le cannule rappresentano un’alternativa all’utilizzo dell’ago fistola e comportano maggiore sicurezza per l’operatore e possibilità di accedere a siti tortuosi e profondi, ma è necessario avere un team motivato che abbia fiducia nella tecnica, mostrando la volontà di acquisire la manualità necessaria per migliorare l’incannulazione della FAV. Un ancoraggio sicuro risulta essere fondamentale.

ID 16

LA SICUREZZA DELLA FISTOLA ARTEROVENOSA IN DIALISI: REVISIONE NARRATIVA DELLA LETTERATURA

Vincenzo Marco Margiotta1, Moris Rosati2

1Infermiere, UOC Nefrologia e Dialisi - Azienda ospedaliero-universitaria Senese - Italy

2Infermiere con Incarico di Coordinamento, UOC Cardiologia & Terapia Intensiva Cardiologica – Azienda ospedaliero-universitaria Senese - Italy

Introduzione: Il rischio che un paziente durante il trattamento dialitico sia vittima di un evento avverso è elevato. La maggior parte di questi incidenti può essere attribuita a un errore umano, in particolare agli errori relativi all’accesso vascolare della fistola arterovenosa (FAV) in dialisi (incannulazione difficile, dislocazione dell’ago); questi possono provocare diverse complicanze con conseguente possibilità di morte del paziente.

L’obiettivo di questa ricerca consiste nel ricercare gli errori legati agli accessi vascolari in emodialisi e quali siano gli interventi efficaci per ridurre il rischio di errore in qualsiasi unità di dialisi per stabilire una cultura della sicurezza.

Materiali e metodi: Articoli tradotti in lingua inglese da Medline (tramite Pubmed) e Google Scholar dal 2011 al 2023. Gli studi sono stati scelti in base ai criteri di inclusione.

Risultati: Sono stati selezionati 8 come rilevanti e inseriti nella revisione. È necessario puntualizzare che gli 8 articoli non includono soltanto strategie relative agli errori sull’accesso vascolare della fistola arterovenosa, ma che includono tutta una serie di strategie generali utili alla riduzione degli incidenti, perfettamente attuabili in qualsiasi contesto di unità di emodialisi tra cui: 1) l’utilizzo di strumenti reattivi e proattivi del risk management; 2) l’utilizzo di check-list di sicurezza; 3) raccomandazioni per evitare la dislocazione dell’ago come gli stili di fissaggio del cerotto; 4) la formazione del personale, in particolare alle nuove tecniche di incannulazione come la tecnica MuST e le tecniche eco-guidate.

Conclusioni: Questa revisione ha permesso di individuare una serie di raccomandazioni per la riduzione degli eventi avversi per stabilire una cultura della sicurezza che permettano di ridurre al minimo il rischio di complicanze quali stravasi, ematomi e dolore al paziente, in modo da garantire la sicurezza e una migliore sopravvivenza dell’accesso vascolare FAV.

ALIMENTAZIONE E MALNUTRIZIONE

ID 07

DISGEUSIA E MALATTIA RENALE CRONICA: UNA SCOPING REVIEW

Marco Sguanci1, Gaetano Ferrara2, Sara Morales Palomares3, Mauro Parozzi4, Lea Godino5, Domenica Gazineo6, Giuliano Anastasi7, Stefano Mancin8

1Department of Medicine and Surgery, Research Unit of Nursing Science, University of Rome, Campus Bio-Medico, Rome - Italy

2Nephrology and Dialysis Unit, Ramazzini Hospital, Carpi - Italy

3Department of Pharmacy, Health and Nutritional Sciences (DFSSN), University of Calabria, Rende - Italy

4Department of Biomedicine and Prevention, University of Rome “Tor Vergata”, Rome - Italy

5Medical Genetics Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

6Governo Clinico e Qualità, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

7Department of Trauma, AOU G. Martino University Hospital, Messina - Italy

8IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano, Milano - Italy

Introduzione: La disgeusia, caratterizzata da un’alterata percezione del gusto, rappresenta un disturbo frequente tra i pazienti affetti da malattia renale cronica (MRC). Le tipiche alterazioni gustative comprendono una ridotta acuità del gusto, una compromessa percezione del gusto salato e la sensazione di un gusto “metallico”, che possono contribuire a un appetito ridotto e a potenziali problemi nutrizionali. Lo studio si propone di individuare le opzioni terapeutiche disponibili per l’educazione, lo screening e la gestione clinica della disgeusia in questa specifica popolazione.

Materiali e metodi: È stata condotta una scoping review seguendo la metodologia di Arksey e O’Malley, incorporando la metodologia della Joanna Briggs Institute (JBI) e attenendosi alle Linee Guida PRISMA-ScR. Il protocollo della revisione è stato registrato su Open Science Framework (CrossRef). La valutazione del rischio di bias e qualità metodologica è stata condotta seguendo il framework proposto dalla JBI.

Risultati: A fronte di 424 articoli identificati, sono stati inclusi 13 studi. Le iniziative educative e di screening hanno mostrato impatti positivi sulla percezione del gusto e sulla gestione dietetica. Tuttavia, la relazione tra disgeusia e terapie specifiche, compresi gli integratori di zinco, è eterogenea, con risultati variabili tra gli studi.

Conclusioni: La gestione personalizzata della disgeusia associata alla MRC è fondamentale, richiedendo protocolli di educazione e trattamento mirati per prevenire e affrontare complicazioni nutrizionali come la malnutrizione. L’eterogeneità dei risultati sottolinea la necessità di ulteriori ricerche di alta qualità per produrre evidenze scientifiche robuste.

ID 08

ALTERAZIONI OLFATTIVE NELLA MALATTIA RENALE CRONICA: UNA SCOPING REVIEW

Sara Morales Palomares1, Mauro Parozzi2, Marco Sguanci3, Gaetano Ferrara4, Lea Godino5, Domenica Gazineo6, Giuliano Anastasi7, Stefano Mancin8

1Department of Pharmacy, Health and Nutritional Sciences (DFSSN), University of Calabria, Rende - Italy

2Department of Biomedicine and Prevention, University of Rome “Tor Vergata”, Rome - Italy

3Department of Medicine and Surgery, Research Unit of Nursing Science, University of Rome, Campus Bio-Medico, Rome - Italy

4Nephrology and Dialysis Unit, Ramazzini Hospital, Carpi - Italy

5Medical Genetics Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

6Governo Clinico e Qualità, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Italy

7Department of Trauma, AOU G. Martino University Hospital, Messina - Italy

8IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano, Milano - Italy

Introduzione: La malattia renale cronica (CKD) costituisce un importante problema di salute a livello mondiale. Tra le molteplici complicazioni associate alla CKD, l’anosmia, una grave disfunzione olfattiva, è stata riconosciuta come un elemento di notevole impatto sulla qualità della vita dei pazienti. L’obiettivo di questo studio è esplorare in modo sistematico la prevalenza, le implicazioni e le possibili vie terapeutiche dell’anosmia nei pazienti affetti da CKD.

Materiali e metodi: Questa revisione ha seguito il protocollo di Arksey e O’Malley, integrando la metodologia del Joanna Briggs Institute (JBI) e aderendo alle Linee Guida PRISMA-ScR. La domanda di ricerca, formulata attraverso il framework PIO, ha guidato una ricerca approfondita nei database (PubMed/Medline, Embase, CINAHL, Cochrane Library) e nelle fonti di letteratura grigia. I criteri di inclusione si sono concentrati sugli studi che coinvolgono pazienti affetti da CKD con disfunzioni olfattive.

Risultati: A seguito di una selezione iniziale di 832 articoli, 17 studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione, fornendo informazioni sulle alterazioni olfattive in 4.025 pazienti affetti da CKD. Tra i diversi strumenti di valutazione utilizzati negli studi, l’University of Pennsylvania Smell Identification Test (UPSIT) e gli Sniffin’ Sticks sono emersi come strumenti principali. Circa il 62% dei pazienti con CKD ha riportato cambiamenti nell’olfatto, con una prevalenza di anosmia pari al 12,3%. Questa revisione ha evidenziato una complessa e controversa rete di fattori che contribuiscono alle alterazioni olfattive, tra cui tossine uremiche, procedure di dialisi, squilibri elettrolitici e malnutrizione. Inoltre, i risultati hanno indicato la possibilità di recupero della funzione olfattiva successivamente a un trapianto di rene.

Conclusioni: Le alterazioni olfattive, in particolare l’anosmia, rappresentano una significativa problematica clinica nei pazienti affetti da CKD. La natura dinamica dei risultati di ricerca, le evidenze contrastanti riguardo all’impatto delle procedure di dialisi e l’utilizzo di diverse metodologie di valutazione sottolineano la complessità di questo fenomeno clinico. Ulteriori ricerche sono necessarie per svelare i meccanismi sottostanti e ottimizzare le terapie al fine di migliorare il benessere dei pazienti e la qualità della vita complessiva.

ID 09

PREVENIRE LA MALNUTRIZIONE NEL PAZIENTE NEFROPATICO DURANTE LA DEGENZA. RIDUCIAMO LO SPRECO ALIMENTARE, CALORICO E PROTEICO

Giada Vrenna1, Erminia Brancati, Romolo Di Concilio, Carla Vives Benedi

Asst Gom Niguarda Milano - Italy

Introduzione: Il paziente nefropatico sottoposto a emodialisi è complesso, caratterizzato da un’estrema “fragilità”, affetto da più comorbidità e costretto a modificare la propria quotidianità e la propria alimentazione in base alla sua condizione clinica. La terapia nutrizionale è un elemento centrale che si integra perfettamente con quella farmacologica nella gestione del paziente con Malattia Renale Cronica. I momenti più critici si riscontrano durante l’ospedalizzazione ed è importante avere del personale qualificato per adeguare il regime dietetico al paziente e così evitare lo spreco alimentare, calorico e proteico. Lo scopo di questo lavoro è aprire il dibattito su quanto non venga considerato a sufficienza l’aspetto nutrizionale dei pazienti ricoverati, a partire dallo screening iniziale dell’individuo. Gli scarti dei pasti forniti ai degenti ospedalieri rappresentano uno spreco di risorse umane ed economiche, aumentano la quantità di rifiuti da smaltire e causano deficit nutrizionali e un ridotto comfort nel paziente ricoverato.

Materiali e metodi: È stata effettuata una ricerca in letteratura usando i database Pubmed e Cochrane con i termini di ricerca (Keywords). Consultazione delle scale di valutazione MUST, NRS-2002, Renal iNUT, criteri GLIM. Consultazione della scala visuo-analogica SEFI.

Risultati: Dopo una revisione della letteratura si conferma l’importanza di utilizzare e di divulgare il corretto uso delle scale di valutazione per lo stato di malnutrizione del paziente ricoverato; risulta essenziale eseguire lo screening del rischio nutrizionale attraverso procedure validate e approvate dalla comunità scientifica e sfruttare al meglio i sistemi di monitoraggio del consumo del pasto con l’utilizzo di metodi visivi di registrazione dei consumi.

Conclusioni: A oggi non si è a conoscenza di studi che confrontino l’affidabilità degli strumenti di screening esistenti nei pazienti nefropatici, pertanto tutti gli strumenti dovrebbero essere considerati preziosi. L’obiettivo consiste nella sensibilizzazione a tutto il personale sanitario, che esso lavori in ambiente nefrologico o che lavori in altri reparti di degenza.

ID 10

ANOSMIA, DISGEUSIA E MALNUTRIZIONE NELLA MALATTIA RENALE CRONICA: UNA REVISIONE SISTEMATICA

Gaetano Ferrara1, Sara Morales Palomares2, Marco Sguanci3, Mauro Parozzi4, Lea Godino5, Domenica Gazineo6, Giuliano Anastasi7, Stefano Mancin8

1Nephrology and Dialysis Unit, Ramazzini Hospital, Carpi - Italy

2Department of Pharmacy, Health and Nutritional Sciences (DFSSN), University of Calabria, Rende - Italy

3Department of Medicine and Surgery, Research Unit of Nursing Science, University of Rome, Campus Bio-Medico, Rome - Italy

4University of Milan, School of Nursing, “San Paolo” Campus, Asst Santi Paolo e Carlo, Milano - Italy

5Medical Genetics Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

6Governo Clinico e Qualità, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

7Department of Trauma, AOU G. Martino University Hospital, Messina - Italy

8IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano, Milano - Italy

Introduzione: La Malattia Renale Cronica (MRC) è una condizione clinica associata a numerose complicanze, tra cui disfunzioni olfattive, gustative e malnutrizione. Questo studio mira a comprendere l’interazione tra anosmia, disgeusia e malnutrizione come fattore cruciale per migliorare gli esiti nutrizionali nei pazienti affetti da MRC.

Materiali e metodi: Questa revisione sistematica è stata condotta in accordo con le Linee Guida PRISMA, incorporando la metodologia JBI. È stata condotta una ricerca sistematica nei database scientifici di PubMed, Cochrane Library, CINAHL, Scopus e Web of Science, includendo anche record di letteratura grigia. La valutazione della qualità e del rischio di bias è stata condotta in accordo con il framework proposto dalla JBI, mentre il livello di certezza delle evidenze è stato affrontato avvalendosi dei livelli di evidenza proposti dall’Oxford Centre of Evidence Based Medicine (OCEBM).

Risultati: A fronte di 884 articoli selezionati, otto studi sono stati inclusi in questa revisione sistematica, di cui due si concentravano sull’anosmia e sei sulla disgeusia. L’anosmia è stata associata a uno stato nutrizionale deficitario nei pazienti affetti da MRC e interventi come la teofillina intranasale hanno mostrato miglioramenti nella funzione olfattiva. Gli studi sulla disgeusia hanno evidenziato la potenziale carenza di zinco associata a una malnutrizione tra i pazienti in dialisi, con risultati misti nella supplementazione di zinco. Le alterazioni del gusto sono state correlate a una sintomatologia gastrointestinale e a una malnutrizione nei pazienti affetti da MRC.

Conclusioni: I risultati di questa revisione sistematica mettono in luce la natura multifattoriale di anosmia, disgeusia e malnutrizione nei pazienti affetti da MRC e l’importanza del riconoscimento precoce di alterazioni sensoriali come indicatori importanti per valutare lo stato nutrizionale. Ulteriori ricerche sono necessarie per approfondire la nostra comprensione di queste relazioni complesse e sviluppare interventi efficaci per la gestione della malnutrizione e il miglioramento della salute e della qualità della vita in questa popolazione di pazienti.

ID 15

MALNUTRIZIONE IN EMODIALISI: I RISULTATI DEL MALNUTRITIONAL INFLAMMATION SCORE IN UN CENTRO DI EMODIALISI MILANESE

Raffaele Consoli, Silvia Soloperto, Nichela Solinas, Emanuele

SC Nefrologia, Dialisi e Trapianto di Rene, IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - Italy

Introduzione: La malnutrizione, o deplezione proteico-energetico (PEW), è altamente diffusa tra i pazienti con chronic kidney disease (CKD), in particolare tra i pazienti già sottoposti ad emodialisi, ed è associata ad un peggioramento della qualità di vita e a significativa morbilità̀ e mortalità (Visiedo L. et al., 2022). L’eziologia della malnutrizione è multifattoriale e comprende il ridotto apporto proteico-calorico dovuto all’anoressia e alle restrizioni dietetiche, l’infiammazione, l’iper-catabolismo per compensare lo spreco proteico-energetico, la perdita proteica durante la dialisi, l’acidosi metabolica, la tossicità̀ uremica e la presenza di comorbidità̀ (Ikizler T. A. et al., 2020). Se non precocemente identificata e non trattata, la PEW porta a gravi complicanze e può̀ attivare un circolo vizioso con un ulteriore peggioramento dello stato nutrizionale del paziente in dialisi. Una consulenza dietetica precoce, un monitoraggio dello stato nutrizionale, attraverso il controllo del peso corporeo e di alcuni marcatori biochimici come albumina e pre albumina, uno screening specifico svolgono un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento della PEW, poiché consentono l’identificazione anticipata dei pazienti a rischio. Lo scopo del lavoro è stato, dunque, quello di valutare lo stato di malnutrizione dei pazienti in trattamento emodialitico presso il servizio di dialisi dell’IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, attraverso il MIS (Malnutrition Inflammation Score).

Materiali e Metodi: Dopo una revisione della letteratura, lo strumento scelto per screenare i nostri pazienti in emodialisi circa la malnutrizione è stato il MIS come proposto da Kalentar – Zadeb K. et al. nel 2001. Questo strumento è un indice che comprende 7 componenti dello Subjective Global Assessment (SGA) e altri 3 non – SGA, quali l’indice di massa corporea (BMI), l’albumina serica e la capacità ferro-legante totale (TIBC). A supporto dei due dei 7 items dello SGA, nello specifico perdita severa delle riserve di grasso e segni di atrofia muscolare, è stato utilizzato oltre all’ispezione visiva, l’hand grip strenght (HGS) misurata con dinamometro a mano. Ad ogni item veniva associato un punteggio di gravità da 0 a 3, dove lo 0 indicava “la normalità” ed il 3 “il molto grave”. La somma di tutte le componenti varia da 0 (normale) a 30 (gravemente malnutrito). É stato, dapprima, formato tutto il personale infermieristico all’utilizzo del MIS e del dinamometro e poi abbiamo iniziato a somministrare la scala a tutti i pazienti in trattamento emodialitico cronico nel periodo che va da settembre a novembre 2023. La raccolta dati è avvenuta su un formato cartaceo e, in un secondo momento, su un foglio Excel.

Risultati: Sono stati studiati 105 pazienti (prevalenti), di cui il 61% di sesso maschile e il 39% di sesso femminile; età mediana 73 anni. Sono stati esclusi i pazienti ricoverati per un evento acuto ed i pazienti che avevano iniziato il trattamento emodialitico da meno di 3 mesi. I pazienti sono stati classificati, a seconda del punteggio, in non a rischio (MIS 0-5); a rischio di malnutrizione (MIS 6-10); malnutriti (11-30) (Kalanthar – Zadeh K. et al., 2001). Il 40% dei pazienti è risultato non a rischio, il 39% a rischio di malnutrizione ed il 21% come malnutrito. Trai i componenti della scala, quelli maggiormente alterati, che hanno ottenuto un punteggio 3 come gravità, sono stati: la variazione del peso corporeo (PC), l’atrofia muscolare, la capacità funzionale e la transferrina. Per quanto riguarda il PC, il 20% dei pazienti aveva avuto negli ultimi 3-6 mesi una perdita del peso >10% (livello gravità massimo). Abbiamo, inoltre, correlato i 4 items alterati con il punteggio finale MIS per capire quanto possano impattare, ad esempio la riduzione del PC o l’atrofia muscolare sull’indice di malnutrizione. Del 20% dei pazienti con punteggio 3 sull’item riduzione del PC, più del 47% erano a rischio di malnutrizione, il 41% già malnutriti. La riduzione del PC correla, dunque, con la malnutrizione. Così come per l’item capacità funzionale: l’80% dei pazienti con score 3 era malnutrito, il 20% a rischio di malnutrizione. Abbiamo, infine, correlato la forza di presa della mano (HGS) con i punteggi MIS. 25 pazienti (24%) avevano un HGS alterato (<30 kg per l’uomo, <20 kg per la donna) e l’80% di questi ultimi erano malnutriti.

Conclusioni: Il MIS si è dimostrato uno strumento in grado di identificare i casi a rischio di malnutrizione e i malnutriti, nei quali è indicata una presa in carico che vede al centro un intervento per migliorare lo stato di nutrizione. Dopo questo screening iniziale, il nostro obiettivo sarà quello di programmare interventi educativi infermieristici, colloqui con la nutrizionista per i pazienti a rischio e nei casi più gravi introdurre integrazioni nutrizionali orali o parenterali. Il MIS verrà, dunque, ripetuto a distanza di 6 mesi dall’intervento con lo scopo di valutare, da un lato, i miglioramenti dello stato nutrizionale, dall’altro identificare nuovi casi di pazienti a rischio.

COMPETENZE INFERMIERISTICHE

ID 14

COMPETENZE RELAZIONALI INFERMIERISTICHE IN AREA NEFROLOGICA: UNA SCOPING REVIEW

Addolorata Palmisano1, Lea Godino2, Sara Morales Palomares3, Desirèe Andreoli4, Serenella Savini5, Domenica Gazineo6, Mauro Parozzi7, Gaetano Ferrara8, Giuliano Anastasi9, Marco Sguanci10, Stefano Mancin11

1UO Nefrologia e Dialisi, Ospedali Riuniti Padova Sud “Madre Teresa di Calcutta”, Monselice, Padova - Italy

2Medical Genetics Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

3Department of Pharmacy, Health and Nutritional Sciences (DFSSN), University of Calabria, - Italy

4Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia, Perugia - Italy

5Department of Health and Social Professions, Asl Roma 4, Civitavecchia, Roma - Italy

6Governo clinico e qualità, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna - Italy

7University of Milan, School of Nursing, “San Paolo” Campus, Asst Santi Paolo e Carlo, Milano - Italy

8Nephrology and Dialysis Unit, Ramazzini Hospital, Carpi - Italy

9Department of Trauma, AOU G. Martino University Hospital, Messina - Italy

10Department of Medicine and Surgery, Research Unit of Nursing Science, Università Campus Bio-Medico di Roma - Italy

11IRCCS Humanitas Research Hospital Rozzano, Milano - Italy

Introduzione: La malattia renale cronica (MRC) condiziona in modo significativo il benessere psicosociale degli assistiti. In questo contesto, il ruolo delle competenze relazionali infermieristiche assume un ruolo fondamentale al fine di creare legami empatici con gli assistiti e di migliorare il benessere e l’aderenza terapeutica. Scopi di questa scoping review (SR) erano identificare e definire le competenze relazionali degli infermieri di area nefrologica.

Materiali e metodi: Questa SR ha utilizzato il framework di Arksey e O’Malley, incorporando la metodologia JBI, in accordo con le Linee Guida PRISMA-ScR. È stata condotta una ricerca sistematica nei database scientifici di: Cochrane Central Register of Controlled Trial, PubMed (Medline), CINAHL, Embase, Scopus, Web of Science e ASSIA, includendo anche record di letteratura grigia. La valutazione della qualità e del rischio di bias è stata affrontata in accordo con il framework proposto dalla JBI. È stata inoltre condotta una consultazione di stakeholder al fine di definire un quadro standardizzato di competenze relazionali sulla base dei risultati ottenuti.

Risultati: A fronte di 6,274 articoli inizialmente selezionati, nove studi sono stati inclusi in questa SR. Sono state identificate tre principali aree cliniche in cui sono emerse competenze relazionali eterogenee: emodialisi, contesti territoriali-domiciliari e cure palliative renali. A seguito di una successiva consultazione di stakeholder facenti parte dei diversi gruppi della Società Infermieri di Area Nefrologica (SIAN) sono stati identificati sei domini di “competenze specialistiche relazionali”: Cura relazionale, Cura umanistica, Cura e conforto, Comunicazione e ascolto, Processi di fine vita e Competenze relazionali generali, ognuna con un pool di competenze relazionali standardizzate.

Conclusioni: Le competenze relazionali rivestono un importante aspetto dell’assistenza infermieristica in area nefrologica, non solo favorendo lo sviluppo di una relazione terapeutica infermiere-assistito, ma favorendo una migliore self-care, compliance e benessere psicosociale nel continuum temporale della MRC.

DIALISI PERITONEALE

ID 18

IL RE-TRAINING IN DIALISI PERITONEALE, L’ESPERIENZA DI BRESCIA

Carla Bussi, Chiara Sandrini

Istituto/Ente Di Appartenenza: Asst Spedali Civili Di Brescia - Italy

Introduzione: Il re-training è un percorso di educazione continua di cui necessitano i pazienti cronici in dialisi peritoneale al fine di mantenere una compliance soddisfacente e una buona gestione della metodica.

Materiali e metodi: Il re-training viene eseguito al paziente o al caregiver a distanza di sei mesi dall’inizio della dialisi e viene ripetuto una volta all’anno o in occasione di episodi di peritonite, attraverso un colloquio nel quale vengono valutate la conoscenza teorica e la pratica. La teoria viene valutata tramite la somministrazione di un questionario a risposta multipla; la teoria viene valutata tramite la somministrazione di un questionario a risposta multipla; la pratica, come il montaggio e stacco della dialisi, il lavaggio delle mani o della medicazione dell’exit site, vengono osservate durante l’esecuzione seguendo una chek-list. Verbalmente vengono inoltre valutate la modalità di esecuzione della doccia, la conoscenza delle norme igieniche e le principali complicanze della dialisi peritoneale.

Risultati: Nel 2023 i pazienti in carico sono stati 120; di questi, 77 hanno partecipato al re-training dal 1/1/2023 al 31/12/2023. Il 73% dei partecipanti ha risposto correttamente a tutte le risposte teoriche (argomenti delle domande: attività fisica, dieta, terapia, infezioni, conoscenza generale sulla metodica). Il 90,4% ha eseguito le manovre pratiche in modo corretto.

Conclusioni: Ripetute sessioni di re-training, effettuate dopo l’inizio della Dialisi Peritoneale, possono ridurre l’incidenza di infezioni correlate e migliorare gli outcome clinici quali la qualità di vita, la percentuale di ricoveri ospedalieri e la sopravvivenza del paziente. Nell’anno 2023 solo l’8,3% del totale dei pazienti in carico ha avuto un episodio di infezione dell’exit-site e il 14% ha avuto una peritonite.

ID 19

L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA, LA RELAZIONE DI CURA E IL VISSUTO DEI PAZIENTI IN DIALISI PERITONEALE: STUDIO QUALITATIVO

Domenico Distaso

Infermiere presso la Medicina Generale dell’Ospedale “Santa Maria degli Angeli” di Pordenone (PN) ASFO (Azienda Sanitaria Friuli Occidentale) - Italy

Introduzione: Studi recenti hanno dimostrato la validità della dialisi peritoneale rispetto all’emodialisi. Nonostante questo, solo il 10% delle persone che eseguono un trattamento dialitico sostitutivo ha scelto la dialisi peritoneale come terapia. Le testimonianze mostrano come un rapporto confidenziale e di stima reciproca tra professionista e paziente sia molto importante nelle diverse fasi di una malattia cronica.

Materiali e metodi: Studio qualitativo descrittivo che coinvolge i 22 pazienti presi in carico dall’ambulatorio della dialisi peritoneale dell’Ospedale di Pordenone, ASFO Pordenone. Per la raccolta dati un’intervista è stata redatta ad hoc per la ricerca, con lo scopo di fare emergere le motivazioni che hanno portato il paziente a scegliere questo tipo di dialisi e la soddisfazione riguardo al servizio di monitoraggio e supporto a distanza dei pazienti in dialisi peritoneale. Le interviste sono state audioregistrate e analizzate separatamente da due ricercatori, secondo il metodo Giorgi. I pazienti hanno prestato il loro consenso all’intervista. Le interviste sono state effettuate tra il 20 settembre e il 7 ottobre.

Risultati: Hanno scelto di partecipare allo studio 17 persone. Di queste, 16 eseguono APD e 1 esegue CAPD. L’età media dei pazienti è di 61 anni (range 27-83). Eseguono il trattamento di dialisi peritoneale in un range che varia da circa 1 mese a oltre 3 anni. La motivazione comune che ha spinto i pazienti a scegliere questo trattamento di dialisi è la possibilità di mantenere la propria autonomia. La totalità dei pazienti intervistati è soddisfatta del servizio e dell’assistenza medica e infermieristica dell’ambulatorio di dialisi peritoneale.

Conclusioni: Dall’analisi dei risultati è emerso come la scelta del trattamento sia dettata principalmente dal desiderio di non perdere la propria autonomia. Il rapporto amicale e di confronto continuo e i servizi offerti dal personale sono più che soddisfacenti e permettono al paziente di sentirsi più sicuro. La maggior parte dei pazienti sarebbe interessata a un ampliamento del servizio mediante l’introduzione del servizio infermieristico domiciliare specifico per i pazienti che eseguono un trattamento di dialisi peritoneale e/o all’introduzione di nuove tecnologie al fine di rendere ancora più completa l’assistenza infermieristica.

PROTOCOLLI MEDICAZIONE

ID 3

PROTOCOLLO INTEGRATO PER LA PREVENZIONE E IL TRATTAMENTO DELLE ULCERE CUTANEE NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA RENALE CRONICA

Stefano Mancin1,3, Maruska Bedin1, Elena Alterchi1, Gaetano Di Lucca1, Diego Lopane1,3, Marco Sguanci2, Beatrice Mazzoleni3

1IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano, Milano - Italy

2Department of Medicine and Surgery, Research Unit of Nursing Science, Università Campus Bio-Medico di Roma - Italy

3Department of Biomedical Sciences, Humanitas University, Pieve Emanuele, Milano - Italy

Introduzione: La Malattia Renale Cronica (MRC) rappresenta un crescente problema di salute globale, caratterizzato da diverse complicanze a breve e a lungo termine, le quali impattano significativamente sulla qualità della vita dei pazienti. Tra le molteplici manifestazioni cliniche, le ulcere cutanee emergono come una problematica di notevole rilevanza. Questo studio mira a sviluppare un protocollo di gestione delle ulcere cutanee in un centro dialisi ospedaliero, basato su una stretta collaborazione multidisciplinare, su una formazione specialistica continua e sulla figura dell’infermiere specialista in wound care al centro del progetto.

Materiali e metodi: Il protocollo è stato sviluppato sistematicamente, integrando la formazione specializzata del team multidisciplinare e ponendo enfasi sull’approccio olistico. La sua efficacia è stata valutata attraverso indicatori chiave, compresi tassi di guarigione e soddisfazione del paziente, sulla base di un precedente studio retrospettivo condotto tra il 2015 e il 2019.

Risultati: L’implementazione del protocollo ha migliorato significativamente i tassi di guarigione, ridotto le complicanze e aumentato la soddisfazione del paziente. La formazione specialistica ha potenziato il team, consentendo risposte più efficaci alle esigenze dei pazienti.

Conclusioni: Questo studio evidenzia l’efficacia di un approccio multidisciplinare nel gestire le ulcere legate alla MRC nei pazienti in emodialisi. Il protocollo, con un’enfasi sulla formazione specialistica, migliora i risultati clinici, sottolineando l’importanza della prevenzione, dell’educazione del paziente e dell’identificazione tempestiva delle ferite per ottimizzare la cura e l’esperienza del paziente.

ID 11

CASE REPORT: TRATTAMENTO MIRATO SU INFEZIONE EXIT-SITE DA SERRATIA MARCESCENS CON POLIGUANIDE E MEDICAZIONE AVANZATA ALL’ARGENTO

Silvia Cappelletti

Asst Lariana, Como - Italy

Introduzione: Le infezioni dell’exit-site di CVC in pazienti sottoposti a emodialisi sono problematiche, con la crescente resistenza di patogeni come Serratia marcescens. Studi recenti hanno evidenziato l’importanza di strategie di medicazione mirate. Ammar et al. (2019) hanno analizzato l’impatto della rimozione precoce delle medicazioni in ambiente oncologico, mentre Gilardi et al. (2020) hanno esplorato l’efficacia delle medicazioni a rilascio di clorexidina nel controllo della colonizzazione batterica.

Materiali e metodi: Abbiamo adottato un trattamento locale per un’infezione dell’exit-site di CVC in una donna diabetica, impiegando Prontosan soluzione e Wound Gel X, seguiti da medicazioni a base di argento. Questo approccio si ispira ai risultati di studi come quelli di Gilardi et al. (2020) e Silveira et al. (2019), che hanno valutato diverse medicazioni per prevenire infezioni correlate al catetere. In particolare, le medicazioni a base di argento sono state scelte per la loro comprovata efficacia antimicrobica.

Risultati: Il trattamento ha mostrato un miglioramento significativo nelle condizioni dell’exit-site, con riduzione delle secrezioni e dei segni di infiammazione. Questi risultati supportano le scoperte di studi come quello di Rahman Khan et al. (2023) e Salem et al. (2021), che hanno identificato il diabete come fattore di rischio per infezioni correlate al catetere. Inoltre, Shrivastava e Gupta (2020) hanno evidenziato una significativa associazione tra il diabete e l’incidenza di infezioni da CVC.

Conclusioni: Il trattamento mirato con poliguanide e medicazioni a base di argento si è dimostrato efficace nel gestire l’infezione dell’exit-site in una paziente diabetica, in assenza di sintomi sistemici. Questo caso sottolinea l’importanza di terapie personalizzate nel trattamento delle infezioni da CVC, in particolare in pazienti con comorbidità come il diabete. I risultati suggeriscono che l’approccio terapeutico adottato può essere particolarmente utile in contesti clinici dove la resistenza agli antibiotici e le comorbidità del paziente giocano un ruolo cruciale.

TRAPIANTO

ID 02

QUALITÀ DI VITA E BENESSERE PSICOSOCIALE DEL DONATORE DI RENE: UNA SCOPING REVIEW

Stefano Mancin1,3, Giada De Colle1, Elena Alterchi1, Diego Lopane1,3, Alessandra Dacomi1,3, Daniela Cattani1,3, Chiara Coldani1,3, Giuseppina Tomaiuolo1,3, Francesco Reggiani1,3, Marta Calatroni1,3, Giuliano Anastasi2, Camilla Crippa1, Beatrice Mazzoleni3

1IRCCS Humanitas Research Hospital, Rozzano, Milano - Italy

2Department of Trauma, AOU G. Martino University Hospital, Messina - Italy

3Department of Biomedical Sciences, Humanitas University, Pieve Emanuele, Milano - Italy

Introduzione: La Malattia Renale Cronica (MRC) è una condizione progressiva che colpisce circa il 10-15% della popolazione generale. Sebbene il trapianto renale rappresenti l’opzione terapeutica più efficace, attualmente i trapianti da donatori viventi sono significativamente meno frequenti rispetto a quelli da donatori deceduti. Questo studio mira ad analizzare gli impatti sulla qualità della vita (QoL) e gli aspetti psicosociali dei donatori di rene viventi.

Materiali e metodi: È stata condotta una scoping review, secondo il framework proposto da Arksey e O’Malley. La metodologia JBI è stata integrata nella conduzione dello studio e per la valutazione della qualità e del rischio di bias degli studi inclusi.

Risultati: Sono stati analizzati 5.014 record provenienti nelle banche dati di: Cochrane Library, PubMed, CINAHL ed Embase, includendo un articolo da fonti di letteratura grigia; di questi, dieci sono stati inclusi nella presente revisione. Dagli studi selezionati, emerge che la QoL tra i donatori viventi di rene potrebbe subire un impatto negativo dopo l’intervento chirurgico, mostrando una riduzione nei punteggi legati alla funzione fisica e alla salute generale; tuttavia, alcuni studi indicano punteggi più elevati per i donatori. Il dolore cronico è stato osservato nel 5,7% dei donatori, principalmente localizzato nella regione lombare. Ansia e depressione sono emerse in percentuali variabili, comprese tra il 16% e il 43,4%. Tuttavia, è confortante osservare che, dopo un anno dalla donazione, i donatori tendono a riportare una crescita dei punteggi sia fisici che mentali, suggerendo una graduale risoluzione delle preoccupazioni iniziali e un ritorno alla normalità.

Conclusioni: L’intervento chirurgico può influenzare la QoL tra i donatori viventi di reni, con un’enfasi specifica sulla fatica fisica. Fattori come l’età, l’origine e il livello di istruzione possono influenzare la percezione della qualità della vita. Promuovere una consapevolezza e un’informazione maggiori riguardo alla donazione di reni viventi è essenziale.

CASE REPORT

ID 01

ALLESTIMENTO DI FISTOLA ARTEROVENOSA ENDOVASCOLARE PER EMODIALISI: PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO E GESTIONE INFERMIERISTICA

Grazia Caradonna1, Anna Nocero1, Romina De Martino1, Serena De Candia1, Maria Antonia Vannella1, Marco Taurisano2, Filomena D’Elia2, Alessandro Mascolo1, Francesco Paganelli1, Vincenzo Giancaspro

1UOSD Nefrologia e Dialisi P.O. Molfetta (BA) - Italy

2UOC Nefrologia e Dialisi P.O. Bari Sud, ASL BA, Bari - Italy

Introduzione: Gli uremici cronici in emodialisi (HD) necessitano di un adeguato accesso vascolare per uno svolgimento efficiente del trattamento depurativo. La fistola arterovenosa (FAV) è attualmente considerata il “gold standard”. Infatti l’accesso arterovenoso ottenuto anastomizzando un’arteria e una vena nativa per creare una fistola arterovenosa (FAV) è la scelta preferita nel lungo termine poiché associata a un miglior tasso di pervietà a lungo termine e a un minor numero di complicanze (infezioni e trombosi) rispetto al catetere venoso centrale (CVC) o a una protesi vascolare. Le FAV vengono confezionate con tecnica “open surgery” principalmente sfruttando il patrimonio vascolare dell’avambraccio, suddividendosi, a seconda della localizzazione dell’anastomosi, in distali, middle arm e prossimali. Oggi insieme al confezionamento tradizionale della FAV, si sta facendo spazio l’approccio chirurgico per via endovascolare, basato, cioè, su due sistemi innovativi di cateterismo endovascolare: il sistema WavelinQ™ 4F EndoFAV (DB-Becton, Dickinson and Company, NJ, USA) e il sistema Ellipsys® (Avenu Medical, San Juan Capistrano, CA, USA).

Riportiamo il caso di un paziente sottoposto a intervento di endoFAV con sistema Ellipsys che è un dispositivo di resistenza termica che consente l’anastomosi arterovenosa dell’arteria radiale prossimale e della vena perforante. L’approccio percutaneo (endoFAV) permette di raggiungere il confezionamento dell’anastomosi evitando l’open surgery.

Metodologia: Per l’allestimento dell’endoFAV mediante sistema Ellipsys, si eseguiva preliminarmente, previo posizionamento di laccio emostatico, lo studio morfologico e funzionale mediante EcocolorDoppler dei vasi nativi dell’avambraccio sinistro del paziente, mediante sonda lineare 7.5 mHz, al fine di verificare i criteri di inclusione alla procedura endovascolare (Tab. 1). Il materiale necessario per l’esecuzione della endoFAV: Ago introduttore 21 G × 7 cm, Filo Guida per accesso introduttore, Introduttore valvolato 6 Fr, Filo guida nitinol 0,014, Catetere Ellipsys, Power Controller (energia elettromagnetica, termo coagulazione), Balloon semi-compliante 5 mm × 20 mm, Indeflator.

Risulati - Caso Clinico: Il paziente maschio di 61 anni con End Stage Renal Disease (ESRD), eseguiva un primo allestimento di FAV Latero-Terminale Distale Avambraccio Destro con failure precoce. Pertanto il paziente veniva avviato a trattamento emodialitico con ritmo trisettimanale mediante Catetere Venoso Centrale (CVC) definitivo con accesso in Vena Giugulare Interna destra. Al fine di migliorare l’efficienza dialitica e la qualità di vita del paziente veniva proposto nuovo confezionamento di FAV, ma alla valutazione EcoColorDoppler si riscontrava assenza di patrimonio venoso valido per eseguire FAV distale o midarm; a destra assenza di cefalica del braccio. Si proponeva pertanto endoFAV mediante sistema Ellipsys®. Circa dopo 1 mese dall’intervento si riscontrava Portata: 613 mL/min, diam. v. basilica 0,63 cm e v. cefalica 0,57 cm, indice di resistenza 0,45. La venipuntura è avvenuta sotto guida ecografica prima da parte di un unico operatore infermieristico e successivamente da parte degli altri operatori con la supervisione dello stesso, in modo da ottenere addestramento dell’intero Team. Il CVC definitivo è stato quindi rimosso.

Conclusioni: EndoFAV può essere una opzione in pazienti che rispondono a precisi criteri ecografici in caso di insuccesso di FAV distale. Tale procedura ha permesso: di minimizzare il trauma vascolare legato alla “Chirurgia Open” (iperplasia neo-intimale con conseguente stenosi venosa); di ottenere un ottimo risultato estetico, per l’assenza di cicatrici chirurgiche (importante soprattutto in pazienti giovani); di ridurre rischi infettivi rispetto al CVC giugulare tunnellizzato e complicanze cardiovascolari legati a FAV prossimali spesso ad alta portata. L’endoFAV rappresenta in casi selezionati una valida opzione terapeutica e va gestita da un team infermieristico dedicato con il supporto ecografico per garantire una venipuntura ottimale e una conseguente adeguata Performance Dialitica.

MISCELLANEA

ID 12

PROMUOVIAMO LA SALUTE: LA NEFROLOGIA DELL’OSPEDALE DELL’ANGELO INCONTRA LA CITTADINANZA

Giovanna Dainese1, Paolo Fondacci1, Dario Lunetta1, Manola Manente1, Giulia Orbana1, Claudia Vivian1, Alessandra De Marchi1,2, Mauro Dugo1,3

1ASL 3 Serenissima U.O.S. Emodialisi O.C. dell’Angelo Mestre (VE) - Italy

2Coordinatrice U.O.S. Emodialisi O.C. dell’Angelo Mestre (VE) - Italy

3Direttore U.O.S. Emodialisi O.C. dell’Angelo Mestre (VE) - Italy

Introduzione: Per ottenere una sanità sostenibile e di qualità è necessario investire nella prevenzione promuovendo l’alfabetizzazione sanitaria, facilitando stili di vita sani e avvicinando i servizi alla cittadinanza.

In occasione della Giornata del rene, il nostro Servizio promuove l’iniziativa Porte aperte in nefrologia, rivolta al cittadino. Dalla rilevazione dei dati, è emersa una minore adesione nel 2023 rispetto al 2019. Per il 2024 il nostro obiettivo è quello invertire la tendenza.

Materiali e metodi:

  • Coinvolgimento di associazioni di volontariato.
  • Realizzazione di un video promozionale.
  • Distribuzione e pubblicazione degli inviti sui social media e nei punti di maggiore afflusso.
  • Organizzazione di “Porte aperte in Nefrologia” che prevede misurazione dei parametri vitali, esame delle urine, valutazione di peso, altezza e Body Mass Index (BMI) e colloqui con infermieri e nefrologi.

Risultati: Nel 2023 abbiamo avuto una riduzione della partecipazione del 35% rispetto al 2019. Nel 2024 auspichiamo un aumento di almeno il 30% rispetto al 2019.

Conclusioni: Chi soffre di un disturbo renale spesso tende a sottovalutarlo, con il rischio di sviluppare un’insufficienza renale e le patologie correlate. Quindi è necessario educare la cittadinanza sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.

La prevenzione non si fa con un esame in più, ma sensibilizzando la popolazione a una partecipazione attiva nella gestione della propria salute.