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G Clin Nefrol Dial 2024; 36: 1-6

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2024.3017

ORIGINAL ARTICLE

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Complicanze infettive nel ricevente di trapianto renale

1Azienda Usl Toscana Centro, S.O.C. Nefrologia e Dialisi, Firenze I ed Empoli, Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio, Firenze - Italy

2Professore di Nefrologia già Direttore Nefrologia e Trapianto, Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze - Italy

Infective complications in the renal transplant recipients

Infections remain a common complication of solid-organ transplantation and are a major factor of morbidity and mortality in renal transplant recipients.

The incidence of infection in renal transplant patients is directly related to the net immunosuppressive effect achieved and the duration of the administration of immunosuppressive therapy.

The major types of infections can be categorized according to the time post-transplant during which they occur: in the first month after transplantation post-surgical bacterial infections and in the period from one to four months post-transplant opportunistic infections, overall cytomegalovirus; late infections, beyond 6-12 months, are community-acquired infections.

Opportunistic infections (like Pneumocystis carini, Listeria monocytogenes, and Aspergillus fumigatus) most frequently occur in the first 12 months post-transplant and can be modulated by prior exposures and the use of prophylaxis.

Indirizzo per la corrispondenza:
Giuseppina Rosso
email: giuseppina.rosso@uslcentro.toscana.it

Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

© 2024 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).
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Introduzione

Grazie all’avanzamento delle tecniche chirurgiche e dei regimi immunosoppressivi di induzione e mantenimento, negli ultimi anni l’outcome del trapianto renale è fortemente migliorato. La necessità, però, di un regime immunosoppressivo a lungo termine, fa sì che le infezioni rimangano ancora oggi un’importante complicanza del trapianto renale (1) rappresentando la seconda causa di morte nei riceventi di trapianto renale oltre a essere associate a una riduzione della sopravvivenza del graft (2,3).

Donatori marginali, donatori a cuore fermo, citomegalovirus-positivi (CMV+), riceventi <= 18 o >= 50 anni, sesso femminile del ricevente, età dialitica, lupus eritematoso sistemico (LES) o diabete mellito come causa di insufficienza renale cronica (IRC) terminale sono stati identificati come fattori che aumentano il rischio di infezioni post-trapianto (4).

Intervenendo, dunque, su screening pretrapianto di ricevente e donatore, vaccinazioni e profilassi e tramite una buona sorveglianza post-trapianto, possiamo ridurre il tasso di infezioni post-trapianto renale.

Tempistica delle infezioni

Celebre è il lavoro di Fishman e Rubin che suddivide il rischio di presentare un’infezione in relazione al periodo post-trapianto di organo solido (5) (Tab. 1).

I fattori che influiscono sul tempo di insorgenza delle infezioni sono molteplici e vanno da fattori riguardanti donatore e ricevente, come infezioni o immunità preesistente, all’uso di antimicrobici o allo stato di immunosoppressione.

Lo stato di immunosoppressione non deriva esclusivamente dai farmaci antirigetto, ma risulta dall’insieme di questi, di tutti gli agenti utilizzati nella storia di malattia renale e di quelli utilizzati eventualmente come trattamento di induzione e trattamento del rigetto.

Infezioni precoci

Riguardano il primo mese post-trapianto.

Nel 98% dei casi sono legate alla procedura chirurgica, a infezioni della ferita chirurgica, a polmoniti nosocomiali, a infezioni delle vie urinarie, a batteriemie correlate soprattutto al catetere venoso centrale (CVC) e all’enterocolite da Clostridium difficilis (6).

Anche le infezioni derivanti dal ricevente come infezioni virali respiratorie o batteriemie occulte si manifestano nei primi 30 giorni post-trapianto.

Le infezioni derivate dal donatore (anche se rare, 0,2%) sono quelle presenti nel donatore e trasmesse al ricevente con il trapianto dell’organo solido (7,8). Queste possono essere attese, come CMV ed Epstein Barr virus (EBV), per uno stato di positività del donatore, o inattese.

TABELLA 1 - Comuni infezioni correlate al periodo post-trapianto
Infezioni precoci
0-30 giorni post-trapianto
Infezioni durante il picco immunosoppressivo: 31-365 giorni post-trapianto Infezioni tardive
> 365 giorni post-trapianto

Infezioni nosocomiali
– MDRO: MRSA, VRE, ESLB/CRE
– Colite da C. difficilis
– Infezioni della ferita chirurgica
– Infezioni CVC-correlate

Infezioni derivate dal donatore
Decorso post-trapianto atipico
P. es., LCMV (Lymphocytic Choriomeningitis virus),WNV (West Nile Virus), T. cruzi, HCV, batteriemia, micosi endemiche

Infezioni derivate dal ricevente
Già in incubazione o colonizzazione
– Influenza, pseudomonas, aspergillo

In corso di terapia profilattica
– Polyomavirus
– HCV
– Cryptococcus neoformans
– M. tuberculosis
– Strongyloides
– Leishmania
– PTLD

Dopo sospensione profilassi
– Pneumocystis
– Herpesvirus (CMV, HSV, VZV)
– HBV
– Listeria, Nocardia, Toxoplasmosi
– Infezioni acquisite in comunità (infezioni tratto urinario (UTI), polmoniti, colite da C. difficilis)

Infezioni opportunistiche
Quando si presentano bisogna chiedersi perché si verificano tardivamente
– CMV
– JC/PML
– PTLD/EBV
– Nocardia

Infezioni acquisite in comunità
– WNV
– Polmoniti
– UTI
– Influenza
– Aspergillo, funghi atipici
– HBV o HCV

Il riconoscimento di una potenziale infezione occulta del donatore è essenziale in quanto può coinvolgere tutti i riceventi di organi dello stesso donatore (9).

I-IV mese post-trapianto o entro i 3 mesi dal trattamento del rigetto

È il periodo caratterizzato dal picco immunosoppressivo e le infezioni sono prevalentemente correlate ai patogeni opportunistici o che si riattivano da infezioni latenti nel ricevente come BK virus, CMV, herpes simplex virus (HSV), varicella zoster virus (VZV), epatite B virus (HBV), epatite C virus (HCV), tubercolosi, listeria, strongiloidiasi e malattia di Chagas.

I pazienti con regime di induzione più potente hanno un rischio più esteso di andare incontro a tali infezioni (10-5).

Oltre i 6-12 mesi post-trapianto oppure oltre i 3 mesi dal trattamento del rigetto

Sono soprattutto infezioni acquisite in comunità come polmoniti, infezioni respiratorie e virali e infezioni del tratto urinario (IVU). Raramente infezioni opportunistiche possono presentarsi in questo periodo, includendo leucoencefalopatia multifocale progressiva o pneumocystis jiroveni (11).

Infezioni virali

Alcuni esempi di tali infezioni sono:

l’HCV: la maggior parte dei pazienti viene trattata prima del trapianto, rendendo la gestione dell’HCV post-trapianto un problema raro, a eccezione della trasmissione dell’HCV da donatori positivi (12) e per cui studi recenti suggeriscono la possibilità di trattare l’HCV in questo contesto, con un ciclo di terapia più breve (13);

le infezioni virali respiratorie, tra cui l’influenza, il virus respiratorio sinciziale e il COVID-19: possono provocare infezioni gravi nei pazienti sottoposti a trapianto di rene, ma spesso sono autolimitanti (14). I vaccini contro l’influenza sono raccomandati a tutti i riceventi di trapianto e ai loro contatti stretti;

l’EBV: è un herpesvirus umano che infetta circa il 90% degli adulti. L’infezione primaria è comunemente asintomatica. L’EBV rimane latente nei linfociti B, ma può riattivarsi dopo il trapianto sia come viremia asintomatica che come sindrome da mononucleosi infettiva o anche come epatite, miocardite e pancreatite. La maggior parte delle infezioni sintomatiche nei pazienti sottoposti a trapianto di rene è costituita da infezioni primarie, probabilmente correlate alla riattivazione del virus del donatore. La manifestazione più preoccupante dell’EBV è rappresentata dai disordini linfoproliferativi post-trapianto (PTLD) (15,16).

Le attuali Linee Guida raccomandano lo screening di routine per l’EBV nei riceventi di trapianto di rene ad alto rischio (donatore EBV sieropositivo [D+]/ricevente EBV sieronegativo [R−]) mediante test dell’acido nucleico (17).

Alla base della gestione dell’EBV/PTLD vi è la riduzione dell’immunosoppressione, che porta alla regressione della malattia nel 20-80% dei casi. L’immunoterapia adottiva con linfociti T specifici per EBV è un’opzione terapeutica emergente (18).

Citomegalovirus

Il CMV è un herpesvirus umano ubiquitario, con un tasso di sieroprevalenza del 30-97% (19,20). Il rischio di infezione o di malattia da CMV dopo il trapianto è determinato principalmente dallo stato sierologico del CMV del donatore e del ricevente (dal rischio più alto a quello più basso: D+/R−, D+/R+, D−/R+, D−/R−) (20,19). Con le attuali strategie preventive, l’incidenza è di circa il 17-37%, con il rischio più elevato nei primi 100 giorni (21).

Le strategie chiave per la prevenzione del CMV sono la profilassi universale, la terapia preventiva e un approccio ibrido noto come “sorveglianza dopo la profilassi” (20).

Il valganciclovir orale è il farmaco di profilassi più comunemente utilizzato, con una dose raccomandata di 900 mg al giorno e una riduzione della dose per la disfunzione renale (19,20). La maggior parte delle Linee Guida raccomanda 100 giorni di profilassi per i pazienti a rischio intermedio e 200 giorni di profilassi per i pazienti ad alto rischio (22). La malattia da CMV può colpire molti organi, più comunemente il tratto gastrointestinale, il fegato, il pancreas e il polmone. L’infezione e la malattia da CMV sono state associate a un rischio più elevato di mortalità e di perdita del trapianto (23).

La gestione del CMV prevede la riduzione dell’immunosoppressione e la terapia antivirale. Gli antimetaboliti possono essere interrotti o ridotti, a seconda del profilo immunologico del ricevente. La terapia di prima linea per il CMV è valganciclovir o ganciclovir per via endovenosa. Gli agenti di seconda linea utilizzati in caso di infezione resistente includono foscarnet, ganciclovir ad alte dosi e cidofovir, il cui utilizzo è comunque limitato a causa della loro tossicità. La recente introduzione di nuovi agenti tra cui maribavir e letermovir nonché l’uso della terapia adottiva con cellule T possono migliorare l’esito delle infezioni resistenti nei pazienti sottoposti a trapianto di organo solido.

Letermovir blocca l’enzima del CMV denominato “terminasi”, coinvolto nell’impacchettamento del DNA nei rivestimenti proteici del virus. Bloccando l’enzima, il farmaco impedisce al virus di svilupparsi correttamente e di infettare altre cellule.

La Commissione Europea ha autorizzato l’immissione in commercio di letermovir per la profilassi della riattivazione dell’infezione da CMV e della malattia da CMV negli adulti CMV-positivi sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HSCT). Inoltre, in Europa, USA e Giappone, il farmaco ha ottenuto la designazione di farmaco orfano per la prevenzione della malattia da CMV nelle popolazioni a rischio.

Poliomavirus

Il poliomavirus BK è un poliomavirus umano la cui infezione primaria si verifica durante l’infanzia, con l’80-90% di adulti esposti (24). Il virus rimane latente nei tubuli renali e nell’uroepitelio.

Negli ospiti immunocompromessi, la malattia può progredire da viruria asintomatica a viremia e malattia invasiva d’organo. Tra quelli con viruria persistente ed elevata carica virale urinaria, il 10-20% sviluppa viremia dopo poche settimane. La nefropatia associata al poliomavirus BK si verifica in pazienti con viremia persistente ad alto titolo, tipicamente > 10.000 copie/mL, ed è riscontrata nell’1-10% di tutti i pazienti sottoposti a trapianto di rene (24,25). Si verifica più comunemente nel primo anno post-trapianto, quando il grado di immunosoppressione è massimo. Le attuali Linee Guida raccomandano uno screening post-trapianto di routine per la viremia BK mensilmente per 9 mesi e poi ogni 3 mesi fino a 2 anni dopo il trapianto. La biopsia renale rappresenta il gold standard per la diagnosi di nefropatia da poliomavirus BK ed è utile per valutare la gravità della malattia, la cronicità e il rigetto concomitante. La pietra angolare della gestione della viremia e della nefropatia da BK è la riduzione dell’immunosoppressione (26). Altri trattamenti aggiuntivi utilizzati con vari gradi di successo includono immunoglobuline per via endovenosa, leflunomide e cidofovir (24), anche se non è dimostrata la loro superiorità rispetto alla sola riduzione dell’immunosoppressione (27).

La perdita del trapianto si verifica nel 15-50% dei casi di nefropatia associata a poliomavirus BK. Il ruolo della nefrectomia prima di un secondo trapianto non è ben definito, ma può essere preso in considerazione nei pazienti con viremia persistente (28).

Infezioni batteriche

Comprendono infezioni chirurgiche, polmoniti nosocomiali, batteriemie soprattutto CVC-correlate, diarrea e/o coliti da Clostridium difficilis, infezioni delle vie respiratorie da Legionella pneumophila e da Streptococcus pneumoniae e infezioni urinarie.

Infezioni del tratto urinario

Le infezioni del tratto urinario sono le infezioni più comuni nei pazienti sottoposti a trapianto di rene. Si verificano più comunemente nel primo anno dopo il trapianto, con una prevalenza che varia ampiamente dal 7% all’80% (29) e con un’incidenza maggiore nelle donne. I batteri Gram-negativi sono responsabili del 90% dei casi e tra questi Escherichia coli è il più comune (30). Oltre a questo, Pseudomonas aeruginosa, stafilococchi coagulasi-negativi ed Enterobacter cloacae sono gli altri più comuni isolati nelle prime 3-5 settimane post-trapianto, mentre Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium e Klebsiella pneumoniae sono gli altri più comuni isolati dopo 6 settimane post-trapianto (31).

Le infezioni delle vie urinarie post-trapianto di rene possono essere classificate come batteriuria asintomatica, infezioni delle vie urinarie non complicate/cistite semplice, infezioni delle vie urinarie complicate/pielonefrite o infezioni delle vie urinarie ricorrenti. La batteriuria asintomatica viene diagnosticata mediante un’urinocoltura di screening senza sintomi concomitanti. Le attuali Linee Guida sconsigliano l’esecuzione di colture di urina di sorveglianza o il trattamento della batteriuria asintomatica nella maggior parte dei pazienti sottoposti a trapianto di rene. Tuttavia, se due campioni di urina consecutivi contengono una carica > 105 di unità formanti colonie (UFC) dello stesso uropatogeno nei primi 2 mesi successivi al trapianto, può essere necessario un trattamento antibiotico per 5 giorni (32).

Le IVU non complicate vengono diagnosticate in pazienti con sintomi del tratto urinario inferiore e un’urinocoltura positiva. I riceventi di trapianto con sintomi clinici di cistite possono essere trattati con antibiotici orali a base dell’organismo isolato per 5-7 giorni (32). Le infezioni delle vie urinarie complicate si presentano con sintomi sistemici (febbre, brividi, malessere, nausea, vomito) e/o dolore a carico dell’allotrapianto con un’urinocoltura positiva. La batteriemia può essere presente in circa il 10% dei casi. Il trattamento comprende antibiotici parenterali empirici ad ampio spettro, che possono essere ridotti al trattamento definitivo una volta identificati i microorganismi responsabili e la loro sensibilità (32).

Le IVU ricorrenti sono definite come tre o più episodi in 1 anno o due o più episodi in 6 mesi. L’ostruzione delle vie urinarie dovuta a stenosi o calcoli, stent urinari a permanenza, cisti renali complesse, reflusso vescico-ureterale e disfunzione vescicale possono provocare infezioni delle vie urinarie ricorrenti. La profilassi antibiotica ha un’efficacia limitata nei pazienti sottoposti a trapianto di rene (33) e aumenta il rischio di insorgenza di farmacoresistenze.

IVU causate da organismi multiresistenti, come enterobatteriacee produttrici di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) o di carbapenemasi, Pseudomonas aeruginosa carbapenemasi-produttori e/o MDR, Acinetobacter bawmannii MDR, stafilococchi meticillino-R ed enterococchi vancomicino-R, stanno aumentando in pazienti sottoposti a trapianto di rene. Questo comporta la necessità di ricorrere a farmaci preziosi dal punto di vista ecologico (carbapenemi) o a farmaci “abbandonati”, in quanto gravati da importanti effetti collaterali (p. es., colistina). La fosfomicina e la nitrofurantoina sono agenti orali che mantengono un’attività antimicrobica ad ampio spettro e possono essere utilizzati con giudizio nei pazienti con cistite (29).

Complessivamente, si può affermare che il trattamento delle infezioni batteriche nel paziente trapiantato di rene non sempre prevede l’impiego di una terapia antibiotica o che comunque la terapia antibiotica rappresenta una delle armi da utilizzare ma in associazione con altri provvedimenti (isolamento da contatto di pazienti portatori di patogeni multiresistenti, corretta gestione dei device intravascolari o intraurinari, varietà nell’utilizzo della terapia antibiotica, ecc.), in linea con una corretta applicazione dei principi di antibiotic stewardship (34,35).

Infezioni fungine

La terapia immunosoppressiva cronica agisce anche come fattore favorente per lo sviluppo di infezioni fungine.

Aspergillus e Pneumocystis possono incidere soprattutto dopo almeno un mese dal trapianto di organo solido. Tuttavia, il vero patogeno fungino temibile, nello specifico, per il paziente trapiantato di rene è rappresentato da Candida spp. in considerazione del possibile sviluppo di candidemia ma anche di candiduria e, di conseguenza, del rischio di cistiti e pielonefriti fino alle infezioni a livello delle anastomosi vascolari del graft e del conseguente rischio per la rottura di arterie renali (36,37).

Il principale fattore di rischio per lo sviluppo delle infezioni delle vie urinarie da Candida è rappresentato dalla presenza del catetere vescicale (38).

Non vi è chiarezza in merito all’indicazione o meno di un trattamento della candiduria asintomatica.

Per quanto riguarda le cistiti da Candida viene raccomando l’utilizzo di fluconazolo in monoterapia.

Per il trattamento delle candidemie il ruolo preminente è quello delle echinocandine rispetto alle altre molecole. Nel caso di pielonefriti da Candida la raccomandazione più forte è rappresentata dal fluconazolo, associato o meno alla flucitosina.

Prevenzione

Alla base della prevenzione delle complicanze infettive nel ricevente di trapianto di organo solido si trovano le comuni norme di igiene che prevedono il lavaggio delle mani, la cura nella preparazione del cibo, l’abolizione della carne poco cotta e l’eliminazione rigorosa dell’acqua non potabile. Adeguata attenzione dovrebbe essere posta anche alla cura degli animali domestici e ai comportamenti che aumentano il rischio di infezioni trasmesse sessualmente e dovrebbero essere fornite adeguate informazioni sulla prevenzione e sulle vaccinazioni consigliate, come quella contro l’epatite B e quella contro il papillomavirus umano. Dovrebbe essere prestata ulteriore attenzione alle malattie prevenibili con la vaccinazione, soprattutto a quelle che aumentano con i viaggi (Tab. 2), alla vaccinazione annuale contro l’influenza, alla vaccinazione di routine contro l’herpes zoster degli adulti e ai richiami per tetano e pertosse.

TABELLA 2 - Vaccinazione post-trapianto per i pazienti sottoposti a trapianto di rene
Vaccinazione di routine Vaccinazione correlata ai viaggi
Influenza Influenza
Epatite B Epatite B
Epatite A Epatite A
Tdap (difterite/tetano/pertosse) Tdap (difterite/tetano/pertosse)
Streptococcus pneumoniae (coniugato) Rabbia
Streptococcus pneumoniae (polisaccaride) Encefalite giapponese
Virus del papilloma umano Salmonella typhi (intramuscolare, inattivato: vaccino polisaccaridico tifo VI
Herpes zoster (varicella, subunità: Shingrix)

I vaccini legati al viaggio dovrebbero essere determinati sulla base della destinazione prevista, delle attività pianificate, delle precedenti prove di sieroprotezione (virus dell’epatite A/virus dell’epatite B) e del tempo trascorso dalla precedente vaccinazione.

Disclosures

Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.

Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.

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