G Clin Nefrol Dial 2023; 35: 38-34 ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2023.2628 REVIEW |
Il ruolo cruciale del nefrologo nella gestione della gravidanza per le donne affette dalla malattia del rene policistico autosomico dominante dell’adulto
The crucial role of the nephrologist in the management of pregnancy in women with adult autosomal dominant polycystic kidney disease
Autosomal dominant polycystic kidney disease (ADPKD) is a genetic kidney disease characterized by gradual kidney enlargement and progressive renal function loss. Pregnancy is a significant risk factor for adverse maternal and fetal outcomes in chronic kidney disease (CKD), regardless of the nephropathy. Women with ADPKD often face concerns about worsening their renal condition and passing the disease on to their offspring. Recent studies show better outcomes due to improved pregnancy surveillance and prior counseling. Risk factors for poor fetal and maternal outcomes include advanced maternal age, pre-existing hypertension, urinary infections, proteinuria, and renal failure.
Collaboration between nephrologists and gynecologists is essential for addressing clinically significant concerns in pregnant women with ADPKD. Nephrologists should play an active role in assisting and supporting pregnant ADPKD patients as part of a multidisciplinary team.
Keywords: APDKD, Counseling, CKD, Pregnancy
Received: July 3, 2023
Accepted: July 3, 2023
Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd
© 2023 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).
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Introduzione
La malattia del rene policistico autosomico dominante dell’adulto (autosomal dominant polycystic kidney disease, ADPKD) è la malattia renale geneticamente determinata più frequente. Circa 12 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di ADPKD, facendone la quarta causa di dialisi tra le diverse patologie renali (1).
I geni responsabili dell’ADPKD, vale a dire PKD1 e PKD2, sono stati individuati oltre 20 anni fa (2). Tuttavia, studi più recenti si concentrano sulla ricerca di altri possibili geni correlati ai fenotipi incerti o difficilmente classificabili. Ogni figlio di un individuo eterozigote per una variante patogena dell’ADPKD ha il 50% di probabilità di ereditare la malattia. Oltre ai geni, sono stati identificati fattori molecolari, cellulari ed epigenetici che contribuiscono allo sviluppo dell’ADPKD.
Nel corso della vita, gli individui affetti sviluppano progressivamente cisti renali, con un aumento graduale del volume renale complessivo e una progressiva perdita di funzionalità, anche se spesso non manifestano sintomi fino a un’età più avanzata. Le manifestazioni cliniche dell’ADPKD includono ipertensione arteriosa, ingombro addominale, dolore cronico al fianco o lombare, ematuria macroscopica, cisti epatiche e pancreatiche, anomalie vascolari, diverticolosi del colon, infezioni ricorrenti delle vie urinarie e nefrolitiasi. Di solito, i sintomi si presentano nella terza o nella quarta decade di vita e l’insufficienza renale cronica terminale si sviluppa di solito entro 5-10 anni dall’insorgenza della malattia renale.
Considerando la natura ereditaria della patologia e il quadro clinico associato, la gravidanza rappresenta spesso una delle principali preoccupazioni per le donne affette da ADPKD. Esse temono di peggiorare la propria condizione renale o di sviluppare altre complicanze, oltre alla possibilità di trasmettere la malattia ai propri figli.
In questa review ci siamo pertanto proposti di rivedere la letteratura in merito ad ADPKD e gestazione che ancora oggi è piuttosto scarsa e, alla luce dei dati disponibili e della nostra esperienza riguardo a questa patologia, di incentivare il ruolo del nefrologo nella gestione multidisciplinare della gravidanza nelle donne affette da ADPKD.
ADPKD e il desiderio di maternità
Nelle donne affette da ADPKD con una funzionalità renale normale, la fertilità non risulta alterata (3). Tuttavia, negli uomini, la fertilità può essere leggermente compromessa a causa di anomalie degli spermatozoi o della presenza di cisti nel tratto seminale distale (4,5).
Dalla letteratura emerge che le donne con policistosi renale tendono ad avere meno gravidanze. Infatti, solo il 45% delle pazienti in età fertile ha l’intenzione di avere figli, un numero ancora inferiore se le donne presentano già un’insufficienza renale cronica (chronic kidney disease, CKD) (6,7). Questa ridotta propensione alla maternità è correlata principalmente alla preoccupazione riguardante l’ereditarietà della malattia.
L’età media al primo parto risulta simile tra le donne con policistosi renale e la popolazione generale. Tuttavia, le pazienti affette da ADPKD tendono ad avere un numero inferiore di gravidanze, in media soltanto una, rispetto alla popolazione generale (8).
Counseling
Quando si pianifica una gravidanza, le donne affette da ADPKD devono affrontare decisioni complesse riguardanti la propria salute, nonché gli esiti per la futura prole, inclusa l’ereditarietà della malattia, oltre alle aspettative dei partner e delle famiglie (9). Tuttavia, talvolta l’attenzione e il giudizio sui rischi possono sopraffare la speranza e la positività, portando alla rinuncia. Pertanto, è fondamentale che la discussione sulla gravidanza e la sua pianificazione facciano parte della routine dell’assistenza clinica per tutte le donne affette da ADPKD, soprattutto se già affette da CKD (10,11). È necessaria una valutazione personalizzata del rischio, che comprenda la valutazione della funzionalità renale, della proteinuria e della pressione arteriosa. Inoltre, l’esecuzione di un’ecografia renale, se non è stata effettuata nell’ultimo anno, può essere utile per determinare l’estensione delle cisti e confrontarla con i progressi durante la gravidanza (12).
Un altro aspetto di grande importanza riguardante la gravidanza è l’ereditarietà della malattia. A causa dell’elevata probabilità di trasmissione della malattia, le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) possono rappresentare un’opzione allettante per le pazienti con ADPKD che desiderano avere figli sani. Tuttavia, solo il 41% dei nefrologi (e solo il 23% dei nefrologi pediatrici) propone attivamente la PMA alle pazienti. È quindi essenziale che i nefrologi, sia quelli che si occupano di pazienti adulti che quelli che si occupano di pazienti pediatrici, aumentino la loro conoscenza dei test genetici preimpianto al fine di personalizzare al massimo le cure per i pazienti affetti da malattie renali monogeniche e le loro famiglie (13,14).
Tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA)
Al fine di facilitare le decisioni riguardanti la pianificazione familiare e di migliorare l’accesso a tali servizi, è opportuno fornire alle pazienti informazioni dettagliate sulle opzioni relative alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) (6,13,15). Negli ultimi decenni, la fecondazione in vitro di terza generazione (IVF) e il test genetico preimpianto (PGT) sono stati utilizzati con successo per garantire la nascita di bambini non affetti da ADPKD (14,16). Come precedentemente accennato, i genitori affetti da ADPKD hanno il 50% di probabilità di trasmettere la malattia ai loro figli, ma, grazie al PGT, questo rischio può essere ridotto all’1%-2% (17). Tuttavia, il test genetico preimpianto è possibile solo se viene identificata la mutazione responsabile della malattia nella famiglia e se viene sviluppato un test genetico su singola cellula. In alcune famiglie affette da ADPKD, la complessità della penetranza variabile causata da alleli polimorfi e varianti modificatrici può complicare la consulenza genetica e rendere impossibile il test genetico preimpianto (18). Purtroppo, le tecniche di PMA possono presentare alcuni limiti che possono contribuire a insuccessi. Per esempio, il PGT è tecnicamente complesso e a volte può fornire risultati falsi negativi (7). Inoltre, i rischi per la salute associati alla fecondazione in vitro includono un aumento del rischio di gravidanze multiple, un lieve aumento del rischio di malformazioni congenite, una sindrome da iperstimolazione ovarica, una gravidanza ectopica e il livello di stress e ansia legati alla procedura di prelievo degli ovociti (19).
Gravidanza in caso di ADPKD
Outcome materno-fetale
È noto da precedenti revisioni sistematiche che le pazienti con malattia renale cronica presentino un rischio più elevato di esiti avversi sia per la madre che per il feto, rispetto alle donne con una funzione renale normale. Tuttavia, l’influenza di ADPKD sulla gravidanza rimane ancora incerta e non esiste a tutt’oggi un numero sufficiente di studi al riguardo (20). Per le donne affette da ADPKD con una pressione arteriosa normale e una funzione renale normale, di solito si registra un esito favorevole della gravidanza, paragonabile a quello osservato nella popolazione generale (21-23).
Uno studio retrospettivo ha rilevato un’incidenza leggermente maggiore di parto prematuro e di ritardo di crescita intrauterino nelle donne con ADPKD rispetto ai controlli sani, anche se tali risultati non hanno raggiunto la significatività statistica e restano segnalazioni isolate (8). D’altra parte, è stato osservato che la gravidanza potrebbe contribuire all’aumento delle dimensioni delle cisti sia nel rene che nel fegato, come evidenziato da casi clinici e studi su modelli animali, a causa dell’effetto promotore degli estrogeni. Tuttavia, gli studi di coorte hanno riportato risultati contrastanti anche su questo aspetto che non è stato delineato con certezza assoluta, anche se è altamente probabile (24-29).
Rispetto alla popolazione generale, non sono state riscontrate differenze significative nei tassi di aborto spontaneo, aborto volontario o morti fetali nella popolazione ADPKD (8,23). Tuttavia, si è osservato un aumento dei tassi di sofferenza fetale e di induzione del parto nelle donne con ADPKD (8,23). È plausibile comunque ipotizzare che l’ADPKD di per sé non peggiori significativamente l’esito fetale, considerando che solo un numero non significativo di donne ha riportato gravi complicazioni durante la gravidanza.
L’insufficienza renale pre-esistente, l’ipertensione e l’età materna avanzata sono invece noti come importanti fattori di rischio per un esito sfavorevole del feto in molte patologie renali (30). Inoltre, rispetto alle donne ipertese della stessa età, le donne affette da ADPKD che hanno avuto più di tre gravidanze sembrano mostrare una ridotta funzione renale all’aumentare dell’età (23). Lo sviluppo di pre-eclampsia nelle pazienti con ADPKD è strettamente correlato a un’insorgenza precoce di ipertensione cronica (34 anni contro 45 anni) (12). Non è noto se i problemi correlati alla gravidanza, come l’insorgenza o il peggioramento dell’ipertensione e della pre-eclampsia o altre variabili, siano responsabili della minore sopravvivenza renale.
Ipertensione in gravidanza
L’ipertensione arteriosa è il sintomo prodromico in corso di ADPKD e può insorgere in età giovanile (31). È stimato inoltre che circa il 70% dei pazienti affetti da ADPKD in età adulta sia iperteso, anche in presenza di normofunzione renale. L’ADPKD rappresenta quindi un fattore di rischio durante la gravidanza per lo sviluppo di ipertensione, il peggioramento del controllo di un’ipertensione pre-esistente e lo sviluppo di pre-eclampsia (e di pre-eclampsia sovrapposta) (8,32-34). Circa un quarto delle donne in gravidanza sviluppa complicanze ipertensive: il 16% presenta ipertensione gestazionale, mentre l’11% sviluppa pre-eclampsia (23).
Le donne con disturbi ipertensivi in gravidanza presentano tassi di sopravvivenza fetale inferiori e pesi alla nascita più bassi rispetto a quanto osservato per le gravidanze senza complicanze ipertensive (21). Ciò suggerisce che il controllo della pressione arteriosa durante la gravidanza sia di fondamentale importanza in caso di ADPKD (35). Lo sviluppo della pre-eclampsia nelle donne con ADPKD è uno dei principali fattori, infatti, che contribuiscono a un esito sfavorevole della gravidanza.
La pre-eclampsia e la CKD condividono l’ipertensione e la proteinuria, rendendo difficile la diagnosi differenziale. Tuttavia, la patogenesi della pre-eclampsia è associata a una placentazione anormale, mentre i flussi Doppler placentari normali (indice di resistenza < 0,58 (36)) possono essere indicativi di CKD (37). È anche possibile distinguere tra pre-eclampsia e CKD quantificando il rapporto tra i livelli circolanti di sfFlt-1/PlGF: in uno studio prospettico su 76 pazienti, il rapporto sFlt-1/PlGF era più basso nei casi di CKD, mentre era più alto nei casi di pre-eclampsia (38).
Diversi farmaci antipertensivi utilizzati per trattare l’ipertensione cronica non possono essere utilizzati in gravidanza. In particolare, l’esposizione ad ACE-inibitori e sartanici nel secondo e nel terzo trimestre può causare gravi anomalie alla nascita come agenesia renale, insufficienza renale, morte fetale e insufficienza renale acuta materna, soprattutto nelle fasi finali della gravidanza (39). Prima di cercare una gravidanza, ACE-inibitori e sartanici devono essere interrotti e le pazienti devono essere stabilizzate con antipertensivi sicuri per l’uso in corso di gestazione.
I target ottimali di 125/75 (40), che rappresentano lo standard di riferimento nel trattamento dell’ipertensione arteriosa nell’ADPKD, potrebbero non essere adatti durante la gravidanza.
Nella loro revisione, Von Dadelszen et al., che hanno incluso 45 studi controllati randomizzati con 3.773 donne affette da disordine ipertensivo in gravidanza da lieve a moderata, hanno riscontrato una correlazione tra una diminuzione della pressione arteriosa media (MAP) e un ritardo nella crescita fetale. Un maggiore calo della MAP con la terapia antipertensiva è stato associato a una maggiore incidenza di neonati piccoli per l’età gestazionale (SGA) e a un peso medio alla nascita inferiore (41). Tuttavia, Abalos et al., nella loro meta-analisi, che comprendeva 63 studi (incluso lo studio citato sopra) con 5.909 partecipanti, non hanno trovato tale correlazione (42). Lo studio internazionale CHIPS (Control of Hypertension In Pregnancy Study) è stato progettato per valutare se un controllo “meno rigoroso” della PA (obiettivo di pressione arteriosa diastolica (PAD) di 100 mmHg) rispetto a un controllo “più rigoroso” con obiettivo PAD di 85 mmHg potesse portare benefici per il bambino senza aumentare il rischio per la madre. Si è dimostrato che un controllo meno rigoroso della pressione (obiettivo PAD di 85 mmHg) è vantaggioso per la madre senza comportare rischi perinatali (43).
Le attuali Linee Guida del National Institute for Clinical Excellence (NICE) raccomandano di trattare le pazienti non affette da CKD che presentano una pressione arteriosa di 140/90 mmHg o superiore, con obiettivi di 135/85 mmHg (39). La Società Internazionale per lo Studio dell’Ipertensione in Gravidanza (ISSHP) raccomanda un obiettivo di PAD di 85 mmHg come target per la terapia antipertensiva, indipendentemente dalla pressione arteriosa sistolica (PAS) (44).
Nelle donne affette da ADPKD, è fondamentale un rigoroso controllo della pressione arteriosa. La loro pressione sanguigna dovrebbe essere monitorata frequentemente durante la gravidanza e si dovrebbe raggiungere un obiettivo di 135/85 mmHg. Tuttavia, questa raccomandazione non è supportata da prove definitive, poiché non esistono studi che abbiano fornito una risposta definitiva a questa domanda nelle donne in gravidanza con ADPKD.
Le donne in gravidanza mostrano spesso riluttanza ad assumere farmaci. Nove su dieci donne in gravidanza che assumono farmaci antipertensivi hanno dimostrato un’aderenza subottimale, sia intenzionale che involontaria (45). Pertanto, è importante che il nefrologo aiuti la paziente a comprendere l’importanza della terapia e a seguirne correttamente l’assunzione.
Altre complicanze
Un’altra complicanza importante correlata all’ADPKD durante la gravidanza è la tromboembolia (32). A causa dell’ingrandimento dei reni, in particolare del rene destro, e dell’ingrossamento del fegato, le vene iliache e la vena cava inferiore possono essere compresse, aumentando il rischio trombotico e di embolia polmonare (46,47). Lo stato pro-coagulante della gravidanza aumenta ulteriormente questo rischio. Le Linee Guida di pratica clinica per la gravidanza raccomandano l’uso di una bassa dose di aspirina (75-150 mg al giorno) per ridurre il rischio di pre-eclampsia in tutte le donne con malattia renale cronica in generale durante la gravidanza (48). Non esiste a tutt’oggi una Linea Guida delineata per l’ADPKD.
Tuttavia nell’ADPKD, l’uso dell’acido acetilsalicilico deve essere considerato con cautela a causa del rischio elevato di sanguinamento, soprattutto nelle donne con aneurismi cerebrali o emorragia cistica ricorrente (48,49) e pertanto tale decisione deve essere personalizzata nei singoli casi.
Le donne con ADPKD presentano inoltre un tasso più elevato di gravidanze ectopiche, il che potrebbe indicare problemi strutturali nelle tube di Falloppio (23,50). Inoltre, l’ADPKD è associata a un’incidenza più alta di infezioni delle vie urinarie (IVU) durante la gravidanza (8). Pertanto, queste donne dovrebbero ricevere una profilassi antibiotica dopo una singola IVU confermata, con o senza sintomi, durante la gravidanza (48).
La scelta del tipo di parto infine dovrebbe essere basata sulla stabilità della paziente e sulla sua prossimità al termine della gestazione. Nei casi in cui la paziente presenti un aneurisma cerebrale, un’emorragia cerebrale durante il travaglio o uno stato clinico e neurologico sfavorevole, il taglio solitamente è mandatorio (51-53).
CKD
Le donne con ADPKD e insufficienza renale cronica (CKD) devono essere sottoposte a monitoraggio assiduo e costante durante tutta la gravidanza per il rischio più elevato di ipertensione gestazionale e di pre-eclampsia (3), data la presenza di due fattori predisponenti, quali la CKD e l’ADPKD.
La gravidanza nelle pazienti con insufficienza renale terminale (ESKD) è rara ed è associata purtroppo a un esito fetale sfavorevole. Al contrario, l’esito della gravidanza nelle pazienti in terapia sostitutiva (preferibilmente emodialisi (54)) è generalmente migliore, con un tasso complessivo di esiti positivi per il feto del 76% (50). Sono state segnalate anche alcune gravidanze di successo in donne con ADPKD in emodialisi, come nel caso riportato da Jung JH et al. (21). Tuttavia, si tratta di singoli casi da cui non si possono trarre conclusioni definitive.
Nelle popolazioni con CKD, i tagli cesarei sono più frequenti (55). Non ci sono studi estesi che indichino come le dimensioni dei reni e del fegato influenzino la scelta delle procedure ostetriche. I gruppi di studio suggeriscono solo il taglio cesareo per le donne con grandi cisti e sanguinamento recente o significativo (56,57).
Dopo la gravidanza, il follow-up della popolazione di Wu et al. ha confermato l’alto rischio di CKD, proteinuria e ipertensione cronica tra i pazienti con ADPKD. Tuttavia, è possibile che queste manifestazioni rappresentino la progressione naturale della patologia, indipendentemente dalla gravidanza e/o dalla multiparità (8,58,59). Sebbene l’impatto di quest’ultimo fattore non sia coerente tra gli studi, l’ipertensione e un numero maggiore di gravidanze (più di tre) sembrano influenzare la progressione della malattia renale cronica.
Secondo le Linee Guida, è consigliato un approccio multidisciplinare che includa un ostetrico e un nefrologo consulente o un medico esperto per fornire una consulenza pre-gravidanza alle donne con CKD che stanno considerando una gravidanza (48).
Conclusioni
La gestione della gravidanza nelle donne affette da malattia del rene policistico è spesso caratterizzata da incertezza e ansia. Le principali preoccupazioni riguardano l’ereditarietà della malattia, il possibile deterioramento della funzione renale e le complicanze correlate alla gravidanza, come la pre-eclampsia e il travaglio pretermine.
I recenti progressi nei test genetici preimpianto e nei metodi di procreazione medicalmente assistita (PMA) hanno ridotto il rischio di trasmissione della malattia dal 50% all’1-2%. Tuttavia, tali procedure rimangono costose e poco accessibili e spesso le donne ne sono poco informate.
Nel caso della malattia del rene policistico, sono presenti ulteriori fattori di rischio per la madre e il feto, che richiedono una gestione ottimale. Questi includono il controllo dell’ipertensione, il trattamento delle infezioni e delle emorragie ricorrenti e delle infezioni, nonché una valutazione rigorosa della funzionalità renale e del volume addominale.
Tuttavia, quando la funzione renale è preservata, la pressione arteriosa è sotto controllo e le eventuali complicanze vengono monitorate attentamente, gli outcome materno-fetali sembrano essere simili a quelli delle donne sane.
Il ruolo del nefrologo nella gestione multidisciplinare durante la gravidanza, spesso sottovalutato, è invece cruciale. La sua esperienza nella gestione delle malattie renali e delle complicanze specifiche della gravidanza può contribuire a ridurre i rischi e a migliorare la salute materna e fetale. È importante sensibilizzare al massimo la comunità nefrologica sull’importanza del nostro ruolo durante la gravidanza e incoraggiare ulteriori ricerche in questa area vitale, in particolare per malattie complesse come l’ADPKD.
Disclosures
Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.
Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.
Authors contribution: All Authors contributed equally to this manuscript.
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