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G Clin Nefrol Dial 2023; 35: 45-50

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2023.2606

ORIGINAL ARTICLE

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Trapianto di rene: differenze di genere

1Dietista già Coordinatore Nutrizione e Dietetica Aziendale, AUSL Modena, Comitato Scientifico ASAND (Associazione Scientifica Alimentazione Nutrizione e Dietetica) - Italy

2Dietista, Dipartimento di Cure Primarie, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia - Italy

3Dirigente Medico, UOC Nefrologia, AOU Policlinico Umberto I di Roma - Italy

4Dietista, SSD Malattie del Metabolismo e Nutrizione Clinica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena - Italy

5Dirigente Medico, UOC Nefrologia e Dialisi Ospedale Sant’Eugenio, ASL Roma 2, Roma - Italy

6Dirigente Medico, U.O. C. di Nefrologia e Dialisi, P.O. “Di Venere”, Bari - ASL BA - Italy

Renal transplant: gender differences

Renal transplantation represents the best treatment for end-stage kidney disease, leading to improved quality of life and life-expectancy for most of the patients. However, gender disparities are evident both in access and in outcomes of kidney transplantation. Women on dialysis are less likely to be on the waiting list for kidney transplantation and to receive an organ from a deceased donor or living donor. Several biological and sociocultural aspects could explain this disparity. On the contrary, more women than men are living kidney donors. Italian women are the first organ donors for living transplants in Europe. The gender difference in living donation is certainly affected by different comorbidities, but such a marked trend highlights a greater predisposition to donate of women, especially in the family context. Some differences are also found in kidney outcomes, even not fully understood. Our paper analyzes the main differences in different aspects of kidney transplantation related to gender, including nutritional aspects.

Indirizzo per la corrispondenza:
Anna Laura Fantuzzi
Via Bismantova 4
42019 Scandiano (RE) - Italy
annalaurafantuzzi@gmail.com

Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

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Introduzione

Il trapianto di rene rappresenta la migliore forma di terapia sostitutiva per i pazienti con malattia renale allo stadio terminale (ESRD) poiché offre una migliore qualità della vita, un beneficio in termini di sopravvivenza e, anche dal punto di vista socioeconomico, è gravato da minori costi rispetto alla dialisi cronica. Tuttavia, ancora oggi è possibile osservare disparità di genere e di sesso che rimangono prevalenti nelle differenze di accesso al trapianto e nell’outcome del trapianto stesso. Bisogna ricordare infatti che il sesso, attributo biologico che include tratti anatomici ed endocrini, è diverso dal genere, che include gli aspetti sociali, psicologici e culturali della propria identità. Anche se a volte questi termini sono usati in modo intercambiabile, il sesso e il genere dovrebbero essere considerati concettualmente distinti, ognuno con potenziali influenze sulle scelte dei pazienti, verso sé stessi e verso gli altri. Negli ultimi decenni c’è stata una crescente consapevolezza che il sesso e il genere sono determinanti importanti della progressione della malattia renale, nell’accesso al trapianto renale, nell’esito del trapianto renale e nella risposta alle terapie. I dati sembrano dimostrare che le donne hanno meno probabilità degli uomini di ricevere trapianti di rene da donatore vivente o deceduto, ma hanno maggiori probabilità di essere donatrici di rene viventi. Inoltre, le donne hanno meno probabilità di essere inserite in lista d’attesa per il trapianto di rene da donatore deceduto e, quando lo sono, aspettano più a lungo. In questo articolo tratteremo essenzialmente l’influenza del sesso e del genere sull’inserimento e sui tempi d’attesa di trapianto renale, sulla donazione dell’organo e sugli outcome del rene trapiantato. Una riflessione a parte è dedicata al supporto nutrizionale, che gioca ancora un ruolo considerevole dopo il trapianto e che, per la sua peculiarità, vede nelle donne importanti partner nella realizzazione degli obiettivi di cura.

Inserimento in lista e attesa di trapianto di rene

Ci sono molte considerazioni relative al sesso (e al genere) quando si fornisce assistenza ai pazienti in attesa di un trapianto di organi. Quando sono in dialisi, le donne hanno meno probabilità di essere in lista d’attesa per il trapianto di rene e di ricevere un organo da donatore deceduto o da donatore vivente, mentre, al contrario, più donne che uomini sono donatori di rene viventi. L’analisi specifica per singoli paesi potrebbe rivelare ulteriori disuguaglianze nel processo di donazioni di rene che mettono le donne in una posizione di svantaggio.

I dati principali in tal senso li troviamo negli Stati Uniti. Sulla base di quanto pubblicato dall’Organ Procurement and Transplantation Network, al 23 settembre 2021, le donne rappresentavano solo circa il 38% di tutti i candidati al trapianto di rene in lista d’attesa (34.478 donne elencate su un totale di 90.230) (1) (Fig. 1). Questo squilibrio tra i sessi esiste in tutte le liste di organi solidi, a eccezione del trapianto di polmone. Diversi studi negli Stati Uniti hanno dimostrato che le donne con End Stage Renal Disease (ESRD) hanno minore accesso al trapianto di rene rispetto agli uomini, anche dopo l’aggiustamento per le caratteristiche demografiche e cliniche (2,3). Sono state descritte varie ragioni per cui ci sono meno donne in lista d’attesa per il trapianto di rene. Una di queste è la visione della donna come più fragile da parte di medici e operatori sanitari, che sono pertanto meno propensi a discutere il trapianto di rene come opzione di terapia sostitutiva renale (4). Da uno studio clinico, cross-sectional, condotto su circa 400 pazienti negli Stati Uniti, le donne sembra abbiano 1,45 volte più probabilità di non aver avuto, come opzione terapeutica, alcuna discussione sul trapianto di rene e questa disparità è ancora maggiore nelle donne in età avanzata (5). Sebbene studi precedenti abbiano dimostrato disparità nei tempi di attesa e nella percentuale di trapianto, dati più recenti hanno dimostrato che la principale disparità esiste nell’accesso alla lista d’attesa (3, 6). Anche dopo l’inizio della valutazione del trapianto di rene, gli studi hanno dimostrato che il genere femminile così come l’età, la razza nera e il diabete sono tutti associati a una minore probabilità di completare la valutazione di inserimento in lista d’attesa e quindi di esservi inseriti ed eventualmente di ricevere un trapianto di rene (7).

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Fig. 1 - Candidati al trapianto di rene in lista d’attesa USA settembre 2021.

È interessante notare infatti che non sempre sono state riscontrate disparità in tal senso in studi condotti al di fuori degli Stati Uniti. Per esempio, nel Regno Unito (8) e in Francia (9), dove c’è una maggiore possibilità di accesso alle cure, non si sono osservate tali differenze. Tuttavia, secondo quanto riportato dall’Eurotransplant, che raccoglie i dati di Austria, Belgio, Croazia, Germania, Lussemburgo, Norvegia, Slovenia e Ungheria (10), dal 1998 al 2017 il trapianto di rene è stato quello più frequente tra gli organi solidi e ben 34.100 pazienti hanno ricevuto un organo. Di questi, la maggior parte, il 62%, era di sesso maschile. Si osservava anche una maggiore prevalenza di sesso maschile tra i pazienti in lista attiva (11.105, pari al 61% circa). Tale disparità tra i diversi sessi sembrerebbe influenzata da più fattori: socioeconomici, culturali, immunologici (immunizzazioni legate alle gravidanze), malattia di base, comorbidità e così via (10). Anche in Italia, secondo il report relativo agli anni 2000-2019 del Centro Nazionale Trapianti (11), sia nel gruppo dei pazienti adulti che in quello pediatrico la maggior parte era di sesso maschile (circa 60% vs 40%). Sebbene questa differenza possa essere spiegata dalla maggiore incidenza di malattia renale cronica terminale nei pazienti di sesso maschile (12), sembra comunque un divario troppo ampio.

Anche andando ad analizzare il tempo d’attesa di trapianto renale separatamente per i due sessi, si osserva spesso che le donne, una volta inserite in lista d’attesa, hanno meno probabilità rispetto agli uomini di ricevere un trapianto di rene da donatore deceduto (13). In questo caso uno dei fattori principali è quello immunologico, legato a precedenti gravidanze che hanno contribuito allo sviluppo di anticorpi (panel reactive antibodies, PRA). Inoltre, è stato ben documentato che l’immunizzazione aumenta con il numero di gravidanze.

Donazione di rene

Le donne italiane sono le prime donatrici di organi per trapianti da vivente in Europa. Questo è ciò che emerge dai dati pubblicati dall’Osservatorio sulla Salute del Ministero della Salute Italiano (14).

Secondo i dati riportati dal centro nazionale trapianti nel report del 2019 da una rilevazione sulle differenze di genere nelle donazioni in vita, in Italia le donne che donano i propri organi per un trapianto da vivente sono il doppio degli uomini.

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Fig. 2 - Differenze di genere nei donatori dal 2001 al 2017: Centro Nazionale Trapianti, report 2019.

Dal 2001 al 2017 sono state 3.487 le persone che hanno scelto di donare un rene o una porzione del fegato: 2.322 donne (66,6%) e 1.165 uomini (33,4%). Questo divario è ancora più accentuato per quanto riguarda il solo trapianto di rene: in questo caso la percentuale di donatrici sale al 68,9% (2.151 donne contro 973 uomini) (Fig. 2).

Il dato italiano rappresenta un primato anche a livello europeo. Secondo l’European Directorate for the Quality of Medicines (EDQM), che prende in analisi l’attività trapiantologica dei paesi membri del Consiglio d’Europa, nel 2017 le donazioni di rene da vivente effettuate da donne sono state in media il 58% del totale, mentre in Italia rappresentano il 70%: una percentuale superiore a quella di tutti gli stati con un volume di trapianti comparabile al nostro, come Spagna (65%), Gran Bretagna e Turchia (55%) e Francia (48%) (15).

Il focus del Sistema Informativo Trapianti permette di osservare alcune differenze anche tra le tipologie di relazione tra donatore e ricevente (Fig. 3). In quasi un caso su tre a donare l’organo sono le madri ai propri figli, pari al 29,2% (1.017 donazioni), mentre i padri rappresentano il 12,7% del totale (442 donazioni). Allo stesso modo le mogli donatrici sono oltre il doppio dei mariti, rispettivamente il 19% e l’8,1% (662 le donne e 281 gli uomini). Maggioranza femminile anche nelle donazioni tra fratelli: nel periodo in esame l’organo è arrivato da 401 sorelle (11,5%) e 240 fratelli (6,9%). Nessuna differenza, invece, nelle donazioni dei figli verso i genitori: le donatrici sono state 92 e i donatori 101. La prevalenza femminile è una peculiarità dunque della donazione da vivente. La differenza di genere nella donazione da vivente risente certamente dell’incidenza di alcune patologie, che, dal punto di vista epidemiologico, interessano i due generi in maniera differente, ma una tendenza così marcata evidenzia una maggiore predisposizione a donare da parte delle donne, soprattutto nel contesto familiare. Altruismo e desiderio di aiutare la famiglia a sopravvivere: queste alcune delle motivazioni che portano le donne, in particolare se mogli, a essere molto più propense a donare un rene al partner che a riceverne uno (16).

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Fig. 3 - Relazione donatore-ricevente nella donazione da vivente.

L’equilibrio si ristabilisce, sebbene i numeri siano ancora esigui, se si parla di donazioni samaritane, vale a dire quelle effettuate da chi offre un proprio organo per salvare la vita di un malato con il quale non ha alcun legame di tipo familiare o affettivo: in Italia dal 2015 ne abbiamo avute 7, di cui 4 da parte di donne e 3 da parte di uomini.

Come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, da uno studio tedesco e promosso dall’International Society of Nephrology (ISN) e dall’International Federation of Kidney Foundations, emerge inoltre che circa i due terzi dei trapiantati di rene sono uomini, questo sebbene l’universo femminile sia anche quello più soggetto a soffrire degli stadi più gravi della malattia renale cronica, poiché vi è la tendenza a vivere più a lungo rispetto agli uomini, impiegando più tempo a raggiungere uno stadio che richiede un trapianto (17).

La differenza di genere è meno pronunciata per le donazioni di uomini e donne deceduti.

Andamento del trapianto

Confrontando le differenze sull’andamento e sull’esito del trapianto di rene tra i sessi e i generi, ci sono dati inconcludenti e contrastanti. Anche se alcuni studi hanno mostrato risultati peggiori del trapianto di rene nelle donne rispetto agli uomini, altri hanno mostrato risultati simili tra i sessi. Infatti se, da una parte, il sesso maschile è noto per essere un fattore prognostico indipendente per un peggiore outcome nel trapianto di rene (18), il sesso femminile di solito si associa a una reazione immunitaria umorale più robusta rispetto al sesso maschile (19), in parte legata all’effetto degli ormoni sessuali sull’attivazione immunitaria. La risposta immunitaria più importante può portare a episodi di rigetto più acuti nelle donne, che possono causare in definitiva la perdita di un allotrapianto. D’altra parte, gli studi che hanno mostrato un vantaggio di sopravvivenza dell’organo nelle donne dichiarano una migliore compliance durante il follow-up e alla terapia immunosoppressiva (20). Questo si ritiene che derivi dalle differenze di genere, infatti pare che le donne siano più consapevoli del loro stato di salute e più inclini a seguire le raccomandazioni dei sanitari. Esistono poi differenze legate al sesso, più che al genere, come dimostrato in studi pre-clinici. Il sesso femminile, per esempio, sembra avere una migliore tolleranza al danno da ischemia-riperfusione (21). Ulteriori studi sono necessari per comprendere pienamente le differenze tra sesso/genere e outcome nel trapianto renale.

Il supporto nutrizionale nel trapianto renale

Il supporto nutrizionale dei pazienti con malattia renale cronica è multiforme. Per tutta la loro vita i pazienti dovranno affrontare frequenti, complesse e talvolta difficili modificazioni dietetiche (Fig. 4) al fine di preservare la funzione renale e la composizione corporea e di essere protetti dagli effetti collaterali della terapia farmacologica (22). Spesso i pazienti sono confusi dalle differenze tra le diete in corso di insufficienza renale cronica, di emodialisi o di dialisi peritoneale e nel periodo post-trapianto. Alcuni pazienti pensano di potere mangiare e bere quantità illimitate di alimenti dopo il trapianto, e questo determina un introito eccessivo di sodio, grassi e calorie (23).

I dati di letteratura evidenziano come l’obesità sia diventata la problematica nutrizionale più importante nel paziente con trapianto renale. Negli USA, il 34% dei pazienti è in sovrappeso al momento del trapianto e il 25% è obeso. Inoltre, dopo il trapianto, la tendenza al sovrappeso e l’obesità subiscono un peggioramento: a un anno dal trapianto, il 60% dei pazienti presenta un incremento ponderale superiore o uguale al 10% (24,25).

L’obesità non è un fattore di rischio a breve termine, ma sicuramente lo diventa a lungo termine. Alcuni studi hanno dimostrato che l’incremento ponderale non è solo correlato alla terapia farmacologica ma anche alla limitata attività fisica. Pertanto un approccio efficace alla prevenzione dell’obesità dovrebbe includere una maggiore enfasi sulla attività e sull’esercizio fisico (25).

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Fig. 4 - Il supporto nutrizionale nella malattia renale cronica.

Il trattamento nutrizionale delle persone sottoposte a trapianto renale ha tre obiettivi principali (23): 1) raggiungere o mantenere un peso corporeo desiderabile; 2) raggiungere o mantenere un introito proteico ottimale; 3) controllare o limitare gli effetti collaterali della terapia immunosoppressiva.

Il raggiungimento/mantenimento di un ottimale introito proteico è una delle sfide del supporto nutrizionale, in quanto uno dei principali effetti metabolici degli steroidi utilizzati nella terapia di mantenimento del trapianto renale è la promozione del catabolismo di aminoacidi e proteine. Durante l’immediato post-trapianto è possibile prevenire la negativizzazione del bilancio azotato aumentando la quota proteica (1,3-1,5 g/kg/die) e assicurando una quota adeguata di energia (30-35 kcal/kg/die) (25). Nel lungo termine invece è necessario normalizzare l’apporto proteico (0,8-1,0 g/kg/die) ed energetico (25-35 kcal/kg/die) (26).

L’intake proteico deve essere monitorato attentamente nel lungo termine attraverso un appropriato follow-up dietetico a tutela della funzionalità renale. Inoltre è opportuno promuovere un regolare esercizio fisico al fine di evitare la perdita di massa muscolare e di favorire il controllo dell’andamento ponderale. A tal proposito è importante verificare con il team multiprofessionale la fattibilità di un programma di attività motoria adeguato al paziente, come allenarsi 3-4 volte a settimana per 20-30 minuti ogni volta o fare 5.000-10.000 passi al giorno (27).

L’elaborazione del piano dietetico deve applicare la migliore evidenza fornita dalla ricerca alle caratteristiche di ogni paziente e inizia con la valutazione dello stato nutrizionale. Il dietista concorda con il paziente un programma di educazione alimentare che utilizza strumenti quali- e/o quantitativi volti al raggiungimento degli obiettivi terapeutici (28). Dal momento che i problemi metabolici tendono a manifestarsi nell’immediato post-trapianto l’intervento nutrizionale dovrebbe essere proposto al paziente già nella fase iniziale (25). La personalizzazione del trattamento è essenziale per promuovere la compliance e garantire il suo effetto terapeutico.

In linea generale può essere utile fornire alcuni strumenti/strategie per facilitare l’adozione di comportamenti adeguati alle esigenze nutrizionali come:

fornire norme/precauzioni comportamentali (dall’acquisto alla conservazione e alla cottura) per garantire la sicurezza alimentare anche in caso di pasti fuori casa o all’estero (prestare attenzione agli standard di igiene alimentare, al luogo di acquisto e alla tipologia di alimento);

suggerire come organizzare la spesa per preparare una cucina salutare e contenere i costi;

approfondire tecniche di preparazione, metodi e segreti per cucinare in modo sostenibile, limitando lo spreco attraverso acquisti pianificati e adeguati dal punto di vista qualitativo e quantitativo;

insegnare a elaborare piatti veloci e semplici con i quali comporre un’alimentazione sana, sicura ed equilibrata adatta a tutta la famiglia;

raccomandare scelte alimentari sane e il consumo di porzioni di dimensioni adeguate.

Per maggiori dettagli, è possibile consultare l’opuscolo sulla sicurezza alimentare dell’USDA: una guida indispensabile per chi è a rischio (29).

La malattia renale cronica richiede ampi cambiamenti nell’alimentazione e nello stile di vita: la scarsa aderenza alla dieta, ai farmaci e ad altri trattamenti può contribuire ad aumentare outcome sfavorevoli. È stata osservata la massima aderenza quando sia l’approccio dietetico che quello educativo sono personalizzati per ciascun paziente e adattati nel tempo al cambiamento dello stile di vita e alle variabili della malattia renale (30). È necessario concentrarsi su un unico obiettivo piuttosto che su obiettivi multipli, creando strategie di apprendimento attivo e di coping (attività pratiche visive come cucinare, creare la lista della spesa, pianificare il menù settimanale), coinvolgendo l’intero “ambiente” alimentare del paziente, nel quale le donne hanno un ruolo che rimane centrale.

Conclusioni

Nel complesso, vi sono prove crescenti dell’esistenza di disparità nell’accesso delle donne alla valutazione per il trapianto e all’iscrizione in lista e nel tempo di attesa. Ugualmente noto è il dato che le donne sono più inclini alla donazione, soprattutto se si tratta di donatrici viventi. In queste differenze sono importanti sia fattori biologici (legati al sesso) che di tipo socioeconomico, culturale e così via (legati al genere).

È dunque fondamentale continuare ad affrontare queste tematiche con studi ben progettati e incentrati su tali problematiche, al fine di identificare i fattori implicati e di permettere un più equo accesso al trapianto.

Non è da sottovalutare inoltre il ruolo che la donna da sempre ha come riferimento e health driver nel costruire e mantenere buone abitudini alimentari, in tutte le culture, quindi il suo coinvolgimento diventa particolarmente importante quando la donna stessa o un familiare hanno un problema di salute renale (12).

Disclosures

Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.

Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.

Authors contribution: All Authors contributed equally to this manuscript.

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