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G Clin Nefrol Dial 2023; 35: 26-28

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2023.2594

SHORT COMMUNICATION

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Salute umana e ambientale, binomio indissolubile?

Healthy Habits Academy Director, Montecatini Terme (PT) - Italy

Are human health and environmental health inextricably linked?

ONE HEALTH approach, coined by FAO, perfectly sums up a concept that is strongly emerging in the international scientific community.

The environment (especially greenery and trees) plays a decisive role in human health and in wellbeing. A change in the development model that takes these issues into account, starting with the design of greener and more sustainable cities, appears necessary and urgent, given that in 2050 approximately 70% of the world’s population will live in large cities.

Indirizzo per la corrispondenza:
David Mariani
Healthy Habits Academy
Via Bacci 21
51016 Montecatini Terme (PT) - Italy
d.mariani@healthyhabits.it

Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

© 2023 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).

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Appare sempre più chiaro come la salute degli ecosistemi e la salute umana siano strettamente correlate tra loro.

Ogni alterazione degli equilibri sanciti dall’evoluzione nei millenni provoca peggioramenti della nostra vita e degli altri ospiti del pianeta.

Non a caso la FAO ha coniato da poco il termine e l’approccio ONE HEALTH (1,2), per identificare un concetto chiaro: esiste una sola salute nel mondo, perché tutto, all’interno dell’ecosistema, sembra essere in relazione.

Sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano una potente interazione tra le condizioni ambientali e la salute e il benessere umani (3,4).

Quelli che noi di Healthy Habits abbiamo definito i 4 pilastri dell’evoluzione umana (ambiente, fisiologia, nutrizione e relazioni sociali) sono infatti i nostri compagni di viaggio da milioni di anni e oggi appaiono sempre più chiaramente e strettamente come elementi correlati tra loro nel determinare le condizioni di vita dell’essere umano (5) sul pianeta.

Uno dei filoni di ricerca recente più interessanti è quello che mette in relazione la presenza di spazi verdi in prossimità delle abitazioni con la mortalità precoce.

Una metanalisi condotta dal Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), in collaborazione con la Colorado State University e l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS), pubblicata su The Lancet Planetary Health, ha sancito che il verde residenziale può proteggere da tutte le cause di mortalità prematura.

L’analisi, che comprendeva nove studi che hanno coinvolto sette paesi e un totale di oltre otto milioni di persone, fornisce una forte evidenza dell’impatto dell’aumento delle aree verdi sulla riduzione della mortalità precoce.

L’analisi appare di fondamentale importanza quando pensiamo che oltre la metà (e la percentuale arriverà al 70% nel 2050) della popolazione mondiale vive in aree urbane dove spesso mancano aree verdi realmente fruibili. Esiste una pletora di studi pubblicati su riviste nazionali e internazionali che suggeriscono che gli spazi verdi nelle città hanno un effetto positivo sul nostro benessere psicofisico, riducendo lo stress, migliorando la salute mentale (6), abbassando il rischio di malattie cardiovascolari, influendo positivamente sui problemi del metabolismo e diminuendo la possibilità di morte prematura (7). Lo studio conclude che la diminuzione della mortalità minima per tutte le cause è del 4% e che questa aumenta con l’aumentare della quantità di alberi presenti nei 500 metri dall’abitazione in cui si vive.

Tutto ciò ci dovrebbe suggerire di riprogettare gli spazi urbani con grandi presenze di verde, tanto da poter immaginare vere e proprie foreste urbane e corridoi verdi.

Gli alberi sono in grado in modo diverso, a seconda della loro specie, di assorbire quantità significative di inquinanti tra cui pm 10 e pm 2,5, dette anche polveri sottili (8), che, per la loro dimensione, sono in grado di penetrare attraverso i nostri polmoni sino al nostro flusso sanguigno e quindi in ogni nostro tessuto, anche nelle placente di donne sane per arrivare persino ai loro feti!

Questi residui sono derivati dai riscaldamenti domestici e dai gas di scarico di auto e industrie, tanto per citare alcuni degli esempi più noti.

L’aumento della temperatura ambientale è una delle conseguenze della mancanza di verde, perché le piante, abbattendo sensibilmente la temperatura dell’aria e del terreno, specialmente nel periodo estivo, creano oasi vivibili quando appunto le temperature sono molto elevate.

Questo risulta particolarmente importante per anziani e fragili, che, come noto, sono i primi a patire le grandi ondate di calore.

Il verde attrezzato risulta anche essere un elemento che facilita la socialità e la pratica di forme di attività fisica spontanee nei bambini e non solo.

Proprio sui benefici del verde per la salute del bambino si è concentrato uno studio realizzato nel 2019 da una equipe portoghese in collaborazione con la New York University; è stato valutato il profilo sanitario di 3.108 bambini di 7 anni che vivono nell’area metropolitana di Porto, osservando le interazioni provocate dall’esposizione alla natura. In particolare, sono stati monitorati biomarcatori del sistema immunitario, reazioni infiammatorie ed efficienza del sistema metabolico e cardiovascolare. È emerso che avere spazi verdi entro 800 metri dalla scuola era associato a una riduzione di vari indicatori di stress, effetto che andava diminuendo all’aumentare della distanza.

La salute generale dei bambini osservati è risultata migliorata dal contatto con il verde, segno di una capacità della natura di fortificarci fin dall’infanzia.

A ulteriore conferma dell’importanza per la nostra salute delle condizioni ambientali, arrivano anche gli studi di prestigiose Università, che indagano i meccanismi dell’invecchiamento umano attraverso la degradazione dei telomeri, piccole porzioni di DNA indicate dalla ricerca come biomarcatori dell’invecchiamento.

La loro lunghezza infatti diminuisce progressivamente con l’età, ma risulta influenzata anche dagli stili di vita e da altri fattori, tra cui si annovera l’ambiente (9).

Ebbene, anche in questo caso arrivano conferme: uno studio realizzato nel 2008 dall’Università di Hong Kong su 976 abitanti della stessa città ha messo a confronto la lunghezza dei telomeri di una parte della popolazione che abita nella zona vecchia meno ricca di verde e più cementificata con quella di chi abita nella zona più moderna, costruita lungo il fiume, dotata di più parchi e aree verdi.

Gli abitanti della zona più verde hanno mediamente telomeri più lunghi, che si associano a un invecchiamento più lento rispetto agli abitanti delle zone meno verdi.

Nel 2016 è stato pubblicato uno studio della Harvard School of Public Health, in cui sono stati analizzati i dati di 108.630 donne del Nurse’s Healthy Study, residenti in diverse zone degli USA.

Il risultato più eclatante è che le donne che vivono nelle zone con presenza di verde e di alberi ad alto fusto entro 250 metri dalla loro abitazione hanno un tasso di mortalità più basso del 13% per il cancro, del 35% per le malattie respiratorie e del 41% per le patologie renali.

Come spiegare un risultato così grande? Ovviamente la spiegazione è multifattoriale.

Le persone che abitano in zone più verdi praticano più attività fisica della media, trascorrono più tempo all’aria aperta con aria di buona qualità, soffrono meno di stress e l’esposizione alla luce solare aumenta la produzione di vitamina D utile per molte funzioni vitali.

Di contro, la pratica dell’attività fisica, tanto utile per la fisiologia e la salute umana, diventa addirittura sconsigliabile se fatta all’aperto, proprio nelle grandi città soffocate dall’inquinamento da polveri sottili, ossidi di azoto, ozono, ossidi di zolfo, nitrati, metalli pesanti e così via, un vero paradosso frutto di una crescita economica incontrollata che l’umano-antropocenico ha messo in atto a danno dell’ambiente e di se stesso.

A tutto questo va aggiunto altro, purtroppo.

Per esempio, le monocolture industriali, sfruttando grandi quantità di terreno, limitano le biodiversità presenti sul territorio, esponendoci a diete fatte di pochi alimenti e ai maggiori rischi di tutto quello che è stato scritto fin qui.

Ma non solo, la ricerca recente ci dice che il cibo che mangiamo, insieme all’esercizio fisico, può determinare la composizione del nostro microbiota intestinale, che, a sua volta, determina le nostre difese immunitarie (10) e interagisce con esse e può avere effetti anche sulle nostre reazioni emotive (11).

Quindi, una diminuzione della biodiversità in tavola si tradurrà in una diminuita varietà di batteri e virus utili presenti nell’intestino (e non solo, il microbiota è un po’ ovunque nel nostro corpo, anche nell’apparato urinario, per esempio) e funzionali alla nostra salute.

Oltretutto, la maggior parte delle produzioni agricole industriali e degli allevamenti utilizza grandi quantità di pesticidi, diserbanti, e antibiotici per proteggere il raccolto dall’attacco di parassiti e funghi o per proteggere gli animali dalle infezioni; una piccolissima parte di quei prodotti chimici la ritroveremo sulla nostra tavola e andrà a sommarsi agli interferenti endocrini respirati, come le polveri sottili e altri, e ad alterare il nostro microbiota.

Anche in questo caso la conferma arriva da recenti studi che hanno dimostrato che i consumatori di cibi biologici hanno una percentuale di tumori correlabili alla nutrizione minore rispetto a chi consuma cibo non biologico (12).

Ma le interazioni tra ambiente e salute umana interessano anche direttamente la nostra fisiologia e la nostra psicologia.

La vista e il contatto con la natura, per esempio, esercitano un potente effetto calmante e antipertensivo sull’organismo umano e la permanenza in un bosco per oltre 20/30 minuti, per esempio, è in grado di modificare i parametri della pressione sanguigna normalizzandoli.

In questo caso si parla di terpeni, alcune delle sostanze volatili liberate dalle piante e riconosciute dalle cellule e dal nostro sistema nervoso.

Anche gli stati depressivi (13) specialmente in una fase iniziale, possono trarre beneficio dai cosiddetti bagni forestali, tanto da indurre Giappone e Canada a inserire la boscoterapia o Forest Therapy tra le cure per la depressione riconosciute dai loro Sistemi Sanitari.

Appare evidente quanto la natura giochi un ruolo decisivo sul nostro benessere psicofisico.

Le influenze dell’ambiente sulla biologia umana iniziano a essere oggetto di studio da parte delle grandi Università (14), ma siamo solo all’inizio di una nuova fase della ricerca che si preannuncia affascinante e per certi versi rivoluzionaria.

Una cosa appare certa ed è la necessità di avere tutti abitudini più appropriate e sostenibili e di sviluppare una coscienza ecologica (15), cosa che per troppi anni non abbiamo avuto e le cui conseguenze sono ben visibili a tutti.

Uno o due gradi di temperatura in meno nelle nostre abitazioni in inverno, per esempio, sono in grado di ridurre in modo sensibile il livello di inquinamento dell’aria e contemporaneamente permettono di avere anche un’aria più respirabile all’interno.

Nello stesso modo dovremmo riflettere sull’utilizzo folle che facciamo delle acque potabili, destinate per una buona parte del nostro consumo personale agli sciacquoni dei nostri wc e ai lavaggi automatici delle auto, sull’utilizzo della luce artificiale, spesso utilizzata a sproposito sia negli ambienti pubblici che in quelli privati, e sull’utilizzo dei tanti nuovi prodotti chimici messi in vendita ogni anno senza avere la prova della loro non pericolosità per gli umani e l’ambiente.

Ogni abitudine umana ha un ovvio impatto sulla salute umana e ambientale.

In un mondo popolato da oltre 8.000.000.000 di persone dovremmo provare a cercare un nuovo equilibrio, tornando a comportamenti più consoni alla nostra evoluzione e sviluppando per noi stessi e per gli altri una maggiore coscienza sociale, ecologica e ambientale.

Disclosures

Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.

Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.

Bibliografia

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  • 13. Ferrini F. Gli spazi verdi migliorano la salute mentale? Sì e la scienza lo dimostra! Online
  • 14. Beelen R, Raaschou-Nielsen O, et al. Effects of long-term exposure to air pollution on natural-cause mortality: an analysis of 22 European cohorts within the multicentre ESCAPE project. Lancet. 2014 Mar 1;383(9919):785-95. CrossRef PubMed
  • 15. United Nations Sustainable Development Goals. Online