G Clin Nefrol Dial 2022; 34: 51-55 ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2022.2410 CONGRESS ABSTRACTS |
Abstracts XXXX Congresso Nazionale SIAN ITALIA
L’evoluzione professionale e la formazione: ieri, oggi e domani Rimini 9-11 Maggio 2022
Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd
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ACCESSI VASCOLARI
ID-01
L’IMPLEMENTAZIONE DELL’USO DELL’ECOGRAFO NELLA GESTIONE DELLA FAV
M. Galiazzo, O. Torresin, R. Luison, S. Parisotto
Aulss 2 Marca Trevigiana Dipartimento di Medicina Clinica 1PP. OO. di Castelfranco Veneto (TV) e Montebelluna U.O.C. di Nefrologia, Distretto Asolo (TV)
Introduzione: Un accesso vascolare ben funzionante è un requisito fondamentale per un buon trattamento dialitico e per una maggiore sopravvivenza del paziente e, per tale motivo, è necessario salvaguardarlo. Conseguentemente l’uso dell’ecografia per studiare, monitorare e pungere le FAV dovrebbe diventare una skill essenziale per un infermiere che lavora nell’ambito emodialitico. Si è ravvisata quindi l’esigenza di uniformare a livello di equipe la conoscenza dell’ecografia delle FAV per rendere gli operatori autonomi nella venipuntura ecoassistita/ecoguidata al fine di:
• “studiare la FAV” e organizzare le prime venipunture;
• monitorare lo sviluppo della FAV;
• supportare le venipunture difficili;
• ridurre e studiare gli eventi avversi.
Materiali e Metodi: Ecografo, schede di valutazione della FAV.
Corso di quattro ore (durata sette mesi), parte teorica e pratica sul campo con l’ecografo seguiti da tutor formati con percorsi formativi, skill, peer learning sullo studio e monitorizzazione di venipunture e FAV, schede di valutazione pre- e post-corso.
La raccolta e l’inserimento dei dati vengono riportati nella cartella informatizzata Sybilla.
Risultati: Dalle schede di autovalutazione più del 90% del personale ha raggiunto una buona autonomia nell’uso dell’ecografo, nella compilazione delle schede di valutazione e di monitoraggio delle FAV e nella revisione di un numero maggiore di fistole artero venose. Non disponendo di dati statistici pre-corso non è possibile una comparazione riguardante le complicanze derivate da venipunture errate che potrebbero aver portato a compromettere definitivamente la FAV e quindi all’inserimento di CVC.
Conclusioni: Per quanto si possa diventare “bravi” a eseguire e a interpretare un’ecografia, questa non sostituirà mai “l’Arte della venipuntura”. Infatti l’ecografia è solo un supporto ad essa.
ID-08 POSTER
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE CONTINUA NELLA GESTIONE DEI CVC
A. De Marchi, G. Dainese, T. Memo, G.S. Versaci
U.O.S. Emodialisi, ASL 3 Serenissima, O.C. dell’Angelo, Mestre (VE)
Introduzione: Nonostante le raccomandazioni delle comunità scientifiche internazionali volte a ridurne l’uso, il ricorso ai CVC è in crescente aumento. Le principali problematiche cliniche correlate a questa tipologia d’accesso sono le complicanze infettive, che influiscono negativamente su ospedalizzazione, sopravvivenza e incidenza di mortalità, incrementando i costi assistenziali. La formazione, soprattutto quella sul campo, del personale infermieristico ha lo scopo quindi di incrementare e sviluppare le competenze professionali nell’ambito della gestione dei CVC nelle varie realtà che gestiscono il paziente dializzato portatore di CVC.
Materiali e Metodi:
– un report riguardante la statistica sui pazienti portatori di CVC, tipologia, relative complicanze, infezioni, terapie;
– formazione del personale tramite due tipologie di corsi di formazione sul campo;
– creazione e revisione di flow chart per la gestione dei CVC basandosi sulle Linee Guida KDOQI 2018-19;
– creazione di procedure operative per l’attacco e lo stacco del paziente portatore di CVC con 1 operatore.
Risultati:
– aumento della competenza professionale;
– uniformità e adeguatezza delle procedure in uso;
– aumento della vita media dei CVC tunnellizzati nel 2021 di un 4,2% rispetto al 2018 a fronte di un aumento percentuale di CVC tunnellizzati del 126,3%.
Conclusioni: Si evidenzia l’importanza della formazione continua nella condivisione di procedure operative per la prevenzione e il controllo della complicanza infettiva.
ID-09 POSTER
IL CONFEZIONAMENTO DELLA FISTOLA ARTERO VENOSA (FAV) AI TEMPI DEL COVID: COLLABORAZIONE INTERDIPARTIMENTALE
S. Parisotto, E. Baldin, R. Squizzato, O. Torresin
Aulss 2 Marca Trevigiana, Dipartimento di Medicina Clinica PP.OO. di Castelfranco Veneto (TV) e Montebelluna U.O.C. di Nefrologia, Distretto Asolo (TV)
Introduzione: Il confezionamento della FAV un tempo era appannaggio dell’equipe di Nefrologia/Dialisi, ma, negli anni, la tendenza alla specializzazione ha comportato il passaggio di questa competenza ad altri professionisti (chirurghi vascolari e infermieri strumentisti). Per effetto di una riorganizzazione aziendale, il venir meno di queste figure all’interno dell’ospedale di Castelfranco Veneto poteva tramutarsi in un grave vulnus per i pazienti; per questo si è scelto di riappropriarsi di tali competenze. Il progetto è “decollato” solo quando hanno iniziato a parteciparvi anche gli infermieri di dialisi. L’integrazione del personale di altri distretti ha poi consentito di proseguire l’attività anche durante la pandemia.
Materiali e Metodi: Formazione sul campo, videoconferenze, filmati, foto, schede di valutazione.
Risultati: Abbattimento delle liste d’attesa in tre distretti e diminuzione dei posizionamenti di CVC temporanei e a permanenza, pur con il “blocco delle Sale Operatorie” dovuto alla pandemia.
Conclusioni: La formazione è l’unico argine alla perdita di competenze; l’integrazione tra dialisi di diversi ospedali consente un proficuo confronto e l’attuazione dei progetti anche in carenza di personale.
ID-16
ECOGRAFIA INFERMIERISTICA: POTENZIALITÀ DELLO STRUMENTO IN EMODIALISI
C. Candio, O. Verni, S. Brintazzoli, A. Rossini, M. Ballarini, G. Morandi
Piattaforma Dialisi, AUSL Bologna, Bologna (BO)
Introduzione: In ambito dialitico le potenzialità che offre l’utilizzo dell’ecografo sono molteplici. Strumento di imaging, monitoraggio delle fistole artero venose e valutazione dello stato idrico. L’utilizzo in ambito infermieristico si concretizza in diverse possibilità: puntura eco-guidata, puntura eco-assistita e sorveglianza attraverso il monitoraggio della fistola.
Materiali e Metodi: Nei tre centri dialisi dove è presente l’ecografo, sono stati individuati dei referenti infermieristici, che, in collaborazione tra di loro, hanno creato un gruppo di lavoro. Il gruppo di lavoro si è suddiviso in tre sottogruppi, per approfondire i campi di utilizzo dello strumento. È stata fatta una ricerca bibliografica e si è poi deciso di approfondire maggiormente l’ambito del monitoraggio della fistola.
Risultati: Nel Centro Dialisi Bellaria si è dato inizio a un monitoraggio strutturato con utilizzo di un database per la raccolta dati. L’ecografia infermieristica si inserisce come attività dal 2018 prevedendo il seguente impiego: il mapping post-chirurgico, l’osservazione a intervalli regolari fino a completa maturazione della FAV, la mappatura all’accoglienza di un utente in fase di trasferimento, la valutazione di FAV con problematiche al monitoraggio di primo livello, l’elezione di siti destinati alla puntura a occhiello, la venipuntura eco-guidata o eco-assistita, il monitoraggio di eventuali stravasi ematici e la rilevazione di materiale ipoecogeno o iperecogeno all’interno del lume del vaso.
Il monitoraggio effettuato su 90 persone ha permesso di individuare, gestire e sorvegliare problematiche di varie tipologie su 38 FAV, ottimizzando gli outcome clinico-assistenziali riguardo alla salvaguardia dell’accesso vascolare.
Conclusioni: Le competenze di mappatura e monitoraggio dell’accesso vascolare sono indispensabili al processo assistenziale. Attraverso una formazione strutturata promuoviamo l’utilizzo del database, l’inserimento della mappatura pre-operatoria e la misurazione della portata ematica. Inoltre l’utilizzo dell’ecografo è un supporto valido nella procedura di puntura FAV.
ID-20
LA SORVEGLIANZA DELLA FAV SUL TERRITORIO: UN WORKFLOW PER LA DIAGNOSI E IL TRATTAMENTO PRECOCI DELLE COMPLICANZE
L. Marraro1, S. Floridia1, C. Borgia1,3, M. Correnti1, M. Mollica1, S. Perna1, S. Rama1, C. Lo Presti2,3, A. Malignaggi2,3, G. Messina2, A. Vita2, A. Vittorio2
1Servizio Nefrodialitico Tike, Unità Operativa di Siracusa (SR)
2Ambulatorio di Emodialisi Floridiano, Floridia (SR)
3Servizio Nefrodialitico Tike, Unità Operativa di Palazzolo Acreide (SR)
Introduzione: Il monitoraggio e la sorveglianza dell’accesso vascolare sono parte integrante della cura del paziente in emodialisi.
Nei nostri tre centri di emodialisi convenzionati con il SSN abbiamo implementato un percorso di diagnosi precoce e cura delle complicanze maggiori della fistola artero venosa (FAV) grazie al quale viene perseguito il fondamentale obiettivo strategico dell’integrazione ospedale-territorio.
Materiali e Metodi: Nei nostri ambulatori, fino al primo semestre del 2020, la funzionalità della FAV veniva monitorata attraverso l’esame obiettivo, la registrazione delle pressioni dinamiche e la misurazione periodica del ricircolo e del Kt/V.
Dal secondo semestre del 2020, a tali strumenti abbiamo aggiunto il Qb Stress Test e il calcolo della portata a linee invertite; analizzando il trend di questi indicatori, nonché del Kt/V, e segnalando su scheda sorveglianza sia eventuali difficoltà a raggiungere il Qb prescritto che la presenza di pressioni dinamiche elevate, sono stati individuati pazienti che necessitavano di una consulenza specialistica.
Ci siamo avvalsi della collaborazione di un nefrologo ecografista esterno per l’effettuazione in house di ecocolordoppler della FAV; su sua eventuale segnalazione abbiamo inviato i pazienti a visita ambulatoriale presso l’Ospedale di Modica (RG), dove ogni utente con compromissione dell’accesso vascolare è stato inserito in lista ricoveri per PTA/creazione di nuova FAV. Lo specialista, inoltre, si è servito dell’ecografo anche per darci indicazioni, caso per caso, su siti alternativi di venipuntura che permettono flussi ottimali e/o evitano il ricircolo.
Risultati: Le sedute dialitiche con FAV di giugno 2020 presentavano il 67% di Kt/V di valore maggiore o uguale a 1,2; nel mese di giugno 2021 a raggiungere lo stesso target era il 90% delle sedute.
Il ricircolo delle FAV in trattamento era minore di 1 nel 58% dei casi a giugno 2020, mentre esattamente un anno dopo veniva riscontrato lo stesso risultato nell’83% degli accessi.
In tutti i pazienti in cui l’efficienza dialitica ottimale non era raggiungibile è avvenuto un aumento del Kt/V maggiore del 25%, e ciò è accaduto grazie a un intervento chirurgico nel 75% dei casi e per merito delle indicazioni post-consulenza ecografica nel restante 25%.
Conclusioni: Gli ambulatori che prestano servizio sul territorio hanno esigenze e possibilità differenti rispetto alle unità operative ospedaliere. Un flusso di lavoro ben strutturato permette di agire precocemente al fine di garantire la longevità dell’accesso e il raggiungimento di una dose dialitica adeguata.
NUTRIZIONE
ID-17
LE ABITUDINI ALIMENTARI DEI PAZIENTI IN EMODIALISI: ANALISI DELLE CRITICITÀ E POSSIBILI INDICAZIONI PER UNA DIETA PERSONALIZZATA
E. Livrieri, G. Soragna, D. Curci, E. Bruno, V. Dimonte, C. Vitale
Nefrologia e Dialisi, AO Ospedale Mauriziano, Torino (TO)
Introduzione: Una corretta alimentazione nei pazienti sottoposti a emodialisi è fondamentale per mantenere un adeguato stato nutrizionale, per garantire una buona riuscita del trattamento dialitico e per prevenire eventuali complicanze. Lo scopo è investigare sulle abitudini alimentari dei pazienti sottoposti a emodialisi, valutare quali siano le loro maggiori difficoltà nel seguire lo schema nutrizionale indicato e arrivare a una personalizzazione della dieta adeguandola alle abitudini del singolo.
Materiali e Metodi: Un gruppo di pazienti sottoposti a emodialisi presso il reparto di Nefrologia e Dialisi dell’A.O. Mauriziano di Torino, è stato intervistato riguardo alle proprie abitudini alimentari utilizzando un questionario semi strutturato prodotto per tale indagine.
Risultati: Dall’analisi dei dati emerge come i pazienti dializzati saltino dei pasti (54%) e non occasionalmente (il 99% di chi salta i pasti dichiara di farlo spesso o molto spesso). Il pasto saltato maggiormente è la colazione (p = 0,05). Le maggiori criticità legate ad alimentazione e turno di dialisi sono state rilevate in quello pomeridiano in cui frequentemente le persone riferiscono di non pranzare (p = 0,04). Le restrizioni alimentari rappresentano per più della metà dei pazienti fonte di stress (50,9%).
Conclusioni: I pazienti intervistati mostrano confusione e insicurezza riguardo all’alimentazione. Contestualmente, l’organizzazione legata agli orari della seduta dialitica rappresenta spesso per loro un problema per un corretto apporto nutrizionale. Una chiara informazione sui vantaggi di un corretto regime alimentare è necessaria e in questo il ruolo educativo dell’infermiere è fondamentale. Una riflessione sulle modalità organizzative dei turni dialitici risulta necessaria così come è necessaria la valutazione su come nutrire il paziente durante la dialisi.
DIALISI PERITONEALE PEDIATRICA
ID-03
APPLICAZIONE DELLA TELEMEDICINA ALLA DIALISI PERITONEALE PEDIATRICA
B. Pucci, F. Torniai, S. Conti, V. Mennella, F. Becherucci, P. Romagnani
AOU Meyer, Firenze (FI)
Introduzione: La dialisi peritoneale automatizzata (APD) è una terapia dialitica domiciliare che offre molti vantaggi specialmente in campo pediatrico.
Il presente lavoro si propone di analizzare e di elaborare le evidenze del contributo della tecnologia di telemedicina Sharesource Claria (S.C.) alla dialisi peritoneale pediatrica; in particolare, il lavoro ha lo scopo di valutare il miglioramento della compliance dei pazienti (pz) e dei caregiver (cg) in rapporto con il trattamento dialitico e con il piano terapeutico complessivo, analizzando sia il livello di soddisfazione del bambino e della famiglia sia gli indici clinico-laboratoristici.
Materiali e Metodi: Revisione della letteratura scientifica nelle principali banche dati (PubMed, Cinhal) con particolare attenzione a pubblicazioni sulla tecnica dell’APD standard e sull’utilizzo della telemedicina in APD; analisi dei dati ottenuti da: sistema di S.C., monitoraggio da remoto, monitoraggio con scheda di memoria mensile finora in uso e rilevazione cartacea giornaliera con consegna mensile finora in uso; raccolta di dati clinico-laboratoristici; colloquio con i pz e i cg.
Risultati: La nostra ricerca ha messo in evidenza le barriere della dialisi peritoneale che possiamo suddividere in 4 punti principali:
• psicologiche: rifiuto dei genitori o del paziente all’autocura, paura, depressione;
• cognitive: incapacità dei cg di perseverare nell’esecuzione della terapia;
• fisiche: difficoltà di gestione del bambino, condizioni critiche che richiedono un follow-up intenso;
• sociali: distanza dal centro in quanto unico punto di riferimento in Toscana in ambito pediatrico, differenze culturali e di lingua.
Abbiamo rilevato che il ricorso alla telemedicina associato al supporto infermieristico H24 produce sicuramente una maggiore aderenza alla terapia da ogni punto di vista: dietetico, dialitico, farmacologico e gestione dei liquidi.
Conclusioni: L’analisi da noi effettuata ha evidenziato risultati più che positivi nell’applicazione della tecnologia S.C., anche se, essendo di recente introduzione, ha a sostegno pochi studi e pochi numeri per attribuirle una rilevanza statistica. Abbiamo rilevato i seguenti benefici:
• rilevazione precoce delle problematiche cliniche, monitorando in tempo reale i dati della terapia dialitica;
• possibilità di modificare tempestivamente la prescrizione dialitica in base alle necessita del momento senza lo spostamento al centro grazie anche alla reperibilità H24;
• rilevazione degli scostamenti eseguiti rispetto alla terapia prescritta e intervento immediato;
• riduzione dei costi per la diminuzione degli accessi in ospedale;
• soddisfazione del bambino e della sua famiglia perché non si sentono mai soli.
ID-07 POSTER
Il percorso assistenziale del paziente in dialisi peritoneale: realtà e orizzonte dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
F. Connola, E. Corso, M. Tofani
Nefrologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma (RM)
Introduzione: La dialisi peritoneale è il trattamento sostitutivo di elezione per i pazienti pediatrici. L’obiettivo è quello di rendere la famiglia autonoma nella gestione della malattia e delle sue complicanze. Nel Piano Nazionale delle Cronicità, così come nelle recenti evidenze, si ripete l’interesse di sfruttare le nuove tecnologie di telemedicina, perché siano di supporto all’esperienza e alla formazione avanzata dell’infermiere nello specifico ambito pediatrico. Da qui giunge lo scopo di condividere e descrivere come si presenta il percorso educativo/assistenziale dedicato al paziente e come questo evolve in seguito all’adozione della piattaforma Sharesource offerta da Baxter.
Materiali e Metodi: L’educazione e l’assistenza dedicate alla famiglia sono garantite da un’equipe multidisciplinare, in cui l’infermiere prende posto con le proprie competenze, tenendo conto delle differenze culturali, logistiche e di comunicazione. Nel follow-up delle cure, è stato implementato un monitoraggio da remoto Sharesource che consente agli operatori sanitari la visibilità dell’andamento della terapia dialitica prescritta, di effettuare delle modifiche alla stessa e di monitorare l’aderenza terapeutica.
Risultati: Garantire l’esecuzione della terapia dialitica domiciliare in sicurezza. Ottenere l’autonomia del caregiver nella gestione del bambino e nell’utilizzo del Cycler. Realizzare un’assistenza a distanza che sia continuativa e personalizzata, garantendo un intervento tempestivo in caso di necessità che consentirebbe di evitare ricoveri inappropriati e di riservare la degenza alle situazioni acute.
Conclusioni: Afferiscono al nostro centro 10 pazienti, di cui 7 della regione Lazio, con l’intento di portare risultati positivi e affermare questa metodica di follow-up. Il progetto futuro mira a creare un ambulatorio infermieristico di dialisi peritoneale che possa garantire un’assistenza qualificata di eccellenza.
FORMAZIONE
ID-10
CASE MANAGEMENT E PERSONA SOTTOPOSTA A TRATTAMENTO EMODIALITICO: SVILUPPO DI UN IMPIANTO FORMATIVO PER LA REVISIONE DELLA PRESA IN CARICO
M. Casati, S. Cesa, D. Marchetti, C. Spada, B. Cantamessa, M.B. Stasi
ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo (BG)
Introduzione: L’ASST Papa Giovanni XXIII, sin da quando era Ospedali Riuniti di Bergamo, nel suo ruolo di struttura di alta specializzazione, ha sempre rappresentato un punto di riferimento per la presa in carico di persone affette da patologie croniche, tra cui anche l’insufficienza renale. Dal 2011, la Direzione Professioni Sanitarie e Sociali (DPSS) si è impegnata a diffondere la metodologia del case management per la presa in carico della cronicità, un investimento consolidato nel tempo che ha trovato continue conferme in letteratura e nelle norme, statali e regionali. Nel 2021, analogamente a quanto compiuto per altri ambiti aziendali, si è deciso di introdurre la metodologia del case management anche in Emodialisi e nei Centri Dialisi Assistenza Limitata (CRA), a fronte della richiesta di revisione e sviluppo da parte dei professionisti del contesto stesso.
Materiali e Metodi: È stata realizzato un percorso formativo, propedeutico all’introduzione del case management, che ha previsto una Formazione sul Campo dedicata e due Eventi Formativi Residenziali destinati a tutto il personale DPSS.
Conclusioni: Il percorso formativo, coinvolgendo una parte rappresentativa del personale di Emodialisi e CRA, è stato propedeutico a una revisione della presa in carico delle persone uremiche attraverso l’introduzione del case management prevista per l’anno 2022. I lavori proseguiranno anche nel prossimo futuro al fine di consolidare l’implementazione della nuova metodologia che sembra coniugarsi particolarmente con le caratteristiche peculiari dell’ambito.
ID-24
PRIMARY NURSING: LA PRESA IN CURA DEL PAZIENTE IN DIALISI
R. Oriani1, F. Mastroianni2, T. Botti3, R. Fragata3
1SITRA, Esigenze strategiche-Ricerca e progetti trasversali, U.O. Dialisi Saint Vincent, Donnas, Aosta
2Coordinatore Infermieristico Dialisi, U.O. Dialisi Saint Vincent, Donnas, Aosta
3Infermiere Primary Nurse, U.O. Dialisi Saint Vincent, Donnas, Aosta
Introduzione: La AUSL Valle d’Aosta ha iniziato nel 2014 un percorso formativo inerente a Primary Nursing (PN), in collaborazione con il CESPI (Centro Studi Professioni Sanitarie) coinvolgendo 563 professionisti dell’assistenza operanti presso l’area ospedaliera. L’obiettivo del progetto era l’implementazione del nuovo modello assistenziale in tutta l’area ospedaliera. Dal 2017 il modello è stato implementato in tutte le realtà ospedaliere, tra cui la dialisi. Seppur con qualche difficoltà iniziale, i professionisti infermieri hanno saputo applicare il modello con responsabilità ed autonomia, migliorando la presa in cura del paziente.
Materiali e metodi: Dal 2020 si è proceduto ad assegnare i singoli pazienti al PN, misurando la complessità assistenziale attraverso il Metodo Assistenziale Professionalizzante (MAP). ll MAP pone l’attenzione sul paziente e sulle variabili cliniche che incidono sulla complessità assistenziale (CA), classificando i bisogni della persona in analisi con le condizioni cliniche, le risorse individuali, l’ambiente per giungere ad un massimo grado di autonomia possibile. Tale strumento analizza il carico assistenziale che suddivide i pazienti in base alla loro complessità assistenziale (bassa, medio-bassa, medio-alta, alta). La complessità dell’individuo è articolata in tre principali dimensioni: stabilità clinica, responsività e indipendenza. Il MAP riesce a individuare le condizioni di salute dell’assistito, i bisogni assistenziali, gli interventi appropriati, le azioni proprie degli infermieri e quelle attribuibili ad altri operatori, il grado di integrazione professionale, il grado di coinvolgimento del caregiver. Si è proceduto a elaborare due strumenti Excel:
– una scheda di assegnazione casi;
– una scheda di programma di gestione del carico intradialitico.
Risultati: il primo strumento (scheda di assegnazione casi) ha permesso di migliorare la visibilità delle assegnazioni identificando il PN: ciò ha garantito un miglior flusso informativo tra medico e PN, tra infermiere associato e PN e viceversa. Inoltre, il coordinatore infermieristico ha giornalmente una visione di chi è deputato alla presa di decisioni rispetto al singolo caso, considerando la CA rilevata. A ciascun infermiere sono stati assegnati in media 4-5 casi, considerando la competenza consolidata degli infermieri che operano in dialisi. Un infermiere, neoformato, ha la responsabilità di un unico paziente con CA 0,75 e quindi bassa. Inoltre, è stato rilevato che, a seguito della corretta assegnazione dei casi al PN, per l’80% dei pazienti si sono ridotti ricoveri nelle strutture di nefrologia per complicanze correlate alla dialisi. Il secondo strumento (scheda di programma di gestione del carico intradialitico) permette di gestire il carico di complessità durante la seduta dialitica: il giorno antecedente la seduta viene organizzata la sala dialisi, considerando la CA del paziente, al fine di avere un’adeguata presa in cura durante il turno sia per il PN che per l’associato.
Conclusioni: In dialisi il binomio paziente-infermiere è indispensabile in quanto la cronicità della malattia nonché la “frequentazione” del servizio da parte dell’utente, determina una conoscenza e una relazione di cura a 360°. Il PN è un modello che ben si adatta a tale contesto, in quanto la relazione è il punto di partenza e di continuità del legame infermiere–paziente. La definizione della complessità assistenziale aiuta a rendere oggettivo il carico di lavoro e la responsabilità di ciascun operatore e quindi anche a migliorare la relazione nell’equipe chiarendo i ruoli.
ID-15
TARGETING ZERO NELLE CRBSI: QUANTO INCIDE LA VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA FORMATIVA?
M. Sgreccia, S. Salvatori, E. Ticchi, N. Martiradonna, V. Fedeli
Centro Dialisi Rimini – AUSL Romagna – Rimini (RN)
Introduzione: L’utilizzo dei cateteri venosi centrali (CVC) per il trattamento emodialitico è in costante aumento. Le infezioni rappresentano una tra le maggiori complicanze che mettono a rischio la sopravvivenza del paziente. Nel Centro Dialisi di Rimini la prevalenza al 31/12/2021 dei portatori di CVC permanente era pari al 36%. Nel 2021, in concomitanza con un elevato turnover del personale infermieristico e con la modifica del kit di gestione dei CVC, l’incidenza delle infezioni catetere-correlate (CRBSI) è cresciuta improvvisamente nell’arco dell’ultimo trimestre.
Lo scopo è valutare l’aderenza degli infermieri alle Linee Guida per la corretta gestione dei CVC e ridurre l’incidenza delle CRBSI.
Materiali e Metodi: È stata eseguita una revisione della procedura di gestione dei CVC aggiornata alle più recenti Linee Guida, adattandola al materiale a disposizione; è stato offerto un evento formativo a tutta l’equipe infermieristica durante il quale sono state messe a disposizione delle skill station. Per la valutazione dell’efficacia formativa è stata predisposta una scheda osservazionale che raggruppa le azioni in 5 momenti essenziali della procedura, prendendo come esempio la scheda di raccolta dati igiene mani OMS. Durante il turno di servizio, alcuni osservatori hanno valutato l’aderenza alla procedura nel momento dell’attacco, del distacco e della medicazione.
Risultati: Sono state compiute 388 osservazioni, con un’aderenza totale pari all’81,94%.
Conclusioni: La formazione è funzionale alla modifica dell’outcome (targeting 0) se viene valutata l’efficacia, consentendo il miglioramento attraverso il confronto tra professionisti.
ID-06
RUOLO DEL TRAINING NELL’INCIDENZA DELLE PERITONITI IN DIALISI PERITONEALE
M. Pirocchi, S. Di Girolamo
U.O.C. Nefrologia e Dialisi, P.O. “G. Mazzini”, ASL Teramo, Teramo (TE)
Introduzione: Lo studio è nato partendo dall’ipotesi che l’esperienza del personale infermieristico dedicato al training del paziente alla dialisi peritoneale possa influenzare l’incidenza delle peritoniti.
È stata effettuata un’analisi retrospettiva dell’incidenza di peritoniti nei pazienti trattati con Dialisi Peritoneale nel Centro Dialisi di Teramo nel periodo che va da gennaio 2011 a dicembre 2020.
Un basso tasso di peritoniti è considerato un indicatore di qualità delle cure offerte dal Centro, basandosi sull’ipotesi che un buon training sia in grado di formare pazienti che non commettono errori tali da determinare l’insorgenza dell’infezione.
Gli scopi sono:
• analizzare il ruolo educativo dell’infermiere all’interno del processo di training in dialisi peritoneale;
• analizzare se l’esperienza del personale infermieristico possa influire sull’incidenza delle peritoniti.
Materiali e Metodi: I dati relativi agli episodi di peritonite nel periodo osservato sono stati recuperati dalla Cartella Informatizzata SINED©, in uso nel Centro Dialisi di Teramo dal 2011. L’indagine statistica è stata effettuata mediante il Software R e il package ASBIO per l’analisi della varianza a una via sui 3 campioni, mediante l’uso del test non parametrico di Kruskal-Wallis.
Conclusioni: Lo studio, che ha preso in considerazione l’attività infermieristica rivolta a 98 pazienti, ci porta a concludere che l’esperienza del personale infermieristico ha un ruolo positivo sull’incidenza delle peritoniti solo quando sono avanzate, ma rimane pressoché sovrapponibile se il training è condotto da un’infermiera con moderata e/o bassa esperienza poiché non modifica direttamente l’incidenza delle peritoniti.
MISCELLANEA
ID-14 POSTER
TAPING NEUROMUSCOLARE
M. Ippolito, C. Aldrigo, P. Di Giovanni
ASST Santi Paolo e Carlo, Milano (MI)
Introduzione: Il taping neuromuscolare (NMT) è una terapia biomeccanica che si basa sull’applicazione di particolari nastri (“tape”) che formano pliche cutanee che, grazie al movimento corporeo, facilitano il drenaggio linfatico, favoriscono la vascolarizzazione e riducono il dolore. L’uso del NMT offre un approccio innovativo e non farmacologico.
Materiali e Metodi: Nell’ambulatorio delle fistole artero venose (FAV) da due anni si è sperimentata l’applicazione del “tape” per la riduzione dell’edema post-confezionamento o la revisione della FAV e per ridurre la presenza di ematomi da stravaso da venipuntura. Un’infermiera formata, in accordo con i chirurghi vascolari, valuta la condizione dell’arto interessato, rileva le circonferenze contrassegnando con penna dermografica i punti di repere e valuta la riduzione della mobilità e il dolore. Vengono quindi scattate delle foto e applicati i nastri.
Risultati: Il trattamento è durato dai 3 ai 20 giorni, con rilevazioni delle misure e sostituzione dei “tape”, se necessario. Soggettivamente il paziente avverte da subito “un senso di leggerezza” all’arto e una riduzione della sintomatologia dolorosa. Oggettivamente si rileva in genere la riduzione dell’edema con un risultato variabile. Nel caso più eclatante abbiamo osservato la riduzione di 3,5 cm in un arto dopo revisione della FAV avvenuta tre giorni prima.
Conclusioni: L’utilizzo di questa tecnica ha evidenziato un’ottima risposta nella riduzione dell’edema e degli ematomi e nel controllo del dolore. In attesa di avere un numero più significativo di casi trattati possiamo ipotizzare che l’utilizzo dei “tape” possa entrare a far parte delle opportunità di assistenza terapeutica infermieristica. Questo apre un nuovo orizzonte di competenze trasversali del personale sanitario.
ID-21 POSTER
IL RUOLO DELL’INFERMIERE NELLA SALA OPERATORIA DI NEFROLOGIA
G. Spadaro1, S. Adamo2, A. Baglieri1, G. Belluardo1, R. Bongiardina3, V. Bucchieri1, M. Buscema1, F. Carrubba1, I. Caschetto1, E. Criscione2, G. Damasco2, R. Denaro1, L. Di Raimondo1, C. Distefano2, C. Di Tommasi1, L. Galota1, D. Gambuzza1, M. Giavatto1, M.G. Gurrieri3, M. Fava1, D. Gury1, M.R. Interlandi1, P. La Cognata2, G. Mania3, A. Medica1, G. Migliore1, B. Mirabella1, D. Nania3, R. Napolitano1, R. Noto1, C. Occhipinti1, M. Palazzolo3, N. Pavone3, C. Piazzese1, M. Roccasalva1, G. Rizza1, M. Savoca1, S. Sgarlata2, G. Statello3, R. Pitino1, I. Sammito1, L. Selvaggio3, G. Selvaggio1, W. Morale1
1UOC di Nefrologia e Dialisi, Ospedale “Maggiore” Modica (RG)
2CAL di Emodialisi, Ospedale Busacca, Scicli (RG)
3CAL di Emodialisi, Ospedale Maria Paternò Arezzo, Ragusa (RG)
Introduzione: Il reperimento di un accesso vascolare ben funzionante è il requisito fondamentale per garantire il successo del trattamento dialitico. La fistola artero venosa (FAV) su vasi nativi rappresenta l’accesso di scelta per la maggiore sopravvivenza e per un ridotto rischio di complicanze a lungo termine. Il monitoraggio della maturazione, la registrazione di eventi avversi, l’intercettazione precoce delle disfunzioni e il loro trattamento rappresentano la conditio sine qua non per la longevità dell’accesso vascolare.
Materiali e Metodi: Nella nostra UOC di Nefrologia abbiamo istituito la figura professionale dell’infermiere di sala operatoria, professionista che si muove trasversalmente tra la sala dialisi e la sala operatoria di pertinenza della nefrologia. L’opera dell’infermiere di sala operatoria comincia con la sorveglianza degli accessi vascolari dei pazienti (in sinergia con il personale della sala dialisi, addestrato all’esame obiettivo e alla valutazione dell’accesso vascolare) e la registrazione di eventi sentinella (anomalie nelle pressioni dinamiche, venipunture infruttuose, stravasi, sanguinamenti prolungati, brusche variazioni sul Kt/V, ricircolo) per segnalarli al team multidisciplinare (nefrologo, radiologo interventista). Nel contesto della sala operatoria, l’infermiere addestrato assume parte attiva nell’intervento configurandosi come strumentista dedicato, fornendo il materiale chirurgico e per le angioplastiche percutanee oltre che manovrando l’amplificatore di brillanza. A intervento concluso, si dedica alla venipuntura ecoguidata dell’accesso vascolare sottoposto a revisione.
Risultati: Nel periodo dell’osservazione, compreso tra il 01.01.2020 e il 31.12.2020, 82 pazienti (m = 56%) venivano inviati al doppler (metodica di riferimento). Il 40% presentava stenosi dell’inflow che condizionava la portata, il 47% trombosi dell’outflow e il 13% stenosi di un vaso centrale. Per tale motivo, per l’11% dei pazienti era necessaria la prossimalizzazione dell’anastomosi, per il 49% dei pazienti era necessaria la procedura di angioplastica percutanea in modalità ecoassistita e il 20% dei pazienti, infine, veniva riferito al radiologo interventista per fistolografia e correzione mediante PTA della stenosi dei vasi centrali. Il restante 20% è stato avviato a un monitoraggio attivo mediante ecocolordoppler.
Conclusioni: La sinergia delle competenze, vale a dire quelle dell’infermiere di sala, del nefrologo e del radiologo interventista, permette l’azione repentina sull’accesso vascolare e il risparmio del patrimonio vascolare. Nei casi osservati, l’intervento precoce su segnalazione degli infermieri di sala ha permesso il mantenimento dei siti di venipuntura.
ID-23
IL TRIAGE TELEMATICO DELL’ACCESSO VASCOLARE NELL’ERA DELLA TRANSIZIONE DIGITALE
G. Spadaro1, S. Adamo2, A. Baglieri1, G. Belluardo1, R. Bongiardina3, V. Bucchieri1, M. Buscema1, F. Carrubba1, I. Caschetto1, E. Criscione2, G. Damasco2, R. Denaro1, L. Di Raimondo1, C. Distefano2, C. Di Tommasi1, L. Galota1, D. Gambuzza1, M. Giavatto1, M.G. Gurrieri3, M. Fava1, D. Gury1, M.R. Interlandi1, P. La Cognata2, G. Mania3, A. Medica1, G. Migliore1, B. Mirabella1, D. Nania3, R. Napolitano1, R. Noto1, C. Occhipinti1, M. Palazzolo3, N. Pavone3, C. Piazzese1, M. Roccasalva1, G. Rizza1, M. Savoca1, S. Sgarlata2, G. Statello3, R. Pitino1, I. Sammito1, L. Selvaggio3, G. Selvaggio1, C. Zoretti1, W. Morale1
1UOC di Nefrologia e Dialisi, Ospedale “Maggiore” Modica (RG)
2CAL di Emodialisi, Ospedale Busacca, Scicli (RG)
3CAL di Emodialisi, Ospedale Maria Paternò Arezzo, Ragusa (RG)
Introduzione: Il primo step della sorveglianza dell’accesso vascolare appena confezionato risiede nel monitoraggio dell’iter maturativo che porta alla venipuntura.
Gli step successivi, invece, prevedono la ricerca di eventuali complicanze (che possono generare stenosi o trombosi) in grado di alterare la funzionalità dell’accesso, scadendo in dialisi dalla scarsa performanza. La finalità della sorveglianza risiede nella possibilità di un intervento tempestivo così da recuperare l’accesso e da risparmiare il patrimonio vascolare (già esiguo) del paziente.
Materiali e Metodi: Al fine di garantire l’intercettazione tempestiva delle complicanze legate al malfunzionamento delle FAV, abbiamo fornito i centri di emodialisi convenzionati del territorio di un algoritmo per item volto alla stratificazione delle problematiche dell’accesso vascolare al fine di “triagiare” i pazienti da sottoporre a eventuale revisione (intervento chirurgico o angioplastica in modalità radio interventistica). I medici del territorio hanno inviato tale algoritmo in PDF, scansionato, al nostro centro via email.
Risultati: Nel corso dei due anni di pandemia ci siamo limitati a far compilare l’algoritmo al medico del centro dialisi decentrato per ciascun paziente. Ad ogni item presente nell’algoritmo abbiamo attribuito uno score sulla base della pungibilità, del ricircolo e dell’andamento delle pressioni dinamiche e assegnato un codice colore a seconda dell’urgenza del trattamento.
Siamo in fase di transizione da un form in formato PDF verso un programma telematico di triage. Ciascun centro, collegandosi a un URL in dotazione all’azienda, sarà in grado di segnalare la disfunzionalità dell’accesso vascolare già all’esordio dei sintomi, così da garantire l’intervento tempestivo ed evitare la perdita del patrimonio vascolare.
Conclusioni: Lo scopo del nostro progetto risiede nello screening della popolazione dializzata, definendo un profilo che funga da “carta di identità” dell’accesso vascolare per lo scambio di dati tra il paziente, il centro convenzionato del territorio e il nostro centro. Inoltre ambiamo a individuare e, quindi, a potenziare i percorsi volti alla sorveglianza dell’accesso vascolare, al fine di intercettare e trattare precocemente le lesioni in grado di produrre il fallimento funzionale dell’accesso vascolare del paziente.