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G Clin Nefrol Dial 2022; 34: 35-36

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2022.2397

LA VOCE DEI PAZIENTI

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Io, Lei e … il pupo

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Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

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La chiamano “il killer silenzioso”, questa malattia, perché spesso decorre senza che tu lo sappia, distruggendoti la funzione renale. Ma la chiamerei anche “il killer invisibile” perché, piano piano, a tua insaputa, si appropria del tuo corpo, stravolgendolo …

Fino ai 30 anni con la pancia avevo il problema opposto: non potevo mettermi sdraiata in bikini perché ai due lati del bacino si aprivano degli scavi che … lasciavano intravedere giù in fondo.

Poi finalmente una scrivania tutta per me in redazione, con l’inizio di una pancetta da soddisfazione, dicevo io, perché finalmente ero riuscita a “sedermi” e poi mi accorsi di aspettare un figlio. Presi 8 chili in tutto. Ancora, al settimo mese, in un ufficio postale, un tale che era in fila dietro di me, mi chiamò “signorinella”.

Tornai presto un’acciuga e affrontai così tre anni dopo la seconda gravidanza. Nel frattempo, avevo scoperto di avere la malattia che però allora, quando di anni ne avevo 35, era abbastanza contenuta. Anche per la seconda volta una decina di chilogrammi in tutto e un ritorno in forma assicurato.

Io non lo sapevo ancora, ma la mia vera gravidanza iniziò allora e continua ancora. Peggio di un’elefantessa. La pancia cominciò a crescere piano piano e senza fine e io ho cominciato a fare i conti con un corpo che non riconoscevo (e non riconosco) più. I vestiti? Quelli che mi piacciono non mi stanno e quelli che mi stanno non mi piacciono. Linea ampia? Le mie esili spalle, il mio seno normale e le mie gambe snelle non reggono una misura grande e se mi vesto così sembro ancora incinta. Ovvio scartare i capi attillati e i vestiti interi e cerco di giocare con le giacche, i volumi spezzati e i colori contrastanti. Ma perdo quasi sempre. E poi, quante diete, quanto Pilates e quanti crampi allo stomaco per tirare in dentro gli addominali e apparire meno gonfia. E la schiena che si arcua per sostenere questa eterna gravidanza, con la cassa toracica che si apre per consentire a questa massa di venire su e trovare posto. La digestione faticosa e quelle fitte … E quella mano sempre sul fianco, per parare qualunque botta potenzialmente pericolosa.

Ma, se questo è il decorso della malattia “da manuale”, quello che i manuali non contemplano sono i commenti della gente sugli effetti di una malattia che non si vede e non si capisce, quando andiamo a spasso io, Lei … e il pupo. Accadeva venticinque anni fa, quando di anni ne avevo quaranta, e accade ora che ne ho 65.

Pesco qualche perla, ma la battaglia è quotidiana. In boutique: “Signora, mi fa riprovare l’abito di prima? Mi pare che mi stia meglio”. E lei: “Signora mia, ma se lei non mette una panciera, tutti gli abiti le staranno male”. E io: “Bastasse una panciera …”. Lei: “Perché, la sua è una pancia speciale?”. “Sissignora, è speciale, perché deriva da una malattia”. Si mortificò e l’indomani mattina mi chiamò per scusarsi e per dirmi che durante la notte aveva cucito un abito su misura per me, che mi regalò.

A una festa. Indosso un vestito di seta indiana con tutte le sfumature dell’arancio e anch’io sono abbronzata. A teli sovrapposti, trovo che mi doni, scelto con cura … Una persona che conosco mi fa i complimenti perché sono incinta. Non faccio in tempo a rispondere che vola via. La rincontro a un’altra festa del comune amico, quasi un anno dopo. Aggrotta la fronte e mi chiede: “Ma sei sempre incinta?”.

Una pacca affettuosa sulla spalla e un sussurro: “È una bella donna, perché non prova un po’ a dimagrire?”.

Un’inchiesta per il giornale per il quale lavoro in un istituto per la fecondazione assistita. Ascolto la spiegazione delle varie tecniche, le relative problematiche, ma anche tante storie di donne alla ricerca disperata di un figlio. Una mi guarda con avidità e mi fa: “Almeno lei c’è riuscita”.

Una volta una signora mi regalò un paio di scarpine di lana rosa. Piansi, lei ha creduto per la commozione.

Nella mia condizione di eterna gravida vorrei tanto passare inosservata. Invece, per il mio lavoro di giornalista e per la mia passione di scrittrice, sono spesso in prima fila, sotto gli occhi di tutti. Un sindaco che era anche medico mi voleva iscrivere d’ufficio in una lista trapianti. Uno mi guarda ammirata mentre lo intervisto e mi fa: “Ed è ancora al lavoro (nonostante l’avanzata gravidanza)?” Lo trovo insopportabile.

Non ho smagliature, fortunatamente, né cellulite evidente, ma i massaggi sono sempre utili. Ma potenzialmente pericolosi, in una condizione come la mia. Due anni fa ero in Romania per un giro del Paese affascinante quanto faticoso. Ero distrutta da sei ore passate in pullman. Nel cinque stelle dove alloggiavamo trovo una Spa con centro massaggi. Ma come fidarsi? Leggo nella lista “Massage for pregnant women”. Mi illumino e chiedo un massaggio “as a pregnant woman”, come se fossi incinta. Uno dei momenti più rilassanti della mia vita.

Le risposte alla fatidica domanda le ho provate tutte. Scartate la trattazione scientifica del PKD per il volgo e una maglietta con su scritto “NON SONO INCINTA” da indossare sempre, ho davvero sbrogliato la fantasia. “No, purtroppo”; “Già fatto in passato”; “Problemi di salute”; “La pancia è piena, ma non di quello che pensa lei”; “Ma quanti anni mi dà?”. “La ringrazio, mi ha tolto almeno 15 o 20 anni”. Sì, perché anche ora che vado per i 66 anni per la gente continuo a essere incinta, come Santa Elisabetta o Sant’Anna. I commenti si sbizzarriscono: “Due maschi e ora prova per la femmina, vero?”. “Manca poco, vero?”. “Perché lei aspetta, vero?”, “Stia attenta, c’è troppo caldo (o freddo)”. Inutile negare, inutile spiegare niente, inutile chiedere che si facciano gli affari propri.

Diciamocelo, mi hanno fregato Gianna Nannini e tutte le altre che si sono intestardite a diventare madri oltre i 50 anni. Da allora, per la gente, tutto è possibile.

C’è un però, però, quello che in Psicologia si definisce vantaggio secondario della malattia. Da quando sono incinta, attraverso la strada con più facilità, perché le macchine rallentano, in farmacia e al super mi fanno passare avanti e al lido si scostano per farmi scendere le scale che portano in acqua. C’è chi mi ha ceduto un tavolo in un ristorante pieno.

Una volta, giunta in una sala convegni strapiena per seguire un incontro per lavoro, una tizia dell’organizzazione mi si avvicina per dirmi che le avevano detto che sarebbe arrivata una signora incinta e che aveva riservato una sedia per me. Alle mie precisazioni rispose: “Ah, sì, allora niente sedia”. Rimasi in piedi per due ore. Così imparo …

Rossella Jannello

Giornalista, scrittrice e counselor, vive e lavora a Catania. Già cronista per il quotidiano “La Sicilia”, continua a collaborare attivamente con il quotidiano. Ha pubblicato “Sogno Arcano” (La Parola, Roma, 2011) con lo psicoanalista Riccardo Mondo, “La Bella Angelina”, (Carthago Edizioni) nel 2017 e “Lo Straordinario dell’Elefante, guida ai misteri di Catania” con Mario Bruno nel 2019.