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G Clin Nefrol Dial 2021; 33: 141-145

ISSN 2705-0076 | DOI: 10.33393/gcnd.2021.2242

ORIGINAL RESEARCH ARTICLE

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Il Chronic Care Model

1Hospice Carlo Chenis, ASL ROMA 4, Civitavecchia (RM) - Italy

2UOC Ostetricia e Ginecologia, Ospedale San Paolo ASL ROMA 4, Civitavecchia (RM) - Italy

3Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli studi di Sassari, Sassari - Italy

4SC Formazione, Ricerca e Cambiamento Organizzativo, ATS Sardegna, Sassari, ASSL di Sassari - Italy

Chronic Care Model

In recent years, the incidence rate of chronic diseases shows a steady increase in every industrialized Country. The almost logarithmic trend of the number of people living with chronic diseases is constantly on the rise. Each predictive statistical model indicates a strong impact for national health systems at the level of the organization of care and management costs. It is urgent to systematically introduce an evidence-based care model in chronic care management such as the Chronic Care Model. The Chronic Care Model is the reference model for WHO. The Chronic Care Model allows for personalized, holistic, multi-professional assistance, characterized by a strong humanization of care, by preventive interventions and relationships between healthcare professionals, patients and caregivers as a system of care and assistance. The fundamental roles are social integration and the improvement of the quality of life of patients. The Chronic Care Model involves the use of a computerized system of information flow and telemedicine and trained healthcare professionals. The Chronic Care Model showed an improvement in the quality of life, a reduction in the number of hospitalizations, a better adherence to therapies, and a reduction in costs.

Indirizzo per la corrispondenza:
Luigi Apuzzo
Hospice Carlo Chenis
Asl Roma 4
00053 Civitavecchia (RM) - Italy
luigiapuzzo@hotmail.it

Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi - ISSN 2705-0076 - www.aboutscience.eu/gcnd

© 2021 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0).

Commercial use is not permitted and is subject to Publisher’s permissions. Full information is available at www.aboutscience.eu

Introduzione

L’invecchiamento progressivo della popolazione porterà al raddoppio della popolazione degli anziani entro il 2050: dall’attuale 11% al 22% della popolazione. La svolta si è presentata nel 2020, quando il numero di individui con una età ≥ di 65 anni ha superato quello degli individui di età ≤ di 5 anni. Se, nel 2017, nella maggior parte dei Paesi del mondo, il rapporto per gli over 60 era 1:8, entro il 2030 il rapporto sarà 1:6 ed entro il 2050 sarà ancora più marcato, pari a 1:5 (1,2). Entro 20 anni, il trend demografico mostrerà un incremento quattro volte superiore di persone di età > 80 anni rispetto al trend attuale. Il Global Burden of Diseases, injuries, and risk factors study (GBD) del 2017 (3) ha preso in considerazione l’incidenza e la prevalenza rispetto agli anni vissuti con disabilità in un periodo temporale dal 1990 al 2017. I risultati hanno mostrato una riduzione dei tassi di mortalità, un aumento dell’aspettativa di vita e, conseguentemente, un incremento dell’impatto sui sistemi sanitari delle patologie croniche, come diabete, neoplasie e malattie muscolo-scheletriche e cardiovascolari. Con il miglioramento della qualità e l’aumento dell’aspettativa di vita, la cronicità diviene parte del vissuto quotidiano ed è caratterizzata dal progressivo declino dell’autonomia, della mobilità, della capacità funzionale e delle relazioni sociali, a cui si associano un maggior numero di ospedalizzazioni e di utilizzo di risorse sanitarie, socio-sanitarie e sociali, con una spesa media per i SSN pari al 70-80% (4). I dati ISTAT valutano pari a 2 milioni e 600 mila le persone che presentano una condizione di disabilità (il 4,8% della popolazione italiana), mentre il 44,5% di esse ha un’età superiore agli 80 anni (5) e quasi il 40% della popolazione soffre di almeno una patologia cronica (24 milioni di persone), di cui la metà presenta più di una malattia cronica (6). In Europa, le malattie croniche sono responsabili dell’86% di tutti i decessi, con una spesa sanitaria rilevante che si attesta intorno ai 700 miliardi di Euro/anno (7). In Italia, invece, la spesa sanitaria si aggira intorno ai 66,7 miliardi di euro/anno (8).

Chronic Care Model

L’assistenza sanitaria odierna spesso non soddisfa i bisogni dei malati cronici. Esistono strategie per migliorare i risultati nelle persone con patologie croniche classificate in cinque diverse aree: 1) utilizzo di cure pianificate basate sull’evidenza scientifica; 2) aggiornamento e organizzazione della pratica clinica e assistenziale; 3) potenziamento dell’empowerment da parte degli utenti con cronicità; 4) sviluppo delle competenze; 5) organizzazione e fruizione delle informazioni cliniche. L’integrazione di queste componenti per la gestione, l’assistenza e la cura delle patologie croniche è fondamentale (9). I pazienti portatori di una o più patologie croniche hanno esigenze molto complesse e obbligano i sistemi sanitari a pensare a un rimodellamento che produca pratiche cliniche assistenziali personalizzate alle diverse esigenze dei pazienti e delle loro famiglie (10). Vengono proposti incontri rivolti alla prevenzione di peggioramenti, riacutizzazioni e complicanze della condizione cronica potenziando il self-care del paziente. Negli anni, si è assistito a una modifica completa del sistema di assistenza alle persone con cronicità, a partire dal modello assistenziale proposto da Wagner già negli anni ’90: il Chronic Care Model (CCM) (11). Il CCM è stato sviluppato come metodo per migliorare l’assistenza nel settore delle malattie croniche, identificando componenti e strategie efficaci e appropriate (12-15). Il CCM mostra che i migliori risultati sono prodotti dalla qualità della relazione paziente-personale sanitario, in quei sistemi sanitari che presentano questi fattori: 1) processi evidence-based che modificano l’assistenza; 2) potenziamento del self-care e dell’empowerment (16); 3) azione proattiva orientata ai bisogni dell’utente; 4) sviluppo e implementazione di Linee Guida basate su prove di efficacia, promuovendone l’utilizzo e la divulgazione attraverso la formazione degli operatori; 5) agevolazione dello sviluppo e della gestione dei sistemi informativi per fornire feedback di prestazione. Il CCM include sei componenti che influenzano gli esiti funzionali e clinici associati alla gestione della malattia cronica (15). Le sei componenti sono mostrate nella Tabella I.

TABELLA I - Componenti del Chronic Care Model
Componente Interventi
Sistema sanitario Organizzazione dell’assistenza sanitaria fornendo una leadership che garantisca risorse e che rimuova le barriere all’assistenza
Supporto all’autogestione Facilitare l’apprendimento basato sulle competenze e sull’empowerment del paziente
Supporto decisionale Fornire una guida per l’implementazione dell’assistenza basata sull’evidenza
Progettazione del sistema di erogazione Coordinare i processi di assistenza
Sistemi di informazione clinica Monitorare i progressi attraverso feedback sugli outcome a pazienti e operatori sanitari
Risorse e politiche della comunità Sostenere l’assistenza utilizzando risorse basate sulla comunità e politiche di salute pubblica

Queste componenti del CCM creano sistemi sanitari più efficaci che supportano il processo decisionale dei sanitari, collegano i sistemi sanitari alle risorse e alle politiche della comunità e forniscono servizi completi di supporto all’autogestione per i pazienti, con un controllo degli outcome tramite dei complessi sistemi informatici. Il modello del CCM è una proattività che intercetta i bisogni assistenziali e di cura (17), dove il paziente è attore nella gestione della propria condizione psico-fisica (15). L’assistenza del CCM è rivolta al singolo, ai gruppi e alla collettività, attraverso una rete di servizi che, per essere efficace e misurabile, presenta: a) sicurezza; b) efficacia; c) tempestività di risposta; d) capacità nella risoluzione di problemi; e) consumo di risorse; f) centralità del paziente; g) equità nell’erogazione dei servizi (18). Il CCM organizza le cure in continuità assistenziale, relazionale, organizzativa e informativa, prevenendo la riammissione ospedaliera a breve termine negli anziani con malattie croniche (19), con un minore carico assistenziale per gli operatori e le strutture sanitarie, un minore stress per i pazienti e le loro famiglie e un minor costo sanitario (20) e con la percezione dell’utente stesso di sentirsi accompagnato in un processo unico e continuo, che impatta positivamente anche su una migliore compliance nell’aderenza terapeutica prescritta e concordata con il team assistenziale (21). Il CCM utilizza l’umanizzazione dell’assistenza, inglobando la prospettiva definita “patient experience”, ovvero il sentirsi accompagnato in un processo unico e continuo, che impatta positivamente anche su una migliore compliance nell’aderenza terapeutica concordata con il team assistenziale (22). Aspetto importante della sanità pubblica è il campo della prevenzione e il CCM programma interventi attraverso sistemi informatici dinamici, coinvolgendo le strutture finanziarie ed economiche di politica sanitaria per l’investimento e l’ampliamento dei servizi territoriali (23,24). Si riportano le conclusioni degli autori di meta-analisi che avevano come soggetti pazienti affetti da diabete mellito tipo 2, dove i risultati del CCM sono generalmente positivi, con risultati più promettenti ottenuti in studi con un follow-up limitato (< 1 anno) e con programmi che includono più di due componenti del CCM (24). Altri autori mostrano come l’approccio di gestione della malattia cronica con CCM in pazienti affetti da scompenso cardiaco riduca significativamente la mortalità, con effetti positivi sulla qualità della vita e riduzione della durata del ricovero (24). In una recente revisione sistematica (25), i risultati mostrano migliori outcome a livello della gestione della pressione arteriosa e in termini di mortalità nei sistemi organizzati con il Nurse-led care e il Pharmacist care; questi modelli sono inclusi nel CCM, insieme all’engagement del paziente (26). Il CCM è stato adottato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come documento guida basato sulle prove di efficacia per il miglioramento dei quattro elementi di base necessari per l’erogazione di cure croniche di alta qualità, come il supporto all’autogestione, la progettazione del sistema di organizzazione, i sistemi di informazione e informatizzazione clinica e il supporto decisionale.

Expanded Chronic Care Model

Uno sviluppo del CCM è l’Expanded Chronic Care Model (ECCM). L’ECCM è un modello modificato e ampliato del CCM, di cui si inizia a parlare negli anni 2000 ad opera di un gruppo di ricercatori canadesi (25). L’ECCM si allarga anche all’inclusione sociale della persona con patologie croniche, con l’obiettivo di creare ambienti sociali in grado di garantire condizioni di vita sicure, stimolanti, piacevoli e soddisfacenti. Al miglioramento della salute e del benessere concorrono l’autogestione della patologia e il poter trascorrere piacevolmente il proprio tempo libero attraverso attività ricreative classificate come essenziali per il mantenimento della salute psico-fisica (27-32). Alcuni autori forniscono raccomandazioni che migliorano l’inclusione sociale delle persone con disabilità (33), in modo da permettere a questi gruppi di accedere ai servizi ricreativi e di beneficiare di essi.

Chronic Care Management

La moderna gestione della malattia cronica porta con sé diverse componenti chiave: 1) partenariati collaborativi; 2) Interventi basati su prove di efficacia; 3) misurazioni degli outcome e valutazione degli interventi; 4) comunicazioni delle informazioni sui risultati tra i membri del team e tra team sanitario e paziente; 5) cura di sé e responsabilizzazione del paziente. Il coinvolgimento dei pazienti come partner consente un miglioramento in esiti patient-centered (34). Accanto al Chronic Care Management si sono sviluppati altri modelli, tra i quali case management, integrated care e care coordination (35,36) e disease management.

La cronicità a livello internazionale

Durante il meeting delle Nazioni Unite sulle malattie croniche nel settembre 2011, i leader mondiali si sono impegnati per adottare azioni comuni per la prevenzione di queste malattie, riconoscendone l’impatto globale come una delle maggiori sfide per lo sviluppo sia sociale che economico nel ventunesimo secolo. A tutti i Governi è stato richiesto di sviluppare, quindi, piani multi-settoriali di prevenzione e controllo delle malattie croniche, con obiettivi e interventi nazionali dichiarati. Nel mese di agosto 2020, l’Assemblea Mondiale della Sanità (World Health Assembly) ha nominato gli anni 2020-2030 come il Decennio dell’invecchiamento in salute (Decade of Healthy Ageing 2020-2030) (25,27,37-38). Il progetto Europeo conseguente agli accordi e alle disposizioni date dalle Nazioni Unite prende il nome di Good Practice for Chronic Disease Join Action (CHRODIS-JA), con l’obiettivo di contrastare le malattie croniche e di garantire un migliore invecchiamento attraverso l’utilizzo di una piattaforma web accessibile ai professionisti della salute, ai decisori politici e ai cittadini. Il sistema si occupa soprattutto delle grandi patologie croniche, come il diabete, le patologie cardiovascolari e lo stroke (39).

L’applicazione del CCM nell’ambito della patologia renale cronica

Il modello del CCM, come visto, è caratterizzato da diversi fattori, che possono essere divisi in due aspetti: 1) un paziente informato e consapevole; 2) team proattivi che intervengano in maniera precoce nell’intercettare le persone con danno renale alle fasi iniziali, come evidenziato nel programma di Governo del Ministero della Salute (40-42). In tale documento, i punti cardine sono, da un lato, la prevenzione, incentivando i cittadini ad avere un comportamento più responsabile e consapevole attraverso l’educazione sanitaria, e, dall’altro, la formazione dei Medici di Medicina Generale (MMG), dei Pediatri di libera scelta, degli specialisti e del personale sanitario, con il fine di identificare precocemente i soggetti in condizione di rischio aumentato per la malattia renale cronica, indirizzandoli verso percorsi integrati di presa in carico. Le Linee Guida della Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI) 2015 raccomandano interventi di screening in determinati pazienti con sospetto di malattia renale (p. es., obesi, affetti da malattia diabetica ecc.), nonché di informare e coinvolgere il paziente e i suoi caregiver in tutte le fasi del processo di cura della malattia (43).

Interventi sugli operatori e sui pazienti

Gli interventi di tipo educativo possono portare a miglioramenti della qualità della vita del paziente, come evidenziato da Garcia Montes et al. nel 2020 (44), che hanno mostrato una correlazione tra strategie di coping attivo e la soddisfazione per la vita sia nei pazienti in emodialisi sia nei riceventi di trapianto di rene. Strategie multiprofessionali con colloqui motivazionali e l’identificazione dei pazienti che si mostrano poco complianti sono essenziali nella gestione di tali pazienti e nell’aderenza alla terapia. È importante lavorare sull’impostazione della comunicazione tra utenti e operatori sanitari. Una delle tecniche supportate dalla letteratura è l’utilizzo del teach-back method, il quale prevede un costante feedback dei pazienti sulle prassi e sulle azioni da seguire, al fine di massimizzare la loro comprensione della malattia e di promuovere la conoscenza, l’adesione, l’autoefficacia e le capacità di cura di sé (45). Altri interventi di tipo proattivo possono essere l’utilizzo di strumenti integrati elettronici come le cartelle cliniche elettroniche (Electronic Health Record, EHR), nell’ambito della cura e della gestione del follow-up nei pazienti con malattia renale cronica. Lo studio condotto da Sequist et al. nel 2018 evidenzia che l’utilizzo di questi strumenti migliora il coinvolgimento nella terapia dei pazienti con malattia renale cronica (46). Questi dati mostrano come un programma combinato di strumenti elettronici insieme a un maggiore coinvolgimento dell’operatore sanitario e del paziente migliorino alcune aree della cura della malattia renale cronica.

Conclusioni

Negli ultimi anni, il tasso di incidenza delle patologie croniche mostra un incremento costante in ogni Paese industrializzato e la malattia renale cronica non fa eccezioni. Oggi, i modelli statistici predittivi indicano un forte impatto per i sistemi sanitari nazionali a livello dell’organizzazione dell’assistenza e dei costi di gestione. A causa di questi dati, risulta necessario introdurre il modello assistenziale CCM, considerato dall’OMS come il modello di riferimento per il management delle patologie croniche. è basato su interventi scientificamente validati e prevede l’utilizzo di un sistema informatizzato del flusso delle informazioni, il tutto condotto da sanitari adeguatamente formati. La formazione del personale è mirata al miglioramento della capacità di lavorare in team, all’inclusione dei caregiver nel piano di assistenza dei pazienti cronici e all’intercettazione, alla prevenzione e al soddisfacimento dei bisogni della persona e della comunità. Tutto questo permette l’erogazione di un’assistenza personalizzata, olistica e multiprofessionale, caratterizzata da una forte umanizzazione delle cure e da interventi di prevenzione e di relazione tra sanitari, pazienti e caregiver come sistema di cura e assistenza, che si traduce in un miglioramento degli outcome dei pazienti e della loro qualità della vita. L’applicazione del CCM si può, quindi, considerare un modello prioritario da mettere in atto nei SSN di ogni Paese. Il CCM si può considerare un modello di sanità di iniziativa che anticipa gli interventi necessari al fine di prevenire l’aggravarsi della malattia e rappresenta, quindi, un modello prioritario da mettere in atto nei SSN di ogni Paese (47).

Disclosures

Conflict of interest: The authors declare no conflict of interest.

Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.

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