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G Clin Nefrol Dial 2020; 32: 60–63

DOI: 10.33393/gcnd.2020.2133

REVIEW

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La pandemia del nuovo Coronavirus 2019 e il trapianto renale

1Azienda Usl Toscana Centro, S.O.S. Nefrologia e Dialisi, Ospedale SS Cosma e Damiano, Pescia, Pistoia - Italia

2Professore di Nefrologia, già Direttore Nefrologia e Trapianto, Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze - Italia

Covid 2019 pandemic and renal transplantation

The Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2) is a major pandemic challenging health care. Infection has been reported in all ages, but older patients and immunosuppressed patients as the transplanted are at major risk. Prevention and treatment, whenever possible, are the commonly used strategies. Three steps may be distinguished. In the first step, prophylaxis is essential and based in avoiding any possible contact with infected people. Staying at home, masking the patient, carefully washing hands are the most commonly used strategies. If the disease develops in a transplanted patient, two steps must be added. In the first step, the reduction of the immunosuppressive therapy must be considered together with the administration of antiviral drugs. In a second phase of the disease, a severe lung involvement may develop mostly due to an inflammation cytokine induced. In this phase, in addition to an intensive ventilation requiring the intensive care unit, anticytokine drugs as tocilizumab should be considered.

Keywords: Coronavirus, Pandemic, Renal transplantation

Indirizzo per la corrispondenza:
Maurizio Salvadori
Azienda Ospedaliera Careggi
Largo Alessandro Brambilla 3
55100 Firenze - Italia
maurizio.salvadori1@gmail.com

Introduzione

Il COVID-19 è una malattia provocata dal nuovo Coronavirus, denominata Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2). La malattia è stata identificata per la prima volta nella provincia di Hubei in Cina nel dicembre 2019 (1).

I Coronavirus che infettano l’uomo sono sette. Quattro di questi hanno un andamento stagionale e circolano normalmente nell’uomo, provocando una lieve malattia a carico delle vie respiratorie ed eccezionalmente provocando polmoniti nei pazienti immunodepressi. In passato, due gravi epidemie sono state provocate da due differenti Coronavirus, la SARS-CoV o Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS-CoV) e la MERS-CoV o Middle East Respiratory Syndrome (2, 3). La mortalità per questi due Coronavirus è stata rispettivamente del 10% e del 37%.

Il COVID-19 è più contagioso dei Coronavirus già conosciuti, ha origine dai pipistrelli e si trasmette da uomo a uomo attraverso particelle aeree, feci o contatto diretto.

La malattia ha un’incubazione di uno-dieci giorni. Nella maggioranza dei casi, ha manifestazioni lievi simil-influenzali. Spesso, però, il COVID-19 si presenta clinicamente con febbre, tosse, mialgie e astenia (4). Nel 16-20% dei casi, i pazienti diventano gravi e critici e spesso richiedono il ricovero in terapia intensiva per una saturazione di ossigeno gravemente ridotta associata a polmonite bilaterale. Elevati livelli ematici di citochine, come IL-2, IL-6, IL-7, IL-10 e TNFα, sono presenti nei pazienti che richiedono il ricovero in terapia intensiva (5).

I dati sul COVID-19 nei pazienti trapiantati sono ancora limitati e spesso sono case reports. Anche basandoci sulle esperienze maturate con gli altri due Coronavirus, gravi infezioni si possono verificare nei pazienti immunodepressi, fra cui i trapiantati. I dati recentemente pubblicati sull’ERACODA dell’ERA-EDTA hanno riunito 100 pazienti renali, il 75% dei quali con trapianto di rene (6).

I pazienti trapiantati di rene sono indubbiamente a maggior rischio di contrarre una grave infezione da COVID-19. Per questo motivo, si raccomandano diverse misure precauzionali e terapeutiche che possono essere così riassunte:

a) profilassi

b) modificazione dell’immunosoppressione

c) terapia specifica per COVID-19 e per le sue complicanze

d) controllo sui trapianti di rene sia da donatore vivente sia da donatore cadavere

Profilassi

Per i pazienti e per il personale addetto è raccomandata l’igiene attenta e ripetuta delle mani con sapone e soluzione alcolica.

È anche raccomandata la vaccinazione per prevenire infezioni batteriche secondarie, come l’antipneumococcica.

A parte le limitazioni imposte dai diversi governi, è assolutamente sconsigliato, per i pazienti trapiantati, mettersi in viaggio, se non per necessità assolute e documentate. La stessa raccomandazione vale anche per partner o familiari conviventi. Peraltro, in molti paesi, è raccomandato per tutti non uscire da casa.

Anche se non è definitivamente chiara l’opportunità di indossare una mascherina protettiva per naso e bocca, questa misura è raccomandabile, oltre a mantenere sempre una distanza adeguata da altre persone. Non è definitivamente chiaro se le mascherine N95 siano superiori alle comuni mascherine chirurgiche. Probabilmente sì, anche se sono più scomode da indossare.

Le posizioni sull’uso delle mascherine variano da paese a paese e da un’organizzazione all’altra (7), ma il loro impiego è, in genere, raccomandato e, in alcuni casi, imposto, soprattutto in ambienti chiusi.

Le misure profilattiche devono essere assolutamente maggiori per pazienti che presentino sintomi come febbre o tosse o che abbiano viaggiato negli ultimi quattordici giorni o che siano stati in contatto con persone con sospetta infezione da COVID-19 (8).

Nei casi di pazienti sintomatici, anche se l’eziologia COVID-19 non è accertata, diventa necessario l’uso di una mascherina protettiva, bisogna porre il paziente in un ambiente dedicato e protetto e bisogna seguire le Linee Guida aggiornate in continuazione, fornite dal centro per il controllo delle malattie infettive (CDC) (9).

Modificazione dell’immunosoppressione

In caso di pazienti trapiantati paucisintomatici con temperatura corporea <38°C, tosse senza dispnea e Rx del torace negativa, deve essere interrotta la somministrazione di acido micofenolico dopo la conferma della positività al COVID-19. Deve anche essere sospesa la somministrazione di inibitori della calcineurina (CNI). Gli steroidi sono continuati o introdotti, se sospesi in precedenza (10).

Non tutti concordano sulle modalità di modificazione dell’immunosoppressione in questo tipo di pazienti. Il gruppo DESCARTES dell’EDTA suggerisce quanto segue (11):

1) in caso di pazienti asintomatici, senza infezione da COVID-19, non sono necessarie modifiche dell’immunosoppressione;

2) in caso di pazienti paucisintomatici:

- se i pazienti sono in triplice terapia, è opportuno interrompere MPA/AZA/mTORi e mantenere il paziente in duplice con CNI e steroidi;

- se i pazienti sono in duplice terapia, la continuano. Se la duplice è priva di steroidi, come in caso di CNI + MPA/mTORi, va considerata la sostituzione di MPA o di mTORi con steroidi a basso dosaggio;

- è sempre raccomandata la riduzione della CNI (ai più bassi livelli del range terapeutico, sempre, però, in considerazione del rischio immunologico) nei pazienti in cui non ci sia un chiaro miglioramento clinico dopo 3-5 giorni;

3) nei pazienti con lieve polmonite da COVID-19 e con saturazione dell’ossigeno in aria intorno al 94-95%:

- nei pazienti ad alto rischio, o per l’età superiore ai settant’anni o per comorbidità o per fattori di rischio (diabete, malattia cardiaca o polmonare, storia importante di fumo, BMI >30 kg/m2, eGFR <30 mL/min, storia di terapia immunosoppressiva che induce una deplezione linfocitaria nei 3-6 mesi precedenti): interrompere MPA/AZA/mTORi, interrompere CNI e continuare con steroidi al dosaggio di 15-25 mg/die;

- nei pazienti ad alto rischio: interrompere MPA/AZA/mTORi, mantenere una duplice terapia con CNI e steroidi, ma ridurre i dosaggi di CNI;

- nei pazienti che iniziano il trattamento antiretrovirale, vanno sospesi le CNI;

4) nei pazienti con grave polmonite da COVID-19, con saturazione di ossigeno <94% in aria o che richiedano ventilazione non invasiva o trasferimento in terapia intensiva con o senza ventilazione meccanica:

- va sospesa tutta la terapia immunosoppressiva continuando solo con steroidi. Può essere considerata solo la continuazione a bassi dosaggi di CNI limitatamente ai pazienti a elevato rischio di rigetto.

Terapia specifica per COVID-19 o per le sue complicanze

Si devono distinguere una terapia antivirale e una terapia delle complicanze legate agli effetti del virus.

a) Terapia antivirale

Si avvale di clorochina e idrossiclorochina. Studi effettuati in corso di SARS hanno documentato l’efficacia di tali farmaci. La loro efficacia sul COVID-19, valutata da alcuni studi, sembra essere limitata (12). L’idrossiclorochina sembra avere un maggiore effetto immunomodulante e un profilo farmacologico migliore. In un piccolo studio, la sua associazione con antivirali sembra abbreviare i tempi di negativizzazione della PCR (13).

La terapia antivirale si avvale di antiretrovirali di seconda generazione, come l’associazione di lopinavir/ritonavir. I dati disponibili a ora sulla loro efficacia non sono, tuttavia, univoci.

Farmaci alternativi antiretrovirali sono le associazioni di darunavir/ritonavir o di darunavir/cobicistat.

Il remdesivir è un analogo nucleotidico la cui azione consiste nell’incorporare il farmaco nella catena di RNA neosintetizzata. La sua possibile efficacia è documentata da diversi studi (14-16).

b) Altri farmaci

L’azitromicina, almeno in uno studio, si è rivelata efficace in associazione con l’idrossiclorochina nell’accelerare i tempi di negativizzazione della PCR (13).

Il tocilizumab, in considerazione della sua elevata azione anti IL-6, sembra avere un’efficacia importante nei pazienti con ampio rilascio citochinico (17).

Molta importanza deve essere data all’interazione farmacologica fra clorochina/idrossiclorochina, farmaci antiretrovirali e agenti immunosoppressori.

In caso di somministrazione di clorochina/idrossiclorochina, è opportuno monitorare con attenzione i trough levels di ciclosporina, tacrolimus e inibitori di mTOR.

In caso di somministrazione di antivirali, deve essere interrotta la somministrazione degli inibitori di mTOR e degli inibitori della calcineurina (11).

Un problema emergente è quello della possibile mutazione del genoma virale. In uno studio in press su Translational Medicine, gli Autori hanno osservato che esistono otto mutazioni di SARS-CoV-2, distribuite diversamente nei differenti continenti. Il virus con mutazione in posizione 14408 è stato identificato in Europa verso metà febbraio 2020. È un virus con mutazione RNA dipendente RNA polimerasi (RdRp), che potrebbe rendere il virus resistente agli agenti antiretrovirali che agiscono a tale livello (18).

Trapianto renale da donatore vivente o da donatore cadavere

Data la scarsità dei dati, non è ancora chiaro se i pazienti in lista d’attesa e con infezione recente da COVID-19 possano essere trapiantati con tranquillità. In generale, il trapianto dovrebbe essere rimandato. Si raccomanda che, prima di rientrare in lista d’attesa, il paziente abbia due COVID PCR negative.

Per quanto riguarda i donatori, le stesse attenzioni devono essere poste per donatore vivente e per donatore cadavere. Il rischio non è chiaro, ma una trasmissione di RNA virale è stata documentata nel 15% dei trapiantati, in una casistica pubblicata (19).

Per fornire migliori raccomandazioni sull’utilizzo di organi provenienti da donatori viventi o da donatori cadaveri, la Società Americana dei Trapianti ha sviluppato la Tabella I e la Tabella II (19).

Tabella I - Screening epidemiologico e clinico per COVID-19 di potenziali donatori
Screening epidemiologico
Il donatore cadavere presenta qualcuno dei seguenti criteri?

- Ha viaggiato o risieduto nei precedenti ventuno giorni in un’area dove avveniva la trasmissione di COVID-19

- Ha viaggiato in aree a elevato rischio, secondo i criteri del CDC

- Ha avuto un contatto diretto con persone affette da COVID-19 o sospette tali nei ventuno giorni precedenti

- Ha avuto una diagnosi certa di COVID-19 negli ultimi ventotto giorni

Screening clinico
Il donatore cadavere ha avuto, negli ultimi ventuno giorni, qualcuno dei seguenti sintomi?

- Febbre >38°

- Malessere o sindrome tipo influenzale con o senza mialgie

- Tosse

- Difficoltà nel respiro

- Dolori addominali o diarrea non altrimenti spiegabili

- Perdita del gusto o dell’odorato

Tabella II - Classificazione dei donatori in base ai criteri clinici ed epidemiologici della Tabella I

Donatori ad alto rischio:

- uno o più dei criteri di screening epidemiologico più

- uno o più dei criteri di screening clinico

Donatori a rischio intermedio:

- uno o più dei criteri di screening epidemiologico e

- nessun criterio di screening clinico

Donatori a rischio intermedio:

- nessun criterio di screening epidemiologico e

- uno o più dei criteri clinici, senza, però, una chiara diagnosi e in assenza di test per COVID-19

Donatori a basso rischio:

- nessun fattore di rischio epidemiologico e

- nessun sintomo clinico

In pratica si possono fornire le seguenti raccomandazioni:

a) donatori viventi che abbiano recentemente viaggiato in località con forte diffusione virale o che siano stati in contatto con persone con infezione da COVID-19 o sospette tali devono essere mantenuti sospesi per almeno quattordici giorni;

b) donatori cadaveri affetti da COVID-19 non devono essere utilizzati;

c) donatori cadaveri a rischio epidemiologico per COVID-19, anche in assenza di febbre e di altri sintomi, devono essere esclusi dalla donazione di organi non salvavita;

d) donatori viventi o cadaveri guariti da COVID-19 da almeno ventotto giorni devono essere usati con cautela e l’opportunità di tali trapianti deve essere valutata caso per caso (8).

Conclusioni e previsioni

Chiaramente, trattandosi di una pandemia di recente insorgenza e dovuta a un virus finora sconosciuto, i dati che si possono ottenere sono ancora pochi e frammentari.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Società Americana per i Trapianti d’Organo solo ora, ad aprile, cominciano ad avere i primi datti attendibili.

Allo stato attuale, le raccomandazioni più accreditabili sono quelle concernenti la profilassi e, quindi, tutte le forme di isolamento possibili.

La riduzione dell’immunosoppressione è raccomandata solo per i pazienti sintomatici.

L’introduzione in terapia di agenti antivirali è ammessa, ma, in tal caso, è raccomandata un’estrema attenzione per le possibili interferenze che si possono avere con gli agenti immunosoppressori.

Farmaci monoclonali anticitochinici devono essere riservati ai pazienti più gravi e con compromissione polmonare.

Le prospettive sono rappresentate dallo sviluppo di agenti antivirali specifici per il COVID-19, anche se deve essere tenuto presente che lo sviluppo di mutazioni può rappresentare un problema molto serio.

Simile discorso vale anche per il vaccino per lo sviluppo del quale sembrano esserci tempi lunghi e con i limiti rappresentati dalle possibili mutazioni virali.

Disclosures

Conflict of interest: The authors declare that there is no conflict of interest.

Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.

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