G Clin Nefrol Dial 2020; 32: 3-6 DOI: 10.33393/gcnd.2020.1183 POINT OF VIEW |
Aiutiamo il pianeta ad avere un futuro se vogliamo dare un futuro ai nostri pazienti
Manifesto per la responsabilizzazione nella difesa della nostra casa comune
Give the planet a chance if we want our patients to have a future
Climate changes have never been as dramatically apparent in our everyday life as now.
It is urgent to reduce greenhouse gas emissions and mitigate the consequences of climate changes both on the planet and on human health.
The indiscriminate exploitation of natural resources and the lack of shared rules are among the major causes. Recently, some economists have called for a radical change in the present economic model towards a “social solidarity economy” model. G. Giraud, a French economist, called for an ecological and social transition in order to reduce the ecological footprint and deal concretely with the problem of global warming. The good news is that the solutions are there and do not have to be punitive. Health consequences of climate changes have already caused serious drawbacks on public health. Doctors and scientific institutions can and must contribute to help mitigate the effects of climate change through increasing commitment and support to good environmental policies. Climate emergency requires the extension of ethics and medical practice beyond their traditional mission to involve the relationship between patients, doctors and society. We propose that medical scientific institutions quickly promote the birth of task forces dedicated to addressing this problem.
Keywords: Anthropocene, Climate change, Ecological transition, Medical ethics
Received: December 21, 2019
Accepted: January 02, 2020
Published online: March 05, 2020
© 2020 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0). Any commercial use is not permitted and is subject to Publisher’s permissions. Full information is available at www.aboutscience.eu
Premessa
È ormai evidente che stiamo vivendo una drammatica emergenza climatica ed è altrettanto evidente che la sua soluzione o anche solo un suo parziale controllo potrà avvenire solo se a livello globale ci sarà una forte e condivisa volontà politica.
Negli ultimi anni i cambiamenti climatici si sono resi sempre più evidenti in coincidenza con l’incremento del riscaldamento globale le cui cause, al di là di ogni ragionevole dubbio, sono da attribuire principalmente alle attività umane.
È altresì evidente che fino ad oggi la maggior parte dei governi ha avuto nei confronti del problema un atteggiamento esitante e poco collaborativo come dimostrano gli insoddisfacenti risultati ottenuti sulla riduzione delle emissioni di gas serra riportati nelle ultime conferenze internazionali organizzate dalle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC).
Del resto le drammatiche conseguenze di questo cambiamento, di cui gli uragani, le piogge sempre più violente e la desertificazione del suolo sono una frequente espressione, non sono mai state così evidenti e palpabili nella nostra vita quotidiana come adesso. Questa realtà non ci consente più di delegare alle sole istituzioni governative la risoluzione di questi problemi ma richiede un forte e diretto impegno dell’intera società civile di cui i medici e le società scientifiche sono una rilevante parte.
Un pianeta malato
L’indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali e la mancanza di regole condivise sono due delle principali cause del cambiamento climatico come è stato chiaramente denunciato da Papa Francesco nella ormai storica enciclica Laudato sì del 2015 (1). Che il cambiamento climatico stia assumendo dimensioni di estrema gravità lo afferma Il rapporto annuale dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) organismo ONU e più importante gruppo di ricerca sui cambiamenti climatici, redatto in agosto di quest’anno. Si tratta di un vero e proprio bollettino di guerra in cui si sottolinea l’estrema urgenza di agire decisamente per ridurre le emissioni di gas serra e limitare le conseguenze del cambiamento climatico. Nel rapporto è impressionante notare come il progressivo riscaldamento ambientale abbia avuto una drammatica ed esponenziale impennata dagli anni ’80 del secolo scorso ad oggi.
L’impatto devastante prodotto dall’uomo sul nostro pianeta è stato di recente riassunto con il termine fortunato di “antropocene” che bene paragona l’entità di questo impatto a una vera e propria era geologica, quella appunto dell’uomo.
Le cause di questo esasperato sfruttamento delle risorse risiedono nell’attuale modello economico caratterizzato dall’accumulo nelle mani di pochi di enormi patrimoni e dal crescente impoverimento e sfruttamento di larghe parti della popolazione con le inevitabili diseguaglianze economiche e sociali che ne conseguono. Basti pensare alle analisi di economisti come Amartya Sen, Joseph Stiglitz, e Jean Paul Fitoussi. Altri economisti come William D. Nordhaus e Paul M. Romer, discostandosi dall’approccio tradizionale, hanno recentemente tentato di integrare innovazione tecnologica e variabile ambientale e climatica con la crescita economica affermando la possibilità di creare una crescita economica sostenuta e sostenibile (2). Infine è ancora molto dibattuta, ancorché difficilmente realizzabile su scala globale, l’efficacia di una tassazione delle emissioni di CO2 come strumento per scoraggiare l’uso delle fonti fossili e contrastare il surriscaldamento globale.
Diversamente, economisti italiani e stranieri come Stefano Zamagni, Giancarlo Bruni e J.Sachs, ex direttore dell’Earth Institute della Columbia University, propendono invece per un cambiamento sostanziale dell’attuale modello economico verso un modello di “economia civile e solidale” dove a prevalere è il bene comune sul profitto dei singoli (3,4).
La transizione ecologica: una possibile strada per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico
Gaël Giraud, economista e gesuita francese, ha auspicato una transizione ecologica e sociale allo scopo di far nascere una cultura ecologista volta a modificare il flusso del denaro pubblico verso usi che servano a ridurre l’impronta ecologica con l’obiettivo di superare l’attuale modello economico e iniziare ad affrontare concretamente il problema dell’emissione dei gas serra, principale causa del cambiamento climatico (5).
Transizione ecologica non significa semplicemente “rinverdire” l’attuale sistema, bensì adottarne uno nuovo, che rompa definitivamente con la dittatura del PIL. Questo nuovo modello deve cambiare il modo in cui noi consumiamo, lavoriamo, produciamo, in una parola “viviamo assieme”, consentendo e promuovendo la partecipazione attiva della popolazione civile.
Se non agiremo prontamente, il cambiamento climatico e la deplezione delle risorse naturali scateneranno cambiamenti drammatici. La buona notizia è che le soluzioni pratiche, non solo teoriche, ci sono e non sono necessariamente punitive. Al contrario ci aiuteranno a vivere meglio.
Paul Hawken, un noto ambientalista, ha raccolto almeno cento idee sfruttando diverse professionalità nel campo per esempio della raccolta e della distribuzione dell’energia, della produzione del cibo, della costruzione di edifici a minor impatto energetico, dello sviluppo di nuove forme di mobilità etc. che ha pubblicato in un libro “Drawdown” che si propone come “il piano più completo per invertire il riscaldamento globale” mediante una attiva cooperazione a livello mondiale con differenti scienziati e istituzioni (6). E che questo sia “il problema” da affrontare lo testimonia anche il titolo di copertina del numero di settembre dell’Economist: “la questione climatica” (7).
Le ripercussioni sulla salute dei cambiamenti climatici
Le conseguenze del cambiamento climatico hanno già causato serie ripercussioni sulla salute pubblica come per esempio l’aumento delle patologie polmonari e l’aumento di insufficienza renale di origine ignota, conosciuta come Mesoamerican nephropathy, specie nei paesi del Centro-America.
Le conseguenze maggiori ricadranno sui più poveri nei paesi meno sviluppati. L’aumento delle temperature aumenta i livelli di ozono e tende a compromettere la funzionalità polmonare aumentando i ricoveri in ospedale per cause cardiopolmonari e respiratorie. Uragani e alluvioni diventeranno sempre più frequenti causando danni diretti alla salute delle popolazioni. L’aumento della temperatura delle acque faciliterà la crescita di patogeni come quelli Coliformi o della specie dei Vibrioni potendo causare una diversa e più ampia diffusione delle malattie causate da vettori come la malattia di Lyme e la Dengue.
L’adattamento e la mitigazione di tali effetti sono urgenti e si realizzano mediante la prevenzione secondaria. Allo stesso tempo sono necessarie strategie di prevenzione primaria volte a ridurre le cause alla base del cambiamento climatico. Questo problema è stato di recente affrontato da un numero del New England Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste internazionali di medicina, dove non solo le conseguenze sulla salute del cambiamento climatico ma anche l’etica ambientale sono state portate nel campo della pratica medica in una sorta di allargamento della coscienza etica (8,9).
Proprio l’allargamento della coscienza etica deve indurre noi medici, le nostre società scientifiche e il mondo accademico ad un impegno che non sia esclusivamente professionale (rapporto medico-paziente-malattia) ma anche rivolto a individuare le cause ambientali e sociali (i cosiddetti determinanti della salute) alla base delle patologie, indicando anche i modi per risolverle.
Il ruolo delle società scientifiche e del mondo accademico
I medici con le loro Società Scientifiche e l’intero mondo accademico possono e devono dare il loro contributo per mitigare e aiutare a risolvere le problematiche legate al cambiamento climatico. Due sono le possibili modalità.
La prima, diretta, non limitandosi a curare le malattie (compito tradizionale) ma indicando i possibili interventi per attenuare e/o risolvere i problemi di salute legati al cambiamento climatico come, ad esempio, nel caso dell’asma secondario all’inquinamento dell’aria o delle allergie che non dipendono solo dagli inquinanti (pollutants) ma anche dal cambiamento del clima che rende diverse le stagioni e le fioriture e modifica l’espansione degli allergeni. Ogni società ovviamente nell’ambito delle proprie competenze.
Un altro possibile approccio di tipo diretto è quello rivolto a ridurre al massimo l’utilizzo di materiali da smaltire e/o di privilegiare materiali e strumenti meno inquinanti e possibilmente riciclabili (si pensi all’uso degli imballaggi), evitando lo spreco di risorse nelle strutture di lavoro (eccessivo riscaldamento, luci, medicinali …)
Le Società non mediche, appartenenti al mondo accademico come, ad esempio, le Società di Fisica e di Chimica, potrebbero contribuire a risolvere le altre problematiche, in primis quelle energetiche (uso di energie rinnovabili), quelle legate all’uso di sostanze e materiali meno inquinanti sia in campo industriale che agricolo.
La seconda modalità, indiretta, attraverso un convinto e crescente supporto a ogni utile iniziativa ambientale, sostenendo e spingendo i responsabili di istituzioni e governi ad impegnarsi per applicare le politiche ambientali più efficaci.
Questo hanno fatto gli oltre trecento accademici firmatari della carta del S. Anna di Pisa (Luglio 2019), rivolta ai principali esponenti delle nostre istituzioni incluso il presidente della Repubblica, in cui si chiede “che l’Italia segua l’esempio di molti Paesi Europei e decida di agire sui processi produttivi e il trasporto, trasformando l’economia in modo da raggiungere il traguardo di ‘zero emissioni nette di gas serra’ entro il 2050”.
Del resto, lo scopo delle Società Scientifiche, mediche e non, è quello di promuovere e migliorare il benessere del genere umano attraverso le loro specifiche competenze. In particolare, per quelle mediche, la missione non è solo quella di migliorare le cure delle malattie, ma di farlo con mezzi sostenibili, riducendo quanto più possibile l’impronta ecologica dei nostri ospedali e ambulatori. Si tratta in fondo di curare il nostro pianeta oltre che i nostri pazienti. Questo atteggiamento, per noi inusuale, non deve sorprenderci se già nel 1961 dei professionisti fondarono “Medici per la responsabilità sociale”.
In effetti, il patrocinio medico ha una lunga storia. L’impegno a migliorare la salute delle popolazioni ha spesso portato i medici a supportare programmi etici e politici radicali. “La medicina è una scienza sociale”, scriveva Rudolf Virchow nel 1848, e “la politica non è nient’altro che una medicina su larga scala”.
Conclusioni e proposte
I medici e le Società Scientifiche devono comprendere che la salute delle popolazioni dipende da quella del pianeta. L’emergenza climatica richiede un allargamento dell’etica e della pratica medica al di là del loro tradizionale obiettivo fino a coinvolgere i rapporti tra pazienti, medici e società.
Il riscaldamento globale è un problema di oggi, ma le sue conseguenze lo saranno ancora di più in futuro.
Le politiche attuali sono molto indietro rispetto a quello che la scienza indica come la strada necessaria da percorrere per evitare l’apocalisse futura. Ci sono stati molti progressi dal punto di vista della consapevolezza del problema da parte dell’opinione pubblica, consapevolezza che si è espressa con particolare forza e spontaneità con la nascita del movimento “Fridays for future” di Greta Thunberg.
Il movimento mostra, se ce ne fosse bisogno, l’importanza del coinvolgimento attivo di un numero sempre maggiore di persone appartenenti alla società civile, per spingere i governanti ad affrontare concretamente il problema. In questo contesto, noi medici e le nostre Società Scientifiche dobbiamo acquisire sempre di più la consapevolezza che la salute dei nostri pazienti dipende “in primis” da quella dell’ambiente in cui viviamo. Sta a noi trovare gli strumenti più adatti ed efficaci.
Proponiamo che le Società Scientifiche mediche aderiscano alla carta del S. Anna di Pisa e, al più presto, promuovano e incoraggino la nascita al loro interno di vere e proprie “task force” dedicate ad affrontare i problemi legati al cambiamento climatico. Solo allora potremo veramente dire, parafrasando il motto del nostro ultimo convegno di Rimini: “yes we can, yes we care”.
Disclosures
Financial support: The Authors declare no financial support.
Conflict of interest: The Authors declare no conflict of interest.
Bibliografia
- 1. Papa Francesco Laudato sì, Roma, Italy: 2015.
- 2. Nordhaus D. The climate casino. Yale: Yale University Press 2013.
- 3. Zamagni S, Bruni L. L’Economia civile. Milano: Il Mulino 2015.
- 4. Sachs J, The end of poverty. New York: Penguin Press 2005.
- 5. Giraud G, Transizione ecologica. Bologna: Emibook 2015.
- 6. Hawken Drawdown P, Milano: Feltrinelli 2018.
- 7. The Climate Issue, San Francisco: The Economist 2019 September 19th.
- 8. R. N. Salas and C. G. Solomon Interactive perspective: the climate crisis-health and care delivery N Engl J Med 2019;381:e13.
- 9. R. N. Salas, D. Malina and C. G. Solomon Prioritizing health in a changing climate N Engl J Med 2019;381:773-774.