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AboutOpen | 2022; 9: 70-72

ISSN 2465-2628 | DOI: 10.33393/ao.2022.2424

REVIEW

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Gestione della coagulopatia e dell’emorragia nel paziente sottoposto a chirurgia addominale maggiore

UOC Anestesia Rianimazione Terapia del Dolore, Ospedale Engles Profili, Fabriano - Italy

Coagulopathy and hemorrhage management in major abdominal surgery

Whilst some guidelines for hemorrhage management during major abdominal surgery have been written, evaluation of the patient’s basal condition remains the headmost factor. Firstly, an assessment to predict perioperative bleeding should be performed, although its prognostic ability is limited as it relies on the patient’s anamnesis and on standardized tests that can have a low predictive accuracy. Upon hemorrhage, monitoring the therapeutic window between hypovolemia and hypervolemia is of crucial importance. According to the guidelines, both a prompt stabilization of cardiac preload and goal-directed fluid therapy (with either colloids or crystalloids) are advised in case of both hypovolemia and hypervolemia. Plasma transfusion, instead, is discouraged for treatment of elevated (mild to moderate) International Normalized Ratio (INR), as it was shown to have minimal effects and to increase the risk of infection. In summary, to define the weak link in the coagulation cascade and the etiopathogenesis of postoperative bleeding is necessary to rely on all available methodologies, such as standardized tests, point-of-care tests and goal-directed therapies. This review gives an overview of the many factors that must be monitored during surgical hemorrhage and a summary of the approaches to manage coagulopathy.

Indirizzo per la corrispondenza:
Cristiano Piangatelli
UOC Anestesia Rianimazione Terapia del Dolore
Ospedale Engles Profili, Fabriano
Viale Stelluti Scala 26
60044 Fabriano (AN) - Italy
c.piangatelli@sanita.marche.it

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© 2022 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0). Commercial use is not permitted and is subject to Publisher’s permissions. Full information is available at www.aboutscience.eu

Introduzione

A oggi non esistono numerose Linee Guida e letteratura a supporto riguardo alla gestione dell’emorragia nella chirurgia addominale maggiore.

L’approccio più corretto rimane quello di valutare attentamente le condizioni basali del paziente. In particolare, due aspetti devono essere considerati in sala operatoria, l’ipotermia e l’acidosi, che possono essere monitorate e corrette controllando il loro impatto sulla coagulazione.

La Società Europea di Anestesiologia raccomanda di mantenere la normotermia perioperatoria, perché riduce la perdita di sangue oltre che la necessità di trasfusioni, e di perseguire la correzione del pH durante il trattamento della coagulopatia acidotica. Si consiglia, inoltre, di somministrare calcio durante le trasfusioni massicce se la sua concentrazione è ridotta, al fine di preservare la normocalcemia (> 0,9 mmol L–1) (1).

L’ipotermia e l’acidosi sono contraddistinte da meccanismi fisiopatologici differenti. La prima ha una latenza maggiore, ovvero il paziente forma con ritardo il coagulo che, malgrado ciò, tende ad avere nel tempo una forza vicina a quella della normalità. Nell’acidosi, invece, l’attività di coagulazione inizia rapidamente, ma durante l’arco del tempo la forza del coagulo risulta molto debole. Senza il monitoraggio e l’eventuale correzione di queste due condizioni, il risultato clinico di ogni tipo di provvedimento terapeutico sarà inferiore a quello atteso.

A lungo ci si è interrogati sulla possibilità di predire l’emorragia perioperatoria ma su questo aspetto non è disponibile molta letteratura. Le Linee Guida della Società Francese di Anestesia e Terapia Intensiva hanno come obiettivo lo screening preanestetico per i disturbi emostatici congeniti o acquisiti per prevenire le complicanze emorragiche perioperatorie attraverso un’adeguata gestione medica e chirurgica. La valutazione preoperatoria del rischio di sanguinamento richiede un colloquio dettagliato con il paziente per determinare qualsiasi storia personale o familiare di diatesi emorragica ed è necessario un esame fisico per rilevare i segni di coagulopatia. Devono essere prescritte indagini di laboratorio sull’emostasi, non sistematicamente, in base alla valutazione clinica e all’anamnesi del paziente. I test standard, tuttavia, hanno un basso valore predittivo positivo per il rischio di sanguinamento nella popolazione generale. Va considerato inoltre che, in caso di ipotermia, gli esami di laboratorio possono fornire dati clinici errati in quanto la correzione di temperatura che viene fatta al campione altera la stima della coagulazione (2).

Nelle Linee Guida della Società Europea di Anestesiologia si raccomanda l’uso di questionari standardizzati sull’emorragia e sull’anamnesi farmacologica come preferibili all’uso routinario dei test convenzionali di screening della coagulazione, per esempio il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT), l’International Normalized Ratio (INR) e la conta piastrinica nella chirurgia elettiva.

È consigliata l’applicazione di algoritmi di intervento che incorporino trigger e target predefiniti, basati sul monitoraggio della coagulazione di test emostatici viscoelastici (VHA) per guidare un intervento emostatico individualizzato in caso di sanguinamento perioperatorio. I test di funzionalità piastrinica preoperatoria sono raccomandati invece solo in associazione con una storia clinica di sanguinamento (1).

Goal-directed fluid therapy

Quando il paziente perde liquidi, è importante monitorare la finestra terapeutica tra ipovolemia e ipervolemia. Essa è variabile in base allo status del paziente: ampia nel paziente sano, stretta in quello con un’importante comorbilità epatica e cardiovascolare.

La Società Europea di Anestesiologia raccomanda una stabilizzazione tempestiva del pre-load cardiaco durante tutta la procedura chirurgica. In caso di sanguinamento incontrollato, si suggerisce di considerare soglie più basse per il pre-load cardiaco e/o l’ipotensione permissiva. È sconsigliato l’uso della pressione venosa centrale (CVP) e della pressione di occlusione dell’arteria polmonare come uniche variabili per guidare la fluidoterapia e l’ottimizzazione del pre-load durante il sanguinamento grave. Dovrebbero invece essere prese in considerazione la valutazione dinamica della reattività ai fluidi e la misurazione non invasiva della gittata cardiaca. Si suggerisce, inoltre, la sostituzione delle perdite di liquidi extracellulari con cristalloidi isotonici in modo tempestivo (1).

La fluidoterapia mirata (goal-directed fluid therapy) è consigliata come mezzo per evitare sia l’ipovolemia che l’ipervolemia. L’approccio migliore potrebbe essere quello di utilizzare cristalloidi fisiologicamente bilanciati per la rianimazione ipovolemica e colloidi per l’aumento emodinamico euvolemico (3).

Tuttavia, gli effetti dei cristalloidi e colloidi sulla coagulazione sono poco noti, con risultati contraddittori emersi da studi precedenti. Uno studio del 2006 è stato condotto per testare l’effetto di una serie di fluidi per la rianimazione sulla coagulazione del sangue intero in vitro. Si è potuto osservare come alcuni fluidi per la rianimazione abbiano un profondo effetto sulla coagulazione (Tab. I) (4).

La confusione in letteratura può derivare dal fatto che l’effetto dipende sia dal fluido che dalla diluizione, senza una semplice scissione cristalloide/colloide.

La trasfusione di plasma

La Società Europea di Anestesiologia sconsiglia l’uso della trasfusione di plasma per la correzione di un INR elevato, da lieve a moderato (1).

Uno studio condotto in tutto il Regno Unito sulla pratica trasfusionale di FFP, per caratterizzare i modelli di somministrazione e per valutare il contributo dei test di coagulazione pretrasfusionali, ha coinvolto un totale di 4.969 trasfusioni di FFP somministrate a pazienti in 190 ospedali, di cui il 93,3% negli adulti e il 6,7% nei bambini o nei neonati. I cambiamenti nei risultati della coagulazione standard dopo la somministrazione di FFP erano generalmente molto piccoli per adulti e bambini, sollevando importanti questioni circa il beneficio clinico dell’utilizzo di FFP (5).

Un altro aspetto importante da sottolineare è che le trasfusioni di FFP aumentano il rischio di infezione, come dimostrato in uno studio del 2008 dove si può notare come i pazienti che hanno ricevuto plasma fresco congelato abbiano una probabilità significativamente maggiore di sviluppare un’infezione rispetto a quelli che non hanno ricevuto FFP (6).

La gestione della coagulazione nel perioperatorio

Sebbene non siano ancora chiari dalla letteratura i valori target di fibrinogeno, è noto che una concentrazione di fibrinogeno inferiore a 1,5-2 g L–1 viene considerata ipofibrinogenemia nella coagulopatia acquisita ed è associata a un aumento del rischio di sanguinamento. La Società Europea di Anestesiologia fornisce anche indicazioni sui trattamenti tanto con fibrinogeno quanto con crioprecipitati e fattori della coagulazione (1).

I test viscoelastici vengono raccomandati dalle Linee Guida europee perché permettono di evitare trasfusioni massive e indiscriminate con il plasma per tutti i casi di sanguinamento, permettendo di attuare interventi più selettivi.

La fibrinolisi

La fibrinolisi è sicuramente uno degli scenari più difficili tanto da individuare quanto da gestire nel sanguinamento chirurgico. Sebbene non rappresenti un evento molto frequente quando insorge, se non individuata, può portare a serie conseguenze. Una sua classificazione propone una suddivisione in: fibrinolisi fisiologica (che non causa un sanguinamento eccessivo) e iperfibrinolisi (che causa un sanguinamento eccessivo); quest’ultima, a sua volta, può essere suddivisa in fibrinolisi locale (primaria) e iperfibrinolisi sistemica (primaria o secondaria) (7).

TABELLA I - Effetti dei fluidi di rianimazione sui parametri della coagulazione espressi come variazione in percentuale dal controllo
Parametri Salina Sodio lattato (soluzione elettrolitica) Succinilgelatina e cloruro di sodio Poligelina Destrano HES Albumina
TTP –6% +62% +77% –19% +127% +114% +41%
CR –5% –24% –43% –13% –83% –63% –47%
ACT +12% –3% –1% –3% +36% +19% +2%

HES: hydroxyethyl starch; TTP: time to peak; CR: clot rate; ACT: activated clotting time. Adattata da (4) con il permesso dell’Editore.

L’iperfibrinolisi primaria sistemica si manifesta in situazioni di squilibrio tra attivatori e inibitori del sistema fibrinolitico, generando un’attività fibrinolitica eccessiva e non correlata a un’iperattività del sistema coagulativo (p. es., iperplasminemia sistemica). L’intensità dello squilibrio e, di conseguenza, la sua rilevanza clinica variano a seconda della gravità della condizione scatenante.

L’iperfibrinolisi secondaria sistemica si manifesta per indebolimento del coagulo ed esaurimento degli inibitori della fibrinolisi, dopo un’attivazione estrema e prolungata della coagulazione.

Un altro meccanismo perioperatorio rilevante consiste in un’iperfibrinolisi essenzialmente primaria e localizzata. È causata dalla manipolazione chirurgica o traumatica dei tessuti ricchi di attivatori fibrinolitici (p. es., t-PA e u-PA), che porta al rilascio locale di queste sostanze (7).

Esistono chiare evidenze del fatto che la somministrazione di acido tranexamico sembri essere sicura nel ridurre il tasso di re-intervento per sanguinamento, per esempio dopo chirurgia bariatrica (8).

Conclusioni

Rimane infine un aspetto molto complicato, vale a dire individuare quale sia l’elemento debole della cascata coagulativa e quindi l’eziopatogenesi del sanguinamento post-operatorio. In questa indagine è necessario servirsi in maniera integrata di: i) test di laboratorio, ii) POCT e iii) goal directed therapy. I test viscoelastici sono certamente molto utili e, in termini di efficacia, l’uso dei test TEG® o ROTEM® sembra ridurre la necessità di tutti i tipi di trasfusioni di sangue ed essi si rivelano molto utili anche nella chirurgia pediatrica (9).

Come già detto sopra, i valori basali da monitorare sono i seguenti:

  • Ipotermia (< 34 °C)
  • Acidosi (pH < 7,2)
  • Ipocalcemia (Cai < 1 mmol/L)
  • Anemia (Hct < 24 g/dL)
  • Fibrinogeno (50-100 mg/dL)
  • PLT (> 50 × 109/L)

Un caso particolare è rappresentato dal paziente con sanguinamento gastrointestinale (GIB). L’approccio al paziente con GIB può essere molto complesso. Un panel multidisciplinare di medici con competenze in Gastroenterologia, Anestesiologia e Medicina Trasfusionale ha lavorato in concerto per poter fornire le migliori conoscenze al riguardo e guidare i clinici in questi scenari così complessi. Hanno così proposto un approccio globale e personalizzato secondo diversi scenari clinici per migliorare gli esiti dei pazienti con GIB, per i quali la riduzione delle trasfusioni inappropriate è cruciale. Vari algoritmi e suggerimenti di intervento sono consultabili dalla pubblicazione “Interventional Algorithm in Gastrointestinal Bleeding – An Expert Consensus Multimodal Approach Based on Multidisciplinary Team” (10).

Acknowledgments

We would like to thank Antonella Managò and Francesca La Rosa who, on behalf of Health Publishing & Services Srl, provided publishing support and journal styling services.

Disclosures

Conflict of interest: The author declares no conflict of interest.

Financial support: CSL Behring funded the publishing support and journal styling services. CSL Behring had no role in the conduct of the research, preparation of the article, in study design, in the collection, analysis and interpretation of data, in the writing of the report, and in the article for publication.

Bibliografia

  • 1. Kozek-Langenecker SA, Ahmed AB, Afshari A, et al. Management of severe perioperative bleeding: guidelines from the European Society of Anaesthesiology: First update 2016. Eur J Anaesthesiol. 2017 Jun;34(6):332-395. CrossRef PubMed
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  • 4. Coats TJ, Brazil E, Heron M. The effects of commonly used resuscitation fluids on whole blood coagulation. Emerg Med J. 2006;23(7):546-549. CrossRef PubMed
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  • 6. Sarani B, Dunkman WJ, Dean L, Sonnad S, Rohrbach JI, Gracias VH. Transfusion of fresh frozen plasma in critically ill surgical patients is associated with an increased risk of infection. Crit Care Med. 2008;36(4):1114-1118. CrossRef PubMed
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  • 8. Klaassen RA, Selles CA, van den Berg JW, Poelman MM, van der Harst E. Tranexamic acid therapy for postoperative bleeding after bariatric surgery. BMC Obes. 2018;5(1):36. CrossRef PubMed
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  • 10. Rodrigues A, Carrilho A, Almeida N, et al. Interventional Algorithm in Gastrointestinal Bleeding-An Expert Consensus Multimodal Approach Based on a Multidisciplinary Team. Clin Appl Thromb Hemost. 2020;26:1076029620931943. CrossRef PubMed