AboutOpen | 2020; 7(1): 55–57 ISSN 2465-2628 | DOI: 10.33383/abtpn.2020.2126 ORIGINAL RESEARCH ARTICLE |
L’esperienza in chirurgia bariatrica – ASUGI di Trieste
The experience in bariatric surgery – ASUGI of Trieste
Introduction: This article illustrates the use of the PHE-S® engagement measurement instrument in bariatric surgery at ASUGI.
Methods: The assessment of the levels of engagement allowed healthcare professionals to differentiate the level of risk and to identify the target of patients with lower adherence to therapies.
Results and Conclusions: This also improved the identification of the best clinical-assistance program, the personalization of the treatment programs and the possibility to verify the effectiveness of the services provided. Knowing the level of engagement and its dynamic evolution over time is fundamental to adopt specific strategies and to allow people to reach or maintain positive life trajectories.
Keywords: Adherence, Assessment, Bariatric surgery, Patient engagement, Patient support program
Received: April 13, 2020
Accepted: April 23, 2020
Published online: August 31, 2020
© 2020 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0). Any commercial use is not permitted and is subject to Publisher’s permissions. Full information is available at www.aboutscience.eu
Introduzione
Dopo diversi tentativi di seguire in maniera costante una dieta nel corso degli anni con risultati altalenanti, molte persone si avvicinano alla chirurgia bariatrica come ultima spiaggia. Il percorso propedeutico al trattamento chirurgico, la cosiddetta fase di eleggibilità, è rigoroso, lungo e articolato (1). Un vero e proprio puzzle, in cui ogni tassello deve essere correttamente collocato affinché la persona raggiunga il risultato atteso. Una fase importante, in cui può esser indicato supportare e accompagnare l’assistito, investendolo di un ruolo attivo nel raggiungere il cambiamento (2,3). Così facendo, inoltre, si riduce l’asimmetria nella relazione di cura e si accorcia la distanza tra assistito e professionista sanitario (4). Infatti, il coinvolgimento attivo valorizza il ruolo del cittadino (5), facilitandolo nel prendersi cura della propria salute, migliorando risultati clinici e qualità di vita (6).
Metodi
Per stabilire i livelli di engagement è possibile utilizzare la scala di misurazione validata PHE-S® (5,7): si tratta di uno strumento scientifico per individuare il livello di elaborazione emotiva e di accettazione della malattia lungo un continuum su quattro posizioni esperienziali (black out, allerta, consapevolezza, progetto eudaimonico).
La valutazione dell’engagement consente ai professionisti di stratificare il livello di rischio (basso → non aderenza alle terapie) e di migliorare l’identificazione dei target del programma clinico-assistenziale, la personalizzazione dei programmi di cura e la possibilità di verificare l’efficacia delle prestazioni erogate (8). È, indubbiamente, utile monitorare i livelli di engagement nel tempo. Conoscere il livello di engagement è fondamentale per adottare specifiche strategie e consentire alle persone di raggiungere o mantenere traiettorie di vita positive (5).
Inoltre, per consentire alle persone di raggiungere o mantenere traiettorie di vita positive, è utile adottare delle strategie, come gli strumenti per il coinvolgimento attivo che sviluppano esercizi su (9):
1. emozioni derivanti dalla condizione di salute: a) black out: narrazione dell’esperienza di malattia; b) allerta: diario giornaliero da compilare per una settimana; c) adesione: mappa di ciò che non fa star bene la persona; d) progetto eudaimonico: individuazione di tre punti di forza;
2. informazioni necessarie per conoscere la propria condizione: a) black out: conoscenze sulla propria condizione; b) allerta: domande da rivolgere all’esperto; c) adesione: propositi sulle conoscenze da migliorare; d) progetto eudaimonico: mappa delle modalità di raccolta delle informazioni;
3. capacità di gestire con una certa autonomia la propria malattia: a) black out: mappa delle attività da mettere in pratica per modificare le proprie abitudini di vita; b) allerta: autovalutazione sulle capacità di gestione della propria salute; c) adesione: piano di comportamenti da adottare per raggiungere il cambiamento; d) progetto eudaimonico: individuare delle scelte alternative da adottare in caso si presentino degli ostacoli lungo il cammino.
Il percorso proposto può incoraggiare la persona a modificare le proprie abitudini, sostenendola nel cambiamento (5); anche la sola compilazione della scala può favorire la consapevolezza di se stessi.
Il percorso PHE in Action (9) prevede diversi incontri faccia a faccia. Il primo è volto a raccogliere il vissuto di malattia della persona e a restituirle il risultato della scala PHE-S® compilata, sulla base del quale viene scelto il set di strumenti da consegnare per casa; si concorda il primo obiettivo da conseguire nell’arco di un mese e l’assistito deve valutarlo e riconoscere i benefici derivanti dal cambiamento. Durante il secondo incontro si somministra nuovamente la scala, si considerano le difficoltà incontrate o i risultati raggiunti, si concorda l’obiettivo successivo e si incoraggia a mantenere il piano ipotizzato. Gli incontri vanno cadenzati in base alle necessità e ai desiderata del singolo e, soprattutto, in relazione ai punteggi della scala.
Risultati
Il racconto dell’esperienza di una donna, Angela, moglie e madre, aiuta a comprendere le potenzialità del modello. Il nome utilizzato è di invenzione.
Angela ha iniziato a ingrassare in adolescenza: un brutto incidente in motorino l’aveva costretta a un lungo allettamento; tuttavia, seguitava a mangiare come se si allenasse a calcio per due ore quotidianamente. Quando avrebbe potuto riprendere con regolarità l’attività sportiva e, quindi, la forma fisica, ha subito un infortunio in campo, una vera sfortuna. È stata costretta ad abbandonare il calcio, la sua passione. Demoralizzata, non ha più voluto praticare alcuna attività sportiva: le altre discipline non le piacevano affatto. Anche per questo motivo non è riuscita a riprendere il peso forma. Ma, grazie ad alcuni compagni di scuola che la deridevano, ha deciso di riprendere in mano la propria vita e si è rivolta a una dietista. Nell’arco di un anno era riuscita a perdere gradualmente i chili in eccesso, inoltre aveva iniziato a frequentare una piscina. Negli anni successivi la situazione era rimasta sostanzialmente stabile, senza episodi rilevanti da segnalare. Un’ulteriore svolta è stata il matrimonio, si è rilassata e ha perso le buone abitudini a causa della mancanza di tempo da dedicare a se stessa. Desiderava avere dei figli e non riusciva a rimanere incinta: i medici avevano suggerito un dimagrimento significativo. Anche questo importante stimolo le aveva consentito di riprendere le redini, riuscendo nuovamente a dimagrire. Qualche tempo dopo aspettava trepidante Andrea, il primo fiocco azzurro: gravidanza perfetta, parto indolore, post-partum idilliaco. Nel frattempo, ha ripreso i chili che aveva prima della gravidanza, ma non riusciva a scendere sotto quella fatidica soglia; tuttavia, a distanza di un anno dal primo, attendeva il suo secondo fiocco azzurro, Marco: gravidanza perfetta, parto indolore ma un post-partum impegnativo. Due bimbi piccoli, sonno arretrato, le faccende domestiche da sbrigare, il marito poco presente a causa di impegni lavorativi. È un quadro abbastanza comune: Angela non ce la faceva a pensare anche a sé e ha iniziato a trascurarsi un po’. Non riusciva a perdere i chili accumulati con la seconda gravidanza. Ma non poteva continuare così, la salute ne risentiva. La situazione è precipitata quando ha ripreso il lavoro. Trascorso qualche anno, Angela ha deciso di farsi aiutare nuovamente da una dietista: è riuscita a perdere qualche chilo ma è ricaduta ancora nell’effetto yoyo del dopo dieta e ha ripreso peso con gli interessi. Allora, ha pensato di rivolgersi all’ambulatorio bariatrico per conoscere l’offerta chirurgica: ha iniziato il suo percorso e le è stato proposto l’engagement, che Angela ha ritenuto interessante e potenzialmente utile.
Al primo incontro, ha raccontato la sua storia e ha motivato il suo desiderio di sottoporsi all’intervento per preservare la salute residua e veder crescere i propri figli, che era convinta si vergognassero di lei. Riteneva che togliersi di dosso quei chili di troppo, cementati dalla pigrizia, l’avrebbe resa dinamica ed energica, ma temeva di non riuscire a mantenere i risultati. Non è stata costante in passato, ma sentiva, in cuor suo, che questa sarebbe stata la volta buona.
Era molto motivata a raggiungere la propria meta e si poneva l’obiettivo di perdere peso. Per raggiungerlo, aveva fissato alcune tappe: mangiare più lentamente e fermarsi quando sazia.
Al secondo incontro, ha voluto pesarsi: aveva perso 4 chili perché era riuscita a modificare alcune abitudini. Era soddisfatta di aver raggiunto il suo primo step, che, al momento, intendeva mantenere; era felice di aver ritagliato uno spazio per sé: l’indomani avrebbe fatto, dopo tanto tempo, una bella nuotata. Aveva sottoscritto, infatti, un abbonamento annuale in piscina. Inoltre, aveva coinvolto anche il marito nel processo di cambiamento: non poteva farcela da sola e doveva trovare degli alleati in famiglia.
Al terzo incontro, ha voluto nuovamente pesarsi: dopo quattro mesi, i chili persi totali erano 10, un ottimo risultato.
Angela aveva perso degli altri chili, dopo otto mesi ben 16 totali. In occasione di una visita di controllo aveva espresso il desiderio di poter attendere qualche mese prima di decidere se sottoporsi o meno all’intervento chirurgico: si concordava di archiviare temporaneamente la documentazione e di rivederla in ambulatorio a distanza di alcuni mesi, così da monitorare l’andamento del peso e da decidere il da farsi.
Dopo quattro mesi, Angela è ritornata in ambulatorio: aveva perso ulteriori 4 chili (20 totali), continuava a svolgere costante attività fisica e aveva modificato significativamente e stabilmente le proprie abitudini alimentari. Per il momento, non si sarebbe sottoposta all’intervento chirurgico, tuttavia avrebbe potuto contattare l’ambulatorio, in caso di necessità.
Angela ha ritenuto complessivamente molto utile il percorso affrontato per l’attenzione riservata agli aspetti emotivo e relazionale, inoltre, poiché la compilazione degli strumenti le aveva consentito di prendersi del tempo per sé; infatti, si era soffermata a riflettere sulla propria condizione e ne aveva preso consapevolezza. Si era sentita sostenuta nel cambiamento, facendo leva sui propri punti di forza per raggiungere gli obiettivi prefissati e mantenere i risultati ottenuti.
Per lei, è stato fondamentale instaurare una relazione di fiducia con un professionista qualificato in grado di infondere la responsabilità del cambiamento, attento a ciò che desiderava fare e rispettoso dei suoi tempi, capace di co-costruire un piano realizzabile a piccoli passi.
Per il professionista, invece, è stato indubbiamente rilevante il significativo calo ponderale raggiunto e il mantenimento dei comportamenti positivi attivati durante il percorso.
Oggettivamente, c’è stato un miglioramento dei livelli di engagement tra la prima rilevazione (range 1) e quelle successive (range 2-3). All’ultimo incontro, a distanza di quattro mesi dal precedente, il livello era rimasto molto buono (range 3).
Conclusioni
Fornire alle persone con problemi di peso un supporto individualizzato per migliorare la loro capacità di impegnarsi nella gestione della loro salute è, quindi, fondamentale. Anche la letteratura pone l’accento sull’importanza di migliorare l’engagement degli assistiti per migliore i loro risultati di salute (6,10).
L’efficacia della chirurgia dipende anche dall’impegno e dalla motivazione delle persone nel perioperatorio (11).
Disclosures
Conflict of interest: The author declares no conflict of interest.
Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.
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