AboutOpen | 2020; 7(1): 49–51 ISSN 2465-2628 | DOI: 10.33393/abtpn.2020.2124 ORIGINAL RESEARCH ARTICLE |
CHE-S® come strumento predittivo della capacità di gestione attiva della disabilità da parte del Caregiver nei pazienti con esito di ictus ricoverati presso il reparto della struttura complessa di riabilitazione di ASUGI
CHE-S® as a tool to predict the Caregiver’s ability to actively manage disability of stroke patients admitted to the ward of the complex rehabilitation structure of ASUGI
Introduction: This article affirms that measuring the Caregiver’s emotional experience and engagement, especially as the condition of the person assisted changes, is useful for assessing the sustainability of the care plan.
Methods: With this pilot study, aimed at detecting the level of Caregiver engagement, by using the Caregiving Engagement Scale (CHE-S®), for people suffering from chronic and/or fragile pathologies, it was decided to verify the relationship between engagement levels and other variables such as: socio-demographic characteristics of the Caregiver; duration and frequency of caregiving; family data; socio-demographic characteristics of the assisted person; clinical characteristics of the assisted person.
Results and Conclusions: In the future, the results of this research will allow to define new working practices to support those who take on the responsibility and burden of caring for a sick, fragile, disabled family member.
Keywords: Assessment, Caregiver, Patient engagement, Rehabilitation, Stroke
Received: April 13, 2020
Accepted: April 23, 2020
Published online: August 31, 2020
© 2020 The Authors. This article is published by AboutScience and licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0). Any commercial use is not permitted and is subject to Publisher’s permissions. Full information is available at www.aboutscience.eu
Introduzione
È ormai noto come l’ictus cerebrale rappresenti, nei paesi industrializzati, dal punto di vista epidemiologico e per il suo impatto economico, una delle più importanti problematiche sanitarie e come costituisca la prima causa di invalidità permanente. È emerso come, nel 40% dei casi, permanga una disabilità grave che, oltre a durare per tutta la vita, richiede, come tale, la presenza di un Caregiver. Un Caregiver che deve iniziare a svolgere un ruolo attivo nei confronti della nuova problematica insorta, fin dalla fase subacuta dell’evento che precede il rientro a domicilio e che corrisponde, nella nostra realtà, alla fase di ricovero presso la SC di Riabilitazione.
Dati recenti rilevano un’incidenza stimata di ictus cerebrali, nella regione Friuli Venezia Giulia, pari a 1,5-2,8/1.000 abitanti. Altri ancora evidenziano una significativa incidenza di detta patologia nei soggetti anziani over 65, mentre il 75% degli ictus si verifica negli ultrasettantacinquenni. La città di Trieste ha un contesto demografico molto particolare, contraddistinto da un indice di vecchiaia tra i più alti d’Europa. I dati ISTAT, al 1° gennaio 2018, evidenziano come la popolazione triestina in una fascia d’età compresa tra i 65 e i 79 anni sia di circa 38.670 persone. Inoltre, dato non trascurabile è la percentuale di persone con contesti familiari potenzialmente fragili (vedovi/e, single, divorziati/e): su una popolazione totale di 204.338 abitanti, nella fascia d’età 65-69 tocca il 2%, per attestarsi, poi, su percentuali che vanno dal 2,1 al 2,5% nelle fasce successive (70-74 anni e 75-79).
Le caratteristiche socio-demografiche descritte, hanno costituito un contesto elettivo, negli anni, per l’elaborazione di percorsi di presa in carico coordinata tra le strutture riabilitative ospedaliere e quelle territoriali, che, però, a un’analisi più attenta, sono risultati “carenti” rispetto all’utilizzo di uno strumento “standardizzato” di misurazione dell’engagement del Caregiver già in una fase subacuta di malattia corrispondente al periodo di ricovero di circa due mesi presso il reparto della SC di Riabilitazione. Tale contesto si contraddistingue come il setting che precede il rientro a domicilio. Per tale motivo, durante il ricovero, l’equipe si occupa, oltre che del “recupero di funzione” (cognitiva e motoria), anche del reinserimento nel domicilio, attività che svolge in modalità congiunta con i colleghi delle U.O. territoriali e che include la possibilità, per i pazienti con disabilità neurologica complessa, di rientrare a domicilio durante i weekend prima della dimissione. Durante la degenza e prima dei “rientri del fine settimana”, vengono, inoltre, organizzate delle UVD (riunioni di valutazione multidisciplinare), nelle quali l’equipe riabilitativa (territoriale e ospedaliera) condivide con i pazienti e i familiari/Caregiver la nuova situazione di disabilità. Si è ritenuto, quindi, opportuno utilizzare uno strumento standardizzato come la CHE-S® (Caregiver Health Engagement Scale) per definire il livello di engagement del Caregiver già in una fase “iniziale” di presa di coscienza della nuova situazione di disabilità. A tal proposito, si sottolinea che l’equipe riabilitativa si completa con la figura dello psicologo clinico che, se necessario, si rende disponibile a incontrare i Caregiver (oltre che il paziente) fornendo strategie da utilizzare nella presa di coscienza e nell’iniziale elaborazione di strategie d’azione efficaci nei confronti della nuova situazione di disabilità con cui devono confrontarsi.
Studio pilota per rilevare i livelli di engagement dei Caregiver (informali)
Il Chronic Care Model (1), per la gestione delle persone con patologia cronica, valorizza il ruolo cruciale del Caregiver per migliorare l’efficacia degli interventi e la sostenibilità economica dei sistemi di cura. I Caregiver (informali) sono una moltitudine silenziosa di figli, mogli, mariti, genitori o, semplicemente, amici, che, in modo volontario e con diversi gradi di impegno, si prendono cura di anziani e disabili gravi o gravissimi non autosufficienti e li assistono (2).
Il Caregiver è il tramite naturale con gli operatori sanitari per avviare e sviluppare strategie comuni per gestire il processo della malattia e della cronicità (3).
Si stima che il Caregiver familiare svolga mediamente 7 ore al giorno di assistenza diretta e 11 di sorveglianza, per una media di 8-10 anni nel caso di persone anziane dipendenti e per tutta la vita nel caso di disabilità congenita (3). L’impegno assistenziale impatta fortemente sul fronte lavorativo e psicologico e in termini di salute; in generale, i Caregiver segnalano una significativa riduzione della propria qualità di vita, che dichiarano essere peggiorata (55,7%) o molto peggiorata (22,4%). In particolare, i problemi di salute sono legati a stanchezza, insonnia, depressione, aumento o perdita di peso e ricorso all’utilizzo di farmaci e al supporto psicologico; questi appaiono tendenzialmente più presenti tra le donne e, in particolare, tra quelle di età più elevata (4). Tali condizioni di stress fisico e psicologico limitano la possibilità di promuovere l’engagement del Caregiver e, se non adeguatamente trattate, si ripercuotono negativamente anche sulla persona assistita (5).
La misurazione del vissuto emotivo del Caregiver, soprattutto al mutare delle condizioni della persona assistita, sarebbe utile per valutare la sostenibilità del piano assistenziale.
Con questo studio pilota, volto a rilevare il livello di engagement dei Caregiver, mediante la Caregiving Engagement Model Scale (CHE-S®) (6), di persone affette da patologie croniche e/o fragili, si è verificata la relazione tra livelli di engagement e altre variabili quali: caratteristiche socio-demografiche del Caregiver (sesso, età, occupazione), durata e frequenza della presa in carico (da quanto tempo è un Caregiver, per quante ore a settimana, giorni lavorativi persi nell’ultimo mese…), dati familiari (tipologia di relazione con l’assistito, composizione del nucleo familiare, presenza di aiuti familiari…), caratteristiche socio-demografiche della persona assistita (sesso, età), caratteristiche cliniche della persona assistita (patologia, ricadute, ricoveri…), livello di engagement (se rilevabile) della persona assistita e tipologia di presa in carico da parte dei servizi sanitari di ASUGI.
In futuro, i risultati di questa ricerca ci consentiranno di ipotizzare nuove prassi di lavoro per supportare coloro i quali si assumono la responsabilità e l’onere di assistere un familiare malato, fragile e disabile.
Conclusioni
In una visione di “Patient-Centered Care” (7), l’engagement delle persone nelle scelte terapeutiche e nella gestione dei trattamenti appare oggi sempre più cruciale ed è riconosciuto come un elemento irrinunciabile per garantire l’efficacia del processo di cura e la sua sostenibilità (8-10).
Secondo Bardes (11), la “Patient-Centered Care” è, prima di tutto, una metafora che sostituisce un’altra metafora. Alla visione tolemaica in cui tutto ruota intorno agli operatori sanitari, si contrappone una galassia copernicana in cui tutto ruota intorno al paziente (12). Il difetto nella metafora è che non esistono centri, ma che pazienti e operatori sanitari coesistono, strettamente interconnessi, in una relazione terapeutica, sociale ed economica. Una relazione alla pari in cui ciascuno porta diverse conoscenze, esigenze e preoccupazioni. La metafora che definisce meglio questa relazione è quella di stelle binarie orbitanti in un comune centro di gravità. Condividendo il pensiero di Bardes, sosteniamo la necessità di utilizzare esclusivamente il termine engagement, abbandonando definitivamente la specifica di “Patient” (13) (motivo per cui il termine è sempre stato indicato tra virgolette in questo contributo), per sottolineare la natura relazionale e sistemica che mette in gioco (su un piano fattuale e simbolico, per la natura stessa del concetto) diversi attori e diversi contesti di vita, di assistenza e di cura (12).
È difficile pensare che operatori “disengaged” possano promuovere il coinvolgimento attivo dei malati e dei loro Caregiver; per questo motivo, i percorsi di cambiamento devono sempre considerare più focus, senza dimenticare di sostenere e valorizzare il ruolo dei Caregiver formali.
Disclosures
Conflict of interest: The authors declare no conflict of interest.
Financial support: This research received no specific grant from any funding agency in the public, commercial, or not-for-profit sectors.
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